Valle d'Aosta: un viaggio all'interno del mondo degli invisibili

 

Leggi, norme, strutture e storie nel mondo della disabilità mentale

Ufficio-servizisocialix350AOSTA. La sofferenza ha molte facce, ma il male che fa più paura è quello che non vediamo, quello che subdolamente entra nelle nostre vite e le cambia inesorabilmente. Citando un libro di Giuseppe Berto del 1964, parliamo del cosiddetto "Male Oscuro".

Con questo articolo iniziamo una inchiesta che fornirà a voi, lettori di Aostaoggi.it, le informazioni su di un mondo che difficilmente trova spazio nella stampa cartacea e online, se non quando sconfina drammaticamente nella cronaca nera: quello delle disabilità mentali.

Vi presenteremo alcune cifre che danno uno spaccato sul numero di persone che in Valle d'Aosta convivono con la disabilità mentale, persone che devono essere tutelate senza essere mortificate nella loro dignità. Si tratta, per le ridotte dimensioni della nostre regione, di un numero piuttosto alto.
Per loro l'intervento giudiziario è solo un primo passo all'interno di una galassia di strutture e persone che tendono, per loro natura, ad istituzionalizzare il soggetto da "proteggere", a volte senza prestare attenzione alle sfumature che caratterizza la singola situazione.

In questa galassia ci sono persone meravigliose che con dedizione si occupano di questi uomini, queste donne e anche di minori. Però esistono anche situazioni in cui il soggetto rimane incastrato nelle maglie del meccanismo. La persona smette di essere persona: diventa un codice fiscale senza volto, una pratica con un codice identificativo, una voce di spesa da autorizzare o meno e il suo futuro, e quello dei suoi cari, diventa ancora più gravoso.

Questa galassia è molto ampia. Per quanto riguarda le strutture, si parte dal reparto di psichiatria per arrivare ai vari centri diurni di assistenza e poi passare a centri di riabilitazione mentale. Al di sopra di tutto questo esistono dei soggetti giuridici che hanno un potere quasi assoluto sulle sorti e i destini di coloro che sono seguiti dalle istituzioni e, indirettamente, sul futuro dei loro cari. Parliamo di assistenti, sociali, tutori, curatori e amministratori di sostegno: figure basilari che hanno facoltà di decidere quando, dove e come intervenire.
Attraverso gli articoli che pubblicheremo da oggi scopriremo come funziona questo meccanismo poco conosciuto, quante persone coinvolge nella nostra regione, quale è il rapporto dei centri autorizzati al trattamento delle persone e la pubblica amministrazione. Inoltre affronteremo il delicato aspetto economico per capire come le famiglie riescono a sostenere i costi di questi centri (in media un costo giornaliero che supera i 100 euro) e quali agevolazioni o sostegni la pubblica amministrazione offre.

Con il primo articolo di questa inchiesta, che trovate qui di seguito, ci concentriamo sulla normativa che regola interdizioni, amministrazioni di sostegno e inabilitazioni per inquadrare l'aspetto giuridico dietro a tutti i procedimenti.

Coloro che hanno vissuto o stanno vivendo esperienze di questo tipo e vogliono raccontarlo, anche in forma anonima, possono contattarci scrivendo alla nostra redazione (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).

Marco Camilli

 

INTERDIZIONE, INABILITAZIONE, AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO:
LA NORMATIVA


Interdizione
Interdire significa che l'incapace maggiorenne (ed anche nell'ultimo anno della sua minore età), su dichiarazione del Tribunale, ritorna allo stato giuridico del minorenne. Il Tribunale accerta la sua incapacità e nomina un rappresentante legale ossia un tutore.
Per tale motivo in alcuni Paesi della Comunità Europea la procedura viene definita come "prolungamento dell'esercizio della potestà genitoriale", perché di fatto il tutore diviene il rappresentante legale dell'interdetto esattamente come se quest'ultimo fosse minorenne. Il vantaggio immediato è che il tutore rappresenta legalmente l'interdetto per cui se l'interdetto deve vendere un bene immobile il tutore, previa autorizzazione del Giudice, potrà manifestare validamente il consenso davanti al notaio in nome e per conto dell'interdetto ed ugualmente potrà validamente manifestare il consenso per un intervento medico, la prova della sua incapacità sarà semplicissima essendoci una sentenza di interdizione.

