Lavoro, Cisl: coesione sociale cala anche nelle regioni del Nord

Lavoro, Cisl: coesione sociale cala anche nelle regioni del Nord

 

Valle d'Aosta tra regioni con pressione fiscale più bassa

ROMA. «Dai dati molto approfonditi del nostro Barometro regionale emerge con chiarezza che l'Italia sta uscendo molto lentamente dalla crisi economica ed è per questo che occorre una svolta nella politica macroeconomica a favore della crescita e la coesione sociale attraverso politiche fiscali redistributive per le aree sociali medie e basse ed investimenti pubblici, che possono fare da traino degli investimenti privati». E' quanto sottolinea la Segretaria Generale della Cisl, Annamaria Furlan commentando i dati del Barometro regionale della Cisl a cura dell'Ufficio Studi della Confederazione di Via Po.

«E' molto evidente che serva anche una politica industriale differenziata per aree territoriali, per stabilizzare la crescita nel lungo periodo, con un Patto sociale tra il Governo, le istituzioni locali e tutti i soggetti sociali», aggiunge la Furlan sulla ricerca.

Il nuovo Barometro Regionale della CISL, integrativo del Barometro Nazionale CISL, mostra i diversi andamenti a livello regionale del benessere delle famiglie. I grafici mostrano, che posto uguale a 100 il livello del benessere nel suo complesso in Italia nel primo trimestre 2007, tutte le regioni italiane presentavano al IV trimestre 2016 livelli di benessere complessivi sui tre indicatori considerati del Lavoro, dell'Istruzione e della Coesione sociale, ancora largamente inferiori a quelli segnati all'inizio della crisi. Negli ultimi due anni vi è stato un certo miglioramento, ma questo è stato molto differenziato nelle diverse aree.

Le regioni che hanno perso di più dall'inizio della crisi fino all'autunno 2014 sono quelle meridionali (nell'ordine Sicilia, Campania, Calabria, Sardegna), che già partivano da posizioni largamente inferiori alla media. Ma perdite tra 8 e dieci punti si evidenziano anche in altre regioni, come l'Umbria, l'Emilia Romagna, le Marche, la Lombardia, la Toscana e la Liguria. Tra le regioni più "stazionarie", che avevano risentito un po' meno della crisi, ma che negli ultimi due anni non paiono nemmeno aver avuto particolari accelerazioni sono l'Abruzzo, il Trentino Alto Adige, la Valle d'Aosta, la Puglia e, più defilata, il Friuli Venezia Giulia. Il Veneto, da parte sua, ha avuto negli ultimi due anni miglioramenti del benessere troppo modesti sia rispetto alla caduta precedente, che rispetto a quanto espresso in altre aree.

Più recentemente i miglioramenti in termini di stabilità del lavoro sono stati contenuti; le incertezze legate all'intensità della ripresa economica inducono le imprese a preferire un tipo di occupazione che non le vincoli nel lungo periodo. La crisi ha portato ad un pesante calo dell'indicatore della Coesione sociale. Questo ha interessato massicciamente le regioni del Sud, che già si trovavano in fondo alla classifica. E' il caso della Sicilia, della Campania, della Calabria, della Sardegna. Ma ha coinvolto anche regioni del Nord e del Centro, come la Liguria, la Lombardia, l'Umbria, la Toscana, l'Emilia, la Valle d'Aosta, il Veneto. Alcune di queste regioni, prevalentemente al Nord, hanno recuperato livelli un po' migliori nel biennio 2014 – 2016; altre si sono stabilizzate sui livelli minimi.

Un approfondimento viene presentato sulla pressione fiscale a livello decentrato. Per effetto delle diverse addizionali Irpef regionali e comunali questa non è uguale in tutto il territorio nazionale.  La pressione fiscale più elevata si registra in Campania, seguita da Lazio e Piemonte e tra le regioni a Statuto ordinario la pressione fiscale più bassa si ha in Veneto. La P.A. di Trento e la Valle d'Aosta sono quelle con la pressione fiscale più bassa.

 

Clara Rossi

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