Nasce a Fénis la prima farm community per autistici della Valle d'Aosta

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antonio corraine

FENIS. Nascerà a Fénis la prima Farm Community dedicata ad adulti autistici. Il progetto, promosso dalla Fondazione “La cascina del Castello Onlus”, vede come protagonista la cascina del castello di Fénis appunto, che diventerà una fattoria-comunità residenziale per accogliere adulti affetti da autismo.

Incontriamo Antonio Corraine, presidente della Fondazione e coordinatore del progetto. Antonio, la cosa che mi ha incuriosito vedendo le esperienze che hai avuto è stata la tua giovane età.
«Si, diciamo che ho iniziato abbastanza presto ad avvicinarmi al mondo dell'associazionismo. Per me è stato naturale direi in quanto sono cresciuto con un fratello autistico a basso funzionamento. Ad un certo punto, con l'aggravarsi delle sue condizioni, ho deciso di collaborare in casa mia e di essere più attivo su questa causa. Magari non è comune, ma è un qualcosa che ho sempre sentito nonostante i miei genitori non mi abbiano mai chiesto nulla e abbiano sempre lasciato sia me che mio fratello liberi di scegliere il proprio percorso. Ricordo lo stupore di qualche dirigente quando mio fratello volle iscriversi al linguistico. Questo per dire che i miei genitori ci hanno regalato una vita quanto più libera da condizionamenti possibile».

Rimane il fatto che ne hai fatto una scelta di vita.
«Si. E non so darti un perché. Non me lo sono mai chiesto e mi chiederei piuttosto perché non farlo. Lo fai per una persona che ami, ma niente di stucchevole. Sono stanco di sentire che la disabilità rende migliori o che è un'occasione di crescita: non è così. La disabilità a volte è un inferno sia per la famiglia che deve farci i conti sia per il disabile stesso. Ci sono tante persone che vivono condizioni complesse, difficili e disperate».

La sensibilizzazione passa per?
«Mah, ognuno sensibilizza a modo proprio. Io ad esempio, che sono imbruttito dalla vita, ti direi che non si può sensibilizzare parlando bene della disabilità. Non posso parlare bene dell'autismo. Il ritratto che posso farti io è di una sindrome che è un inferno, soprattutto per chi ne è affetto. Prendiamone atto e facciamocene carico. La sensibilizzazione passa da gesti concreti: la disabilità richiede di informarsi, di studiare, di applicarsi e dipende da come la si vuole vivere. Io, avendocela in casa, ti dico che bisogna conoscere la persona con disabilità e non la persona disabile. E' un concetto sottile».

Qual è la differenza?
«La persona disabile viene identificata nella sua disabilità, la persona con disabilità è una persona con tutto quello che comporta. Ha aspirazioni, desideri, frustrazioni e si trova a dover convivere con uno stato "altro", con una deviazione dall'ordinario. E quindi necessita di supporto».

Cosa vuoi dirci del progetto?
«Credo che non si insista mai abbastanza su quanto questo progetto abbia delle ricadute non solo sui ragazzi, ma anche su tutta la comunità valdostana perché, aldilà del creare delle sinergie e nuovi collegamenti con aziende agricole, attività commerciali e con centri sportivi, non si può più ignorare l'autismo. E' un tema che riguarda tutti e può riguardare tutti, per cui questo è l'aspetto più importante. C'è poi il secondo aspetto, di come un progetto del genere si inserisca nel tessuto sociale, economico e culturale valdostano. E' una iniziativa ambiziosa, ma bella e fattibile».

Da dove e quando hai cominciato?
«Dieci anni fa interessandomi alla prima Farm Community del tempo, Cascina Rossago, e poi in questi anni i nostri rapporti si sono intensificati. Si dice che quando copi da qualcuno sia plagio e se prendi spunto dalle idee di tanti sia ricerca. Ecco, io ho preso quello che potevo da altre strutture, soprattutto da Cascina Rossago e mettendoci anche dell'altro, e secondo me come ricetta è molto valida anche se nessuno l'ha ancora provata in Valle d'Aosta. Tutto quello che ho imparato in questi dieci anni, informandomi e formandomi, ho deciso di farlo confluire in questo progetto in cui credo».

Tempi previsti per la realizzazione?
«L'idea sarebbe riuscire a copiare Cascina Rossago anche in questo per cui quattro anni per portarlo a compimento. Quello che però serve adesso è l'avvio da parte delle istituzioni: tutto dipende dall'accordo di programma e da quando emaneranno la delibera. La palla adesso è alle istituzioni e quando me la ripasseranno sono convinto di fare goal in tempi brevi».

Ecco, quali sono i goal già segnati in questo progetto?
«Le persone, le associazioni, le fondazioni e tutte le persone che collaborano, compartecipano e finanziano la riuscita di questa splendida impresa. Voglio ringraziare tra gli altri il dott. Gambardella, revisore dei conti, il dott. Odisio, commercialista, e l'avvocato Calgaro. La squadra c'è ed è composta da membri della cooperazione, amici e professionisti; gente che mi aiuta in modo gratuito ed è bello proprio perché ho portato con me persone di cui mi fido che si sono potute riunire sotto questo progetto. Credo che sia stato lo scopo a muovere tutti: cercare di dare una vita a chi fin ora una vita non l'ha vissuta».

E le istituzioni?
«Devo dire che ho ricevuto un sostegno bipartisan e sono stato contattato da esponenti di estrema destra come da amici di partiti nazionali e partiti regionali che fin ora non avevano avuto niente a che fare con l'autismo e che stanno plaudendo al progetto e mi supportano. Ed è una cosa bellissima. Sono contento che il messaggio sia passato così bene da coinvolgere tutti voi che non avete niente a che fare con l'autismo. Grazie».

 

Adriana Guzzi