Per giungere all’interdizione non basta un’incapacità di provvedere ai propri interessi determinata da difetto di cultura o di esperienza, ma è necessaria una vera e propria alterazione delle facoltà mentali. Inoltre, l’interdizione non è più obbligatoria, ma deve essere disposta solo quando ciò si riveli necessario ai fini dell’adeguata protezione dell’incapace. Qualora il giudice, nel corso del giudizio di interdizione, ritenga opportuno applicare il diverso istituto dell’amministrazione di sostegno, dispone a tal fine la trasmissione degli atti al giudice tutelare.
L’interdizione può essere richiesta, con ricorso al Tribunale, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore e dal pubblico ministero. Se l’interdicendo è sottoposto a potestà genitoriale o a curatela di un genitore, soltanto il genitore o il pubblico ministero possono promuovere l’interdizione.
Dalla sentenza di interdizione, provvisoriamente esecutiva (i suoi effetti si producono con la semplice pubblicazione e senza attendere il passaggio in giudicato), deriva l’incapacità totale di agire dell’interdetto in materia di negozi patrimoniali e familiari, ma nella stessa sentenza il giudice può stabilire che l’interdetto può compiere taluni atti di ordinaria amministrazione senza l’intervento ovvero con l’assistenza del tutore.
Tutti gli atti compiuti dall’interdetto posteriormente alla sentenza di interdizione sono annullabili su istanza del tutore, dell’interdetto stesso, dei suoi eredi o aventi causa.
La modificazione o la cessazione dell’interdizione si ha con la revoca dell’interdizione, pronunciata con sentenza dal tribunale; la trasformazione dell’interdizione in inabilitazione, che si verifica quando il giudice, pur revocando l’interdizione, pronunzi l’inabilitazione ritenendo l’interdetto non più gravemente infermo.

Inabilitazione
Il legislatore prevede che chi è parzialmente incapace possa essere inabilitato. L'inabilitato, previa dichiarazione del Tribunale della sua parziale incapacità, diversamente dall'interdetto, può compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione da solo, mentre deve essere affiancato dal curatore per gli atti di straordinaria amministrazione e necessita sempre per questi ultimi, della autorizzazione del giudice tutelare. Il curatore non è rappresentante legale ma deve firmare gli atti di straordinaria amministrazione insieme all'inabilitato valutando l'opportunità degli stessi preventivamente con il giudice. L'atto senza la firma del curatore è annullabile.
Tribunale1x350Valgono anche per l'inabilitato le stesse considerazioni fatte per l'interdetto, ossia il curatore non si occupa solo dell'aspetto patrimoniale. Egli deve certamente amministrare il patrimonio insieme all'inabilitato in modo oculato, ma lo accompagnerà nelle scelte più importanti della sua vita e firmerà insieme a lui tutti gli atti di straordinaria amministrazione, il che costituisce una enorme protezione per l'incapace. Anche in questo caso, soprattutto quando curatore è un terzo, il controllo del Tribunale sul suo operato e sulla sua condotta è una garanzia.
In quali casi si può avere un provvedimento di inabilitazione?
L’inabilitazione è una situazione giuridica conseguente a particolari condizioni psico-fisiche del soggetto che lo pongono in condizione di parziale incapacità.
Si può avere inabilitazione nei casi di:
– infermità abituale di mente non grave da cui sia affetto il soggetto maggiore di età, cioè infermità non così grave da giustificare l'interdizione;
– prodigalità (ossia l’abitudine di spendere in modo disordinato e smisurato in relazione alle proprie condizioni economiche) o abuso di bevande alcoliche o stupefacenti, quando tali pratiche espongano il soggetto o la sua famiglia a grave pregiudizio economico;

