I sospetti della Corte dei Conti sul Casinò: retribuzioni generose e finanziamenti solo per consenso elettorale

 

Il procuratore Rizzi: "scelte impopolari ma necessarie surrogate con indulgenti foraggiamenti" - VIDEO

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AOSTA. Il Casinò sarebbe stato mantenuto in vita dalla politica valdostana con continui finanziamenti per mantenere il consenso elettorale, pur essendo chiaro più o meno a tutti che l'azienda già da tempo non è più in grado di sostenersi. E' questo, riassumendo, uno dei concetti che emergono dalle carte dell'inchiesta della procura regionale della Corte dei Conti valdostana che chiede ad assessori e consiglieri che hanno deliberato i vari finanziamenti di "restituire" quei 140 milioni di euro di denaro pubblico utilizzati tra 2012 e 2015.

Scrive il procuratore Rizzi: "Quella porzione di risorsa confluita nella spesa per il personale ha rappresentato la vera causa della conservazione di un plesso aziendale strutturalmente non in grado di autosostenersi". Gli ingenti capitali investiti sono andati oltretutti in un casinò "impegnato non nella nobile missione di assicurare bisogni primari e insopprimibili (circostanza che, forse, potrebbe giustificare il reiterato soccorso pubblico), bensì ludiche distrazioni (per di più, non a beneficio della popolazione valdostana)".

"Costituisce fatto notorio", scrive ancora Rizzi, che "il mantenimento dei livelli occupazionali e delle (spesso) generose retribuzioni accordate sono fattori fondamentali di intercettazione e consolidamento del consenso politico". Inoltre "ogni impopolare, ma necessaria, decisione, che sarebbe stata logicamente e doverosamente conseguente all'evidente irrecuperabilità di una fisiologica operatività imprenditoriale, è stata surrogata con indulgenti operazioni di foraggiamento finanziario".

Queste ipotesi di accusa devono naturalmente essere ancora provate, ma già incombono sull'ultimo piano di rilancio della casa da gioco che dispone lo stanziamento di ulteriori risorse (di cui 8 milioni già dati) e sulle trattative tra azienda e sindacati per evitare i licenziamenti.

 

Marco Camilli

 

 

 

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