Ebola, il racconto del missionario Padre Giancarlo Todesco

Ebola, il racconto del missionario Padre Giancarlo Todesco

Video intervista al religioso partito dall'Immacolata di Aosta 45 anni fa e che adesso lavora in Guinea-Bissau

 

AOSTA. «Ci sono senz'altro delle precauzioni da prendere, è chiaro, ma un missionario non può abbandonare i suoi fratelli, soprattutto quando sono in stato di necessità». Padre Giancarlo Todesco è uno dei tanti missionari che lavorano in Africa e che hanno scelto di restare ad aiutare le popolazioni più povere pur con il pericolo ebola.

Da sette anni vive in Guinea-Bissau, in una zona che confina con le aree più colpite dal virus, e può contare su un'esperienza di missionario decennale: partì infatti dalla parrocchia dell'Immacolata di Aosta 45 anni fa per l'Asia e poi arrivò in Africa. In questi giorni è rientrato in Valle d'Aosta ma ripartirà a breve.

Padre Todesco descrive il suo impegno come l'aver «accolto con gioia l'invito del Signore a dare tutto per lui e per i suoi fratelli, al di là di tutte le difficoltà». La sua missione, dice, supera le paure: «conosco dei confratelli che vivono in Sierra Leone. Non vogliono tornare in patria perché vogliono essere vicini alle famiglie sorprese da questa calamità».

In lui e negli altri missionari c'è la consapevolezza del rischio di contagio e della gravità della situazione probabilmente anche più di quanta ce ne sia in Occidente nonostante il "bombardamento" mediatico. «Si parla di 5000 o 6000 morti, ma sono molti di più - afferma -. Quelli che muoiono nei villaggi sono proprio tanti». In molte aree mancano le strutture necessarie per fronteggiare questa calamità e se i malati non possono essere assistiti adeguatamente in ospedale «vengono riportati nei loro villaggi e muoiono così».

Fondamentale è la prevenzione. «Ci sono delle precauzioni da prendere e si può vivere prendendo queste precauzioni», conferma Todesco che ha partecipato a progetti e iniziative per sensibilizzare la popolazione su cosa fare per evitare di venire a contatto con i contagiati.

Nelle zone colpite dall'ebola «c'è stata tanta negligenza», aggiunge il religioso, e per questo si continua a morire. Qualcosa si è mosso solo quando i casi di contagio sono arrivati in America e in Europa: solo a quel punto «si sono aperte tutte le attenzioni», altrimenti «l'Africa sarebbe stata lasciata a sé stessa».

Secondo il missionario dell'Immacolata l'Africa ha «tutte le potenzialità per rinascere», ma in questo «deve essere aiutata».

 

Marco Camilli

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