– imperfezioni o menomazioni fisiche, come la sordità o la cecità dalla nascita o dalla prima infanzia, che non siano state accompagnate da un’educazione correttiva tale da assicurare al soggetto una sufficiente autonomia psico-fisica.
Diversamente dall’interdetto, quali atti può compiere personalmente l’inabilitato?
A differenza dell’interdetto, l’inabilitato conserva un certo margine di capacità di agire (cd. capacità legale limitata); in particolare l’inabilitato:
– può compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione;
– può compiere gli atti di natura personale (matrimonio, riconoscimento di figlio naturale);
– può compiere gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione con l’ autorizzazione del giudice tutelare e il consenso del curatore;
– può compiere gli atti di disposizione con l’autorizzazione del tribunale e l’assistenza del curatore, se curatore non è il genitore;
– può essere autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale, purché si tratti di continuazione di attività già intrapresa.
Gli atti compiuti, dopo la sentenza di inabilitazione, senza l’osservanza delle prescritte formalità sono annullabili su istanza dell’inabilitato o dei suoi eredi o aventi causa.


Che differenza c'è fra tutela e curatela?
Tutela e curatela sono entrambi istituti di protezione degli incapaci, ma mentre la prima è una forma di rappresentanza legale, la seconda configura il diverso fenomeno dell'assistenza. Più precisamente, le differenze tra tutela e curatela possono così riassumersi:
– il curatore non ha funzioni di rappresentanza ma di assistenza, poiché non sostituisce ma integra la volontà dell’emancipato o dell’inabilitato;
– l’attività del curatore non viene in rilievo per tutti gli atti, ma solo per alcuni di essi;
– il curatore cura solo interessi di natura patrimoniale e provvede pertanto solo alla cura dei beni.


Amministrazione di sostegno

A questi due istituti, interdizione e inabilitazione, con la Legge 6/2004 si è aggiunto quello dell'amministratore di sostegno. I potenziali interessati all'amministratore di sostegno sono definiti dall'articolo 404 del Codice Civile: sono le persone che, per effetto di una infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovano nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi.
Il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno può essere proposto dal diretto interessato (anche se minore, interdetto, inabilitato), dal coniuge o da una persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado o dagli affini entro il secondo grado, dal tutore, curatore o dal pubblico ministero.
La proposta può essere avanzata anche dai responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona.
Se il ricorso concerne una persona già interdetta o inabilitata, deve essere presentato al giudice competente congiuntamente ad un'istanza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione.
La normativa sottolinea che la scelta dell'amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi del diretto interessato.
Nell'individuare l'amministratore, il giudice tutelare preferisce, quando possibile, il coniuge (non separato legalmente), la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado.
L'amministratore di sostegno può essere designato anche dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, con un atto pubblico o scrittura privata autenticata. Nel caso la persona indicata sia deceduta o assente, o in presenza di gravi motivi, il giudice può designare un amministratore di sostegno diverso.
Il giudice tutelare, quando ne ravvisa l'opportunità, e nel caso di designazione dell'interessato quando ricorrano gravi motivi, può chiamare all'incarico di amministratore di sostegno anche altra persona idonea, o soggetti quali fondazioni o associazioni nella persona del legale rappresentante o altra persona che questi ha facoltà di delegare.
Per espressa previsione del Codice Civile non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario.
In linea generale il procedimento per l'amministratore di sostegno è molto meno costoso e lungo degli analoghi iter di interdizione e inabilitazione.
Per questo ricorso non è prevista l'obbligatorietà dell'assistenza di un legale, anche se alcuni giudici sollevano obiezioni su tale aspetto. Lo spirito della norma è tuttavia molto chiaro: assicurare forme di tutela in modo più snello e quindi anche meno costoso.
Si tratta, inoltre, di un procedimento esente dalle spese di registrazione degli atti e dal pagamento del cosiddetto contributo unificato. La marca da bollo è l'unica tassa da versare al momento della presentazione dell'istanza.
Più complessa e confusa la questione delle imposte sulle copie degli atti, dei verbali e del decreto di nomina. Considerando il procedimento esente da spese di registrazione, alcuni tribunali non applicano imposte nemmeno sulle copie.


Quali sono i caratteri dell’amministrazione di sostegno?
L’amministrazione di sostegno offre a chi si trovi in condizioni di menomazione fisica o psichica (intesa in senso ampio, cioè comprensiva di patologie quali l’autismo, la demenza senile, etc.) o nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire. Tale specifica funzione differenzia l’amministrazione di sostegno dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione. Il soggetto nei cui confronti è disposta l’amministrazione di sostegno, conserva la capacità di agire in relazione a tutti quegli atti che non richiedano la necessaria rappresentanza o assistenza dell’amministratore di sostegno. Rispetto ai predetti istituti, l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze del soggetto carente di autonomia, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa.


