Nel mio secondo libro, “In clinica psichiatrica c'è il glicine fiorito”, ho definito la depressione “il cancro dell’anima”. Adesso, per ragioni familiari, mi ritrovo a vivere l'incontro tra il cancro fisico e quello dell’anima.
La diagnosi di un tumore rappresenta uno degli eventi più dolorosi e stressanti che una persona sia chiamata ad affrontare. Infatti, si tratta di un cambiamento non solo fisico ma anche mentale.
È una fase molto delicata e difficile sia per il paziente che per i suoi familiari.
I sentimenti suscitati sono molto intensi. Il modo di reagire al proprio stato, così come lo sviluppo, il decorso e la prognosi stessa della malattia oncologica sono influenzati dall'interazione di diversi fattori: di tipo biologico, psicologico e sociale.
Il modo di gestire la “crisi emotiva” generata dalla diagnosi medica, l'atteggiamento di fronte all’evento traumatico influenzeranno il tipo di adattamento psicosociale alla malattia.
La tempestività della diagnosi di cancro e l'aderenza al trattamento medico sono determinanti nell’aumentare le probabilità di una risoluzione positiva della malattia oncologica, per questo è necessario assistere psicologicamente il paziente a partire dal momento della diagnosi, come già si fa in diversi ospedali italiani dove sono presenti psicologi che affiancano il medico.
Lo psicologo clinico può fare molto all’interno dell'équipe medica, riconoscendo i bisogni del paziente e aiutandolo ad affrontare il grande percorso di cambiamento fisico e psicologico che dovrà inevitabilmente affrontare con la malattia.
In una prima fase di sostegno psicologico il paziente viene aiutato a elaborare il trauma conseguente alla diagnosi di tumore e a sostenere il “peso della malattia”. In questa fase lo psicologo potrà aiutare il paziente a gestire la malattia, a incoraggiare l’espressione e la comunicazione delle emozioni coinvolgendo anche i familiari, a sviluppare modalità più adattive di affrontare la malattia, a dare un senso a quanto accaduto, a ridare un senso di speranza e ottimismo verso il futuro.
Quanti psicologi svolgano questo tipo di lavoro e in quanti ospedali italiani non è ancora dato saperlo, perché non esistono dei dati ufficiali. Se la psicologa clinica, con la quale è entrata in contatto una persona che si sta sottoponendo alla chemioterapia, accetterà d'incontrarci e rispondere alle nostre domande, tenteremo di dare un quadro più completo della situazione.
Barbara Giangravè
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