Precedute dalle luminarie e dagli stanchi addobbi natalizi, arrivano, anche quest’anno, le Feste natalizie e freneticamente veniamo calati in una realtà sociale che sempre più risulta artefatta e lontana, vuoi per i tempi che cambiano, vuoi per le consunte riproposte, che, puntualmente, rendono evanescenti le aspettative della vigilia. Il Natale è la festa dei bambini, ma tale non lo è quando siamo in presenza di marcati conflitti tra i genitori per la gestione dei figli dopo la fine della convivenza e l’atmosfera gioiosa e misteriosa dell’evento religioso e culturale viene sopraffatta dall’inutile conflittualità di cui ne fanno le spese i bambini, cioè i protagonisti delle magiche feste natalizie. In presenza di controversie giuridiche, ambedue i genitori dovrebbero sospendere le rivalità giuridico-economiche per far spazio a ciò che li unisce e non a ciò che divide i genitori: la presenza dei figli, che, in questo periodo, sono i protagonisti degli eventi festivi stessi.
La velata gioia dei bambini deve essere disancorata dalle guerre giudiziarie, spesso alimentate senza alcuna ragione, per non turbare l’auspicata serenità dei figli con ambedue i genitori. Tutto ciò, però, non sempre è realizzabile per l’ottusa sete di vendetta di un genitore verso l’altro e per i meccanismi giudiziari azionati dal genitore soccombente. Facciamoci guidare dal bisogno di affettività e dalla riconoscenza verso il creato per la presenza dei figli, che sono, sempre, una nota di allegria, di speranza in un futuro sempre meno disumano e sono un respiro di autenticità.
Ai bambini tutti, soprattutto a quelli privati della qualificata presenza di una figura genitoriale, auguriamo di poter contare di più nel farsi rispettare dai giudici e dall’onnipotente e, pertanto, dall’opprimente servizio sociale (l’onnipotenza è sempre un atteggiamento di rivalsa socio-psicologica da parte di chi non ha altre ragioni per farsi rispettare professionalmente) nei loro inalienabili diritti, fra i quali quello della presenza significativa e continuata di ambedue i genitori, compreso il bistrattato padre.
Un augurio vada anche a quelle bigie figure che gravitano attorno ai minori non per tutelarli, ma, molto spesso, per tutelare i propri risvolti di potere che gravitano sempre attorno a minori indifesi e sempre più ostaggi del potere socio-politico, che scarica sul servizio sociale, incontrollato e, molto spesso, anche incontrollabile, per le carenze professionali insite nel servizio stesso e, cosa ancora più grave, per la incapacità del controllore a rilevare l’inefficienza di un servizio che costa tantissimo alla collettività e attorno al quale vivacchiano tante puerili lobby. Le leggi ci sono, ma non altrettanto si può dire che ci sia la volontà di applicazione da parte della magistratura e degli amministratori locali, da cui i servizi sociali dipendono.
Un augurio particolare vada a quei bambini sottratti ai genitori per far rispettare il principio secondo cui i figli non sono di chi li ha messi al mondo, ma delle istituzioni che li vogliono gestire, sempre e comunque, per il lauto risvolto economico per sé e per gli immancabili amici. Sono inaccettabili le affermazioni dei servizi sociali, che hanno suggerito ai giudici di togliere ai genitori i figli (che vivevano sereni con i genitori in una casa in mezzo al bosco) per metterli in una casa famiglia, come, sempre sullo stesso argomento, sono incomprensibili le argomentazioni del curatore speciale, e nasce spontanea la domanda: ma questi faciloni chi li paga? Il bosco può educare meglio delle calde aule delle scuole cittadine, anche perché l’elemento affettivo, nell’educazione e socializzazione dei minori, non può essere sostituito da comunità e case famiglia gestite senza specifiche e sistematiche verifiche da parte dell’ente locale che paga il servizio.
Il curatore speciale, nel momento in cui riceve l’incarico, deve tutelare i minori, ma non un solo genitore, quello collocatario, e tantomeno i servizi sociali, in combutta con il legale di parte di uno dei due genitori. Non è così e, ancora una volta, si deve riscontrare, purtroppo, che i minori non li difende nessuno, poiché, quando un genitore cerca di tutelare giuridicamente un proprio figlio, viene ulteriormente tagliato fuori, complice la magistratura che, con tanta, ma tanta discrezionalità, applica legge, interpretandola a tutela del genitore collocatario, anche quando questa figura risulta essere negativa per i figli.