Tutela, interdizione e inabilitazione sono regolamentate dal Codice Civile (art. 343, dall'art. 404. art. 414 e successivi) e dalla Legge 09/01/2004, n.6
Le norme contenute negli articoli 1 e successivi della L. 6/2004 e 404 cod. civ. indicano, con apparente chiarezza, i presupposti d'operatività e le finalità del nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno. Affermano infatti testualmente, quanto ai presupposti, che "la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio" (art. 404 cod. civ.) e, quanto alle finalità, che, in ogni caso, l'istituto si prefigge di prestare sostegno ad una persona amministrata, in modo da assicurarle, ex art. 1 della L. 6/2004, "la minore limitazione possibile della capacità d'agire" della persona amministrata.

L'interdizione è disciplinata dall'art. 414 e seguenti del codice civile che dice: «Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione». Il provvedimento stesso è subordinato alla verifica di un'infermità di mente abituale che comporti un'incapacità di provvedere ai propri interessi. Abituale deve ritenersi pure lo stato di incapacità mentale inframmezzato da momenti di piena capacità di agire: i cosiddetti "lucidi intervalli". A seguito dell'interdizione l'incapace non può compiere alcun atto giuridico, né di ordinaria, né di straordinaria amministrazione. La sua posizione è equiparata a quella del minore e, al pari di quest'ultimo, è nominato, dal Giudice tutelare, un soggetto che provveda a rappresentare, e quindi sostituire, l'interdetto nella cura dei suoi interessi: il tutore (art. 424, co.1).
L'interdizione ha effetto immediato dal giorno di pubblicazione della sentenza (art. 421) e può essere revocata soltanto su istanza di legittimi richiedenti (art. 429) ma non dell'interdetto stesso.
La sentenza di revoca produce effetto solo dopo il passaggio in giudicato e in seguito a essa si riacquisisce interamente la ; salvo il caso in cui si accerti un'infermità meno grave, in questo caso l'interdizione diventa inabilitazione.
Ne consegue che tutti gli atti compiuti dopo la sentenza sono annullabili (art. 427), mentre quelli antecedenti la sentenza sono annullabili secondo le condizioni stabilite per gli atti dell'incapace naturale (art. 428).
Con la legge n. 6 del 9 gennaio 2004 è stato novellato il titolo XII del libro I del c.c. introducendo al capo I l'istituto dell'amministrazione di sostegno.
L'interdizione legale è disposta nei confronti di coloro che siano stati condannati all'ergastolo o alla pena della reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni per reato non colposo.
A seguito del provvedimento che dispone l'interdizione legale, il destinatario perde la capacità di agire; il provvedimento ha natura meramente dichiarativa al ricorrere dei presupposti di legge, non essendo prevista l'instaurazione di uno specifico procedimento.
A differenza dell'interdizione giudiziale, lo stato di incapacità che consegue alla pronuncia del provvedimento non è disposto a protezione dell'interdetto, come nel caso dell'infermo di mente, ma punitivo, per una più intensa punizione del condannato (art.32 comma IV c.p.).
Va precisato che l'interdizione legale limita l'incapacità del soggetto ai soli atti che riguardano "la disponibilità e l'amministrazione dei beni" (art. 32 comma IV c.p.) e poiché in questo caso nel soggetto non difetta la capacità di intendere e di volere, esso può contrarre matrimonio, fare validamente testamento, riconoscere un figlio (pur se con la "sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori, salvo che il giudice disponga altrimenti"). Gli atti compiuti dall'interdetto legale sono annullabili e l'azione di annullamento può essere esercitata da chiunque ne abbia interesse (si tratta di un caso di legittimazione assoluta, in deroga al principio generale di legittimazione relativa per l'azione di annullamento).

