Ebola, le "istruzioni d'uso" dell'Azienda Usl della Valle d'Aosta

Ebola, le "istruzioni d'uso" dell'Azienda Usl della Valle d'Aosta

 

Protocollo su come classificare i possibili casi e le persone venute a contatto con i malati

 

AOSTA. E' di tre giorni fa la comunicazione che la Valle d'Aosta ha aderito al protocollo ministeriale per il contenimento e la gestione dei casi sospetti di ebola.

Il documento spiega al personale dell'Azienda Usl come classificare i casi, quali procedure adottare e in che modo trattarli per evitare che si diffonda l'epidemia in corso dal dicembre 2013 in Guinea, Liberia e Sierra Leone, poi giunta in Nigeria.

Sono le persone proveniente da questi Paesi che presentano febbre a cui il personale sanitario dovrà fare maggiore attenzione. Il virus ha un periodo di incubazione tra i 2 e i 21 giorni, quindi gli operatori dovranno verificare quando è insorta la febbre e quando è avvenuto il soggiorno nelle aree colpite dall'epidemia e, nel caso, adottare i principi generali di gestione dei casi. Il paziente dovrà cioè essere isolato in camera singola predeterminata (o a domicilio nel caso di diagnosi a domicilio) e l'operatore dovrà indossare guanti, copri scarpe, occhiali di protezione, maschera facciale e camici impermeabili ai liquidi poiché il virus, sensibile ai comuni disinfettanti, si trasmette tramite secrezioni (sudore, vomito, sangue, feci o altri fluidi corporei).

I primi segnali del virus ebola sono legati a sintomi non specifici: dolori muscolari, cefalea e faringodinia. Col passare dei giorni compaiono vomito, emorragia sottocutanea e poi shock e insufficienza multiorgano. Il tasso di fatabilità è prossimo al 90% e il paziente diventa contagioso quando comincia a manifestare i sintomi.

I pazienti sono suddivisi dal protocollo in base al livello di rischio: da molto basso (contatti casuale come il soggiorno in aree comuni o sui mezzi pubblici con un paziente con febbre) a basso a moderato fino ad alto (in caso di esposizione al sangue, ai fluidi o ai tessuti di un paziente molto malato). Per i casi sospetti, l'operatore che ha preso in carico il paziente deve avvisare la Direzione medica di presidio e il Servizio di igiene e sanità pubblica e contattare l'infettivologo che analizzerà il caso e deciderà il da farsi.

Il protocollo definisce poi come trattare i "contatti", persone asintomatiche venute a contatto con casi sospetti o confermati, suddividendoli in tre livelli di rischio (basso, intermedio, elevato). Se "il contatto" è venuto a contatto con un caso probabile o accertato di ebola, dovrà essere tenuto in osservazione per 3 settimane e, in caso di febbre, isolato e trasferito nei Centri di riferimento.

Sempre il protocollo illustra quali procedure adottare per i casi a rischio. Se un giorno un eventuale caso sospetto dovesse essere confermato, l'infettivologo dovrà contattare l'ospedale Luigi Sacco di Milano e organizzarne il trasporto del malato con mezzi speciali.

 

Clara Rossi

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