"Trattati come mafiosi". Levata di scudi dopo i sequestri della Corte dei conti

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La reazione degli indagati dalla procura contabile sui finanziamenti al Casinò

consiglio-valleAOSTA. Una levata di scudi è partita dai movimenti e dai partiti coinvolti nei sequestri di proprietà e conti correnti (molti dei quali già svuotati) dei 21 consiglieri ed ex consiglieri regionali indagati per i 140 milioni di finanziamenti al Casinò di Saint-Vincent.

Il provvedimento deciso dalla Corte dei conti della Valle d'Aosta ha toccato diversi gruppi consiliari di maggioranza e di opposizione e in serata, dopo il caos che si è venuto a creare in Consiglio regionale, i diversi schieramenti hanno diffuso due comunicati stampa per dire la stessa cosa: abbiamo agito legittimamente per tutelare la cosa pubblica.

Il sequestro è «profondamente ingiusto e infondato», affermano Uv, Pd-Svda ed Epav. «Atti di questo genere pensavamo fossero riservati solo a delinquenti e mafiosi e comunque a seguito di condanne». I provvedimenti contestati dalla Procura della Corte dei Conti, si legge, riguardano «finanziamenti di lavori di messa a norma obbligatoria e di ristrutturazione documentati da apposite contabilità e fatture verificate dal collegio sindacale, dalla direzione lavori e collaudate e certificate dagli organi competenti. Tutti gli atti deliberativi sono stati peraltro supportati da pareri di legittimità, valutazioni tecniche e preceduti da piani di sviluppo proposti dagli amministratori del Casinò de la Vallée».

Per i tre gruppi di maggioranza la procura della Corte dei conti «mira a sanzionare anche la libertà e la competenza degli organi politici regionali» perché «non censura l'importo impegnato nei lavori di ristrutturazione, ma sottolinea che non avrebbe dovuto essere investito nel Casinò nemmeno un euro».

«La lettura negativa dell'azione - sostengono - non risponda alla realtà, poiché vi è beneficio per la comunità valdostana non soltanto per l'effetto economico indotto dall'impresa sull'occupazione e lo sviluppo ma anche sullo stesso riparto fiscale e sul gettito. Fiduciosi dello stato di diritto in cui viviamo, nella consapevolezza di non aver rubato un euro e di aver agito nell’interesse della Valle d’Aosta, faremo valere le giuste ragioni nelle sedi giudiziarie», concludono.

Ac-Sa-Pnv parlano di «assoluta inconsistenza delle accuse che ci vengono mosse: non solo non abbiamo destinato soldi pubblici a fini diversi da quelli propri, ma abbiamo intrapreso le uniche azioni che qualsiasi buon amministratore della cosa pubblica avrebbe dovuto porre in essere a tutela e a salvaguardia della società di titolarità della Regione. La nostra azione - affermano - non solo non ha creato danno alla Regione o ad altro Ente, ma ha consentito la conservazione di un rilevante cespite storico qual è il Casinò e l'Hôtel Billia.» «Non possiamo inoltre esimerci - continua il comunicato - dal sottolineare la coincidenza temporale della notificazione degli atti con importanti decisioni del Consiglio e rilevanti momenti della campagna elettorale».

«Confidiamo che all'udienza del prossimo giugno sia chiarito il perimetro del nostro agire e la bontà della nostra condotta», aggiungono.

E sulla situazione interviene anche Mouv'. Il movimento, «prendendo atto della delicata situazione in cui versa la Valle d'Aosta, ritiene che non sia l'Autonomia ad essere stata sconfitta dalle urne o dalle vicende giudiziarie, bensì una classe politica compromessa e che ha avvolto la comunità in una serie infinita di problemi irrisolti, di impoverimento finanziario e di degrado morale».

 

M.C.