 

Normativa precedente alla Legge 6/2004
Regolamento della camera del 1 luglio 1900 modificato negli anni successivi e approvato nel 1912 della nuova legge elettorale che introduceva il suffragio universale maschile, con la successiva modifica del 1919,
Gli istituti di protezione indicati rispecchiano il clima culturale nel quale è stato elaborato il codice civile del 1942, un clima particolarmente attento al contenuto patrimoniale della tutela giuridica. Tale contesto ha indotto il legislatore a considerare i malati di mente come, del resto, i disabili, alla stregua di entità inutili al sistema produttivo ed alla grandezza della Nazione,
La filosofia che ha ispirato la Costituzione entrata in vigore nel 1948 ha ribaltato la originaria impostazione codicistica e legislativa in tema di tutela dei malati mentali. Alla luce del valore personalistico deducibile dall’art.2 Cost. è emersa la necessità di abrogare gli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione,
Il 18 marzo 1968 è stata approvata la legge n. 431 che ha rappresentato il primo concreto tentativo di restituire dignità e dimensione umana all’individuo malato di mente,  nell’art.11 della legge in esame, che ha abrogato la norma in base alla quale era imposto l’obbligo di registrazione del malato mentale nel casellario giudiziario. La legge ha fornito per la prima volta la definizione della malattia mentale, stabilendo che il malato non poteva essere considerato socialmente pericoloso alla stregua di un criminale ma era un soggetto affetto da una patologia che andava curata e prevenuta.

Con la legge n.118 del 30 marzo 1971 riguardante gli invalidi civilisti sancivano, per la prima volta, principi ed enunciazioni di carattere generale diretti a promuovere il reinserimento e l’integrazione dei soggetti svantaggiati,
Un’ulteriore passo verso l’integrazione dei disabili nella società civile è stato compiuto nel 1978 con la promulgazione della legge n.180 nota come legge Basaglia che ha introdotto la riforma psichiatrica ed il superamento del sistema manicomiale,
Sempre nel 1978 è stato istituito il Servizio Sanitario Nazionale con la legge n. 833 che prevede e disciplina la erogazione delle prestazioni di riabilitazione definite come prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualunque causa,
Con la legge n.180 approvata il 13 maggio del 1978 e, successivamente, integrata dalla legge n.833 del 1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, si è verificata la riforma psichiatrica
Subentra poi la legge quadro n.104 del 1992 a causa dell'esigenza di razionalizzare la produzione normativa in materia di tutela delle persone disabili per  definire meglio l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. La legge in esame rappresentava una vera e propria carta dei diritti dell’handicappato, uno strumento istituzionale destinato a facilitare la realizzazione delle condizioni di uguaglianza per il pieno rispetto della dignità umana, dei diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata fisica o mentale.
Con la legge n.6 del 2004 il legislatore ha scelto di aggiornare il codice civile; pertanto, il titolo XII, del libro I è stato ridenominato e ridisegnato. Nel corpo del codice civile, infatti, è stata inserita la nuova misura dell’amministrazione di sostegno e sono state cambiate alcune disposizioni normative relative agli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione. La legge, inoltre, ha apportato alcune importanti innovazioni nel codice di procedura civile

Le Dichiarazioni ONU del 1971 e del 1975 contenevano l’espresso richiamo alla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Si affermava, inoltre, la titolarità da parte dei disabili di un certo numero di diritti da esercitare soprattutto in ambito sociale, in ambito familiare, nel processo e in altri settori specificamente indicati. Solo la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000 ha riconosciuto espressamente ai disabili il diritto di non discriminazione, affermando l’esigenza dell’adozione di misure positive per l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità.
La Convenzione per la tutela dei disabili fu accolta solo nel 2000, quando il Messico riuscì a far approvare dall’Assemblea Generale la Risoluzione 56/168. Con tale Risoluzione furono fornite indicazioni per sperimentare, attraverso la costituzione di un Comitato ad hoc, la possibilità di discutere e approvare, appunto, una Convenzione per i diritti delle persone con disabilità. La nuova Convenzione è stata approvata in via definitiva il 13 dicembre 2006 a New York ed è stata aperta alla ratifica degli Stati membri dell’ONU a partire dal 30 marzo 2007. Essa è stata firmata da 126 Paesi e ratificata da 49, ed è entrata in vigore il 3 maggio 2008. Anche l’Italia ha recentemente ratificato la Convenzione attraverso l’approvazione della legge n.18 avvenuta nel febbraio 2009.

Laura Uglietti

 

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