Processo Bccv, il giudice: forte subalternità di Linty e Cossard nei confronti di Perron

Depositate le motivazioni della condanna: fra i tre "forti legami politici-clientelari", i due presidenti "subivano passivamente le sfuriate" dell'ex assessore

perron-egoAOSTA. Sono state depositate le motivazioni della condanna di Ego Perron (foto a sinistra), Martino Cossard e Marco Linty (foto in basso) nel processo per induzione indebita a dare o promettere utilità sulla filiale della Bcc valdostana di Fénis.

Le pagine scritte dal gup ricostruiscono il contesto in cui sarebbero maturati i fatti contestati che vede Linty e Cossard (rispettivamente attuale ed ex presidente dell'istituto di credito) avere una «posizione di soggezione che porta gli stessi a subire passivamente le sfuriate, e talvolta anche gli insulti, dell'esuberante politico (l'ex assessore Perron, ndr), che li considera colpevoli di non avere adeguatamente sostenuto in Cda i propri interessi economici personali e ciò anche contro l'evidenza dell'impossibilità, per l'esistenza di vincolo urbanistico, del trasferimento della Banca nei locali di sua proprietà».

Il giudice cita anche una «plateale sgridata» di Perron contro gli altri due imputati durante la festa dei carabinieri il 5 giugno di tre anni fa. «Di fronte a tali assalti, anche ingiuriosi, Linty e Cossard - si legge ancora nelle motivazioni della sentenza - non hanno mai reagito per tutelare, come avrebbero dovuto, gli interessi della banca di cui erano portatori, oltre che l'indipendenza dell'Istituto dal potere politico ed il prestigio del ruolo dagli stessi rivestito nella banca, ma hanno cercato in tutti i modi, fino all'ultimo, di rabbonire e calmare il politico e di trovare soluzioni compromissorie a quest'ultimo gradite».

Linty-marcox300Nella sentenza è riportato anche come «Perron abbia appoggiato i due imputati (nelle elezioni nel Cda della banca, ndr) in primo luogo per fini personali, oltre che per interesse politico. Il rapporto con il duo Linty-Cossard è, come dimostrano le intercettazioni, per nulla formale ed istituzionale. I tre appaiono, infatti, avvinti da forti legami politici-clientelari e da una certa consuetudine di rapporti».

In sostanza, scrive il giudice, «le telefonate intercettate restituiscono la prova di una forte subalternità» dei due banchieri nei confronti di Perron e «il motivo di tale subalternità non può che rinvenirsi nel fatto che essi sono stati tributari del decisivo appoggio del Perron nella combattuta campagna elettorale, svolta proprio in concomitanza con la vicenda che ci occupa, per il rinnovo del Cda».

 

Marco Camilli

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