YouTube, da spauracchio delle major a business partner?

YouTube, da spauracchio delle major a business partner?

Diminuiscono i contenziosi, distribuiti un miliardo di dollari grazie a "Content ID"

Da spauracchio delle major a business partner: che sia questa la nuova strada di YouTube? Per una risposta definitiva è forse un po' presto, ma sta di fatto che, dal 2007, la famosa piattaforma di streaming ha fatto finire nelle casse dei legittimi detentori dei diritti del materiale pubblicato dagli utenti la bella cifra di un miliardo di dollari. Il sistema utilizzato, molto ingegnoso, si chiama "Content ID" ed offre di fatto la possibilità di "monetizzare" la violazione del copyright, riducendo nel contempo gli annosi contenziosi fra gli utenti della rete e i proprietari dei diritti d'autore. Ma come funziona "Content ID"? Quando un utente carica un video su YouTube, questo viene analizzato dal sistema per verificare se contiene o meno una violazione del diritto d'autore. In questo caso, il legittimo detentore dei diritti viene avvertito e può decidere se chiedere la rimozione del contenuto o sfruttarlo in termini di analisi, advertising e visibilità, per esempio attraverso l'inserimento di un link che consente di acquistare il prodotto originale.

L'UNIONE FA LA FORZA - Come ha spiegato Fred von Lehmann, direttore dell'ufficio per il copyright di Google, intervistato dal Financial Times, la gran parte di loro sceglie di "monetizzare" il contenuto (e la violazione del copyright) piuttosto che bloccarlo. Cosa che invece accadeva, e molto spesso, in passato. Come quando, nel 2007, Viacom (proprietaria di canali come Mtv e Comedy Central), mandò a Google una lettera con la quale chiedeva la rimozione di 100 mila clip. La battaglia legale fra le due è durata sette anni (per tacer dei costi esorbitanti: a Google la difesa era costata 100 milioni di dollari solo nel 2010), per poi concludersi con un accordo extragiudiziale a marzo di quest'anno. Non che YouTube non riceva più richieste di blocco di contenuti, in particolare per quelli relativi ad eventi sportivi, ma - ha sottolineato ancora von Lehmann - gran parte delle tensioni fra la piattaforma e i detentori dei diritti si è dissipata proprio grazie a "Content ID". D'altra parte, è un fatto che molte volte i caricamenti e le varie rielaborazioni dei contenuti effettuate dagli utenti finiscono per garantire al contenuto una visibilità ben più vasta rispetto a quella che sono in grado di offrire le major stesse.

YOUTUBE SPACE A NEW YORK - Quella che sembrerebbe la "nuova politica" di YouTube verso posizioni più orientate a un approccio "commerciale" si declina anche attraverso la rinnovata attenzione della piattaforma di streaming al mondo della produzione video. E alle possibilità di "revenue" economica che questa porta con sé. È prevista per il 6 novembre, infatti, l'apertura di un nuovo studio di produzione video di quasi ventimila metri quadri di superficie a Chelsea Market, nel cuore di Manhattan, dove si trovano anche gli uffici di Google, in un complesso ricavato mettendo insieme tre edifici, fra cui quello dell'ex National Biscuit Company (dove è stato inventato il famoso biscotto "Oreo" nel 1912). Si tratta del terzo "YouTube Space" dopo quelli già aperti a Los Angeles, Londra e Tokyo e sarà una struttura a metà fra laboratorio e università di produzione che fornirà ai "video artists" le attrezzature (tutte di ultima generazione) e gli spazi necessari per lavorare ai propri progetti e migliorare le proprie competenze tecniche, il tutto a costo zero. Lo studio di New York, inoltre, presenterà una novità che manca agli altri studios. Si chiamerà "Brand labs" (anche qui il marchio Google è evidente), uno spazio-laboratorio pensato per dare la possibilità ai grandi marchi aziendali e ai "video creators" di incontrarsi, interagire e magari fare business insieme. E infatti, come fa notare David Carr sul New York Times, più di un produttore newyorkese sta tenendo d'occhio quel che accade a Chelsea Market, "analizzando tanto la natura della minaccia che le opportunità che può offrire". Non manca, ovviamente, un beneficio economico per YouTube, che, come nota ancora Carr, potrà incamerare una fetta più sostanziosa (il 45 per cento) dei profitti derivati dagli annunci pubblicitari che fino ad ora finiva per lo più nelle tasche delle media companies tradizionali. D'altra parte, se è vero che uno spazio di produzione gratuito è una gran bella cosa, la percentuale trattenuta da YouTube è giudicata decisamente "onerosa" da molti creativi, con l'obiezione che, in fondo, "YouTube è un posto in cui è molto difficile guadagnarsi il pane", oltre che – come ha notato il produttore Jason Calcanis, dando voce alle perplessità dell'altro lato della barricata - "un posto orribile per costruire un business". Di tutt'altro avviso è però Michael Stevens, creatore del canale Youtube VSauce (che ha una media di 20 milioni di visualizzazioni al giorno): "Su Twitter puoi essere anche il più divertente dei comici e tuttavia non ricevere assolutamente nulla in cambio. Su YouTube, invece, hai accesso a un pubblico praticamente illimitato, con la possibilità di crescere davvero".

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