Le strane storie delle pubblicità pagate dalla Regione Autonoma Valle d'Aosta

 

Soldi per promozione di mostre ed eventi concessi con regole poco chiare

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AOSTA. La pubblicità è l'anima del commercio. Un'affermazione che attraverso i decenni non ha mai perso di valore. Gli strumenti per promuovere un prodotto, un evento, un'idea si sono evoluti nel tempo, ma lo scopo di ogni campagna rimane sempre lo stesso: raggiungere il più grande pubblico possibile con una spesa adeguata.

Nell'era moderna i mezzi di comunicazione si sono evoluti. Non esiste più soltanto la carta stampata, la televisione e la radio ma tutta una serie di nuovi media on line. Anche questi ultimi non possono sfuggire alla legge dei numeri: la capacità di vendere spazi pubblicitari e la possibilità di imporre un certo prezzo sono direttamente proporzionati al pubblico raggiunto. Più numerosi sono i lettori, gli ascoltatori o i telespettatori e più il prezzo aumenta.

Tutto giusto, ma non per alcuni uffici della nostra Regione autonoma che negli anni hanno stanziato somme importanti per la promozione. Anche ultimamente sono state approvate due delibere che fanno pensare: una dell'assessorato alla Cultura e l'altra dell'assessorato alle Attività produttive che impegnano migliaia di euro per pubblicizzare mostre e fiere. Questi due atti (e altri approvati in passato) hanno due punti in comune: il primo è che non prendono in considerazione i media locali on line ed il secondo punto, più preoccupante, è che stanziano somme importanti per fare promozione su media che non hanno dato alcun riscontro certificato, valido, della propria visibilità.

Non cito le delibere in questione anche perché il problema non sono gli atti in sé bensì il metodo che la Regione segue per programmare certi tipi di investimento. Quando un privato vuole affidare una campagna pubblicitaria avvia una piccola ricerca per avere certezza che l'investimento economico richiesto abbia un senso. Nel pubblico accade lo stesso? Abbiamo fatto qualche domanda sul perché delle scelte delle delibere in questione e le risposte sono state: «mi hanno detto che ne stampano più di 30.000 copie, anche se io non l'ho mai visto» oppure «fanno pubblicità per un altro ente non valdostano, quindi vuol dire che funziona». Risposte che farebbero tenerezza se parlassimo di soldi di un'impresa privata. Invece qui il denaro è pubblico, quindi di tutti i valdostani.

Non è facile per gli assessori, nuovi o vecchi, comprendere cosa accade nelle sacre stanze dei funzionari. Sono questi ultimi che si occupano di preparare le delibere e l'assessore le firma fidandosi e mettendoci la faccia (eventualmente rispondendone in prima persona se qualcosa non è corretto).

Inoltre in questa Valle ormai vige la strategia del "Divide et Impera" e i vari media locali sono per la maggior parte silenti per non perdere quello che "mamma Regione" nella sua "generosità" elargisce ad una affannata editoria locale. Il problema è che in questo modo le risorse, che già sono poche, invece di premiare le realtà che funzionano finiscono per sovvenzionare un'infinità di soggetti che esistono solo, o quasi, per incassare i soldi degli enti pubblici. Con zero benefici per la comunità.

Un argomento che ha trovato d'accordo l'assessore Certan e l'assessore Roscio è il voler cambiare la metodologia di pagamento almeno per quanto riguarda la pubblicità sull'on line attivando un meccanismo serio di pay per view o pay per click che andrebbe ad ottimizzare le campagne pubblicitarie pagando la reale visibilità del mezzo scelto e non le asserzioni degli editori.

Delle delibere di cui vi ho parlato sopra sto ancora aspettando risposte più precise dagli uffici competenti al di là del «me l'hanno detto». Spero di essere smentito e non da affermazioni anche risentite di certi funzionari, ma da certificazioni serie che garantiscano che gli strumenti per i quali sono state stanziate cifre importanti possono veramente dare grande visibilità all'evento in questione e siano dunque funzionali all'obbiettivo che si vuole raggiungere.

Non è più accettabile che solo perchè lo dice «qualcuno», allora si può e si deve fare.

Marco Camilli

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