Coronavirus: il pozzo nero della psichiatria valdostana

In tempi di emergenza servono risposte chiare per il bene di pazienti e operatori sanitari

 

Luca MontagnaniAOSTA. Ieri, durante la conferenza stampa trasmessa in live streaming dal palazzo regionale di Aosta, ho chiesto al coordinatore sanitario dell'emergenza, Luca Montagnani, quale fosse la situazione del reparto di psichiatria di Aosta e delle strutture convenzionate. Se, cioè, fossero stati fatti dei tamponi ai pazienti e al personale e se fossero emersi casi positivi al Covid-19.

Il dott. Luca Montagnani, aiutato da un suggeritore fuori campo, ha risposto che «per la parte psichiatrica sul territorio non sono a conoscenza dei tamponi effettuati in questo momento» aggiungendo poi che «stasera (ieri per chi legge, ndr) probabilmente avremo un report e valuteremo la situazione». 

In questi giorni il coordinatore ci ha abituato a fornire risposte concise, qualche volta anche limitate ad un "no comment". Ma questa volta il suo non sapere si chiama non voler dire.

Nei giorni scorsi una donna settantenne paziente di Psichiatria a seguito di un infarto è stata portata in Rianimazione all'ospedale Parini. Lì le è stato fatto il tampone ed è risultata positiva al Coronavirus. In seguito la donna è deceduta. Fonti sanitarie indicano inoltre che la scorsa settimana due donne, madre e figlia, sono state messe per qualche giorno in isolamento in una stanza di Psichiatria dopo la conferma della positività di una delle due. Successivamente sono state trasferite. Le stesse fonti sanitarie affermano che dopo questi fatti non sono stati effettuati tamponi né al personale né agli altri pazienti della struttura.

Tenendo conto delle risposte fornite ieri sera, il coordinatore dell'emergenza - né le altre persone presenti al tavolo in conferenza stampa - era a conoscenza dei due eventi.

La Psichiatria è una struttura estremamente delicata: data la situazione dei pazienti l'isolamento richiede uno sforzo supplementare. Serve una sorveglianza costante da parte del personale del paziente in quarantena, che non può essere mai lasciato del tutto solo. Alcuni pazienti possono agitarsi e reagire in modo incontrollato ad ogni piccolo cambiamento dell'ambiente che li circonda (dal blocco delle visite dei parenti al vedere il personale che indossa la mascherina, quando questa è disponibile). Il personale deve intervenire fisicamente, quindi venire a contatto diretto con il paziente, esponendosi al rischio di essere a sua volta contagiato.

Certo il momento è difficile, ma proprio per questo coloro che hanno ruoli di vertice nella gestione dell'emergenza devono utilizzare chiarezza nelle informazioni e lungimiranza nelle azioni. Se è difficile sapere quello che accade nel delocalizzato reparto di Psichiatria di Aosta, è facile immaginare quale ardua impresa sia avere informazioni su ciò che accade nelle strutture per disabilità mentale che operano in convenzione nella nostra regione e che sono tenute a rispettare protocolli etici e di trasparenza sul rapporto con i pazienti / ospiti e con le loro famiglie.

La Psichiatria e le strutture del territorio che si occupano di utenti con disturbi mentali sono, così come le microcomunità, bombe ad orologeria che possono esplodere se non gestite con la massima attenzione.

Un pensiero va quindi ai pazienti ed anche agli operatori sanitari che sono un bene prezioso da tutelare. Non li si può lasciare in prima linea senza le appropriate protezioni. Parliamo di uomini e donne che hanno il diritto di essere tutelati nella loro dignità di persona malata gli uni e nella loro professione gli altri. Il momento è difficile e proprio per questo non dobbiamo dimenticare che l'essere umano deve essere al centro di qualsiasi progetto, anche se è un progetto di tipo emergenziale.



Marco Camilli

 

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