La convivenza ancora condiziona il divorzio

È contrario ai principi della legge Costituzionale, è contrario all’etica e alla morale favorire l’uno contro l’altro, nel conflitto familiare

 

avv. Gerardo Spira

Quando, finalmente, la coppia è riuscita a raggiungere la meta del divorzio, dopo anni di difficili conflitti personali, distruzione di risorse patrimoniali e familiari e dopo un grande respiro di liberazione, emergono dalle ceneri del camino della convivenza, tizzoni ancora ardenti sui quali alcune donne divorziate soffiano per trarne giovamento fino all’ultima cenere.

L’associazione ha sempre sostenuto e tutt’ora che le maggiori responsabilità nelle questioni dei divorzi e separazioni derivano dalle lungaggini dei tempi dei procedimenti e dalle decisioni contrastanti che riempiono i libri della giurisprudenza, da nord a sud del Paese. Diversità di pensiero e di comportamenti che non trasportano il cittadino verso la fiducia nella Giustizia, e neppure verso le istituzioni di supporto coinvolte nei processi e procedimenti che riguardano la famiglia. Diritti e doveri sono diversamente applicati e interpretati, in una visione che mortifica i principi costituzionali e il mondo del diritto. Eppure i giurisperiti, studiosi selezionati per cercare la VERITÀ nelle questioni, non riescono a stare al passo con l’evoluzione della società che si muove sempre più verso il maggiore riconoscimento del valore dell’uomo, la parificazione delle condizioni di vita e di opportunità dell’uno e dell’altro genere. Principio questo che, anche per insistenza della donna, è divenuto un corollario costante, sempre presente nelle questioni sociali, coniugali e familiari.

La donna è uguale all’uomo, sempre e comunque! Siamo d’accordo! Ma il concetto deve essere sempre valido nella buona e nella cattiva sorte. È contrario ai principi della legge Costituzionale, è contrario all’etica e alla morale favorire l’uno contro l’altro, nel conflitto familiare, per qualsiasi ragione, quando le condizioni di vita e di rapporti cessano. Ciascuno dei coniugi, quando il contratto si rompe si porta dietro tutto ciò che resta: lo stato coniugale, patrimoniale e di diritto costruito fino a quel momento. Dopo, ciascuno ha il diritto di ricostruire la propria vita, senza condizioni residuali.

Invece cessato il rapporto, si apre una questione infinita fino alle ceneri della vita. E siamo a questo punto non per colpa della coppia separata o divorziata, ma per quei residui umori di vita intima che tardano ad essere seppelliti.

La Giurisprudenza non può certamente porre riparo a ciò, ma può imporre una linea unica e certa per recintare la questione in un diktat, chiaro e protocollato, non interpretabile nel mondo di una giurisprudenza sorretta dalla stessa cultura di principi. Il matrimonio, la convivenza e la rottura sono momenti del contratto o rapporto, collegati agli stessi presupposti di esistenza e di morte. Nel terzo millennio dobbiamo dare voce chiara alla legge e al diritto e non dobbiamo più interpretare.

Leggiamo le decisioni della Cassazione in casi di convivenze, in solo due anni.

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n.5974/2019 ha accolto il ricorso di un ex coniuge contro l’assegno di mantenimento della ex moglie, perché lei aveva stretto una convivenza more uxorio con altra persona. Per la Suprema Corte, in questo caso, la costituzione di nuova famiglia, ha fatto venire meno tutte ragioni presupposte per continuare a riconoscere l’assegno divorzile. Il principio trova colleganza, per questi giudici, con la libera scelta del coniuge di rifarsi liberamente una nuova vita e di chiudere con il precedente rapporto. Principio confermato anche con l’ordinanza n.12335/2021, per altro caso.

Le Sezioni Unite (Cass.SS. UU 32198/21), hanno ripreso le decisioni delle Sezioni e chiarito la questione con la maggiore esplicitazione di aspetti non trascurabili.

Gli Ermellini UNITI hanno precisato che l’assegno divorzile ha una funzione compensativa, cioè, dopo il divorzio, l’assegno vale a compensare il tenore di vita dell’ex coniuge, quando questi è privo di mezzi adeguati. Per i supremi giudici, la nuova convivenza non determina automaticamente la perdita del diritto all’assegno, che interviene non in via assistenziale, ma soltanto in via compensativa. Ciò quando mancano i mezzi adeguati e il coniuge si trova nella condizione impossibile per procurarseli.

Dunque la convivenza per gli Ermellini, assume un altro valore: la stessa non comporta automaticamente la perdita del diritto all’assegno.

Ritorna così il ragionamento intorno al valore e dignificato di “assegno”. Per giurisprudenza costante, va ricordato, che l’assegno divorzile è composto di due valori: assistenziale e compensativo. L’assegno assistenziale compare nella fase della cessazione della convivenza, subito dopo la separazione; il compensativo interviene come contributo in favore del coniuge economicamente più debole, per la ricostruzione del patrimonio familiare intaccato dalla rottura del rapporto. Con la convivenza, viene meno l’assistenza, ma non la condizione di riequilibrio familiare ai fini del patrimonio, per cui l’assegno (compensativo) in questa fase va valutato o rivalutato.

Dunque l’assegno divorzile non muore con la convivenza dell’altro coniuge, che per richiederlo, non deve fare una richiesta generica, bensì come contributo di riparazione motivata e in presenza di due condizioni contestuali: mancanza dei mezzi adeguati e impossibilità per procurarseli. Saranno queste condizioni a tenere accesi i carboni nel camino di famiglia divorziata.

 

Gerardo Spira
Presidente onorario Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps)
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

 

Pin It

 

-  STRUMENTI
app mobile

 

Società editrice: Italiashop.net di Camilli Marco
registrata al Tribunale di Aosta N° 01/05 del 21 Gennaio 2005
P.IVA 01000080075