Un augurio agli uomini di buona volontà e agli operatori di giustizia e dei servizi sociali affinché, in questi giorni di festa, abbiano il coraggio dell’autocritica per i danni provocati ai minori e al genitore meno presente con il loro atteggiamento settario e discriminatorio della figura paterna, indispensabile e insostituibile per una crescita psico-fisica del minore. Poche sono le figure (giudici e assistenti sociali) di buona volontà e i surrogati della giustizia portano solo ad una giustizia ingiusta, che ha reso impossibile la vita a tanti minori e a tantissimi genitori c.d. non collocatari.
Buone feste a quel padre che, per vedere e stare qualche giorno con la figlia di due anni e mezzo, portata via, a sua insaputa, in un’altra regione, dove la made aveva trovato un nuovo amore, deve fare più di 1.200 km. e sostenere ogni volta ben oltre €. 600 di spese vive (viaggio e soggiorno), perché, per il giudice, non era importante la mancanza di reali motivazioni per il trasferimento della madre con la figlia nelle Marche, ma la serenità della genitrice, che, in riva al mare stava meglio, era più serena e poteva contare sulla protezione del nuovo compagno e del suo contesto amicale.
Per il giudice, solerte a suo modo solo per la madre e/o chi per lei, le innumerevoli menzogne materne non hanno alcuna rilevanza per negare l’autorizzazione al trasferimento di madre e figlia ad oltre km. 600 di distanza da dove la coppia aveva sempre vissuto (anche se, da mesi, non faceva vedere la figlia al padre e tantomeno gli comunicava dove si trovasse), perché, per lui, la madre era credibile, nonostante i fatti documentati, poiché permetteva al padre di trasferirsi anche lui nelle ragione marchigiana dove era andata a vivere per stare vicino alla figlia, permettendogli di vederla quando vuole in cambio del mancato assegno di mantenimento, cioè il padre risparmiava 250/300 euro al mese del mantenimento per farsi carico delle spese vive che per solo 2 fine settimana al mese si sarebbe aggirato ad oltre gli €. 1.200. Il padre della bambina, come sostiene la madre, se vuole bene alla figlia, doveva rinunciare alla libera professione e trasferirsi dove ora abita lei con la bambina.
Un padre, proprio la settimana scorsa, è entrato in carcere in Lombardia a seguito di una condanna per maltrattamenti in famiglia e violenza carnale sulla compagna, madre di tre figli che sarebbe avvenuta in casa, dove abitavano con i tre figli, la zia vedova con figlio (a cui faceva da padre ed è chiamato dal nipote papà-zio) e i genitori (nonni dei 4 bambini). Non entriamo nel merito della condanna e della eventuale difesa, ma ci limitiamo a far presente che la violenza carnale, tra le mura domestiche, è difficile da dimostrare, ma è quasi impossibile difendersi, perché non ci sono testimoni e, spesso, la violenza carnale viene inventata e utilizzata ad arte per una condanna sicura dell’uomo. I figli rifiutavano gli incontri con la madre perché si disinteressava di loro, non cercava lavoro, non aveva una casa dove stare e perché li portava a dormire presso i suoi amici, alcuni dei quali non parlavano nemmeno l’italiano e si dimenticava anche della loro presenza. La storia della donna non è nota al padre, condannato ad oltre sei anni di carcere, quasi come un criminale, ma i giudici, a nostro parere, non hanno tenuto adeguatamente conto del fatto che il padre ha allevato i figli da solo con l’aiuto dei suoi genitori e della sorella vedova, la madre è stata condannata penalmente per non aver mai versato il mantenimento per i figli al padre e, con i lavori lavori socialmente utili, continua a non pagare gli alimenti ai figli. Si sarebbe dovuto fare luce anche sul suo passato in collegio, da cui, sembra, che a 16 anni scappò con un uomo, e di tutte le sue peripezie sentimentali ed evasive.
I figli che rifiutano la madre, ora, traumatizzati dalla carcerazione del padre, sicuramente la rifiuteranno più energicamente. Non sappiamo esattamente se ci sia stata la violenza carnale, perché il padre ha sempre negato l’accusa della madre, ben supportata, nella denuncia, dalle competenze dei centri antiviolenza del nord-Italia. Una cosa è certa. Questi 3 figli + 1 nipote hanno bisogno solo di serenità con i nonni e gli zii paterni.
Buone Feste a voi tutti a nome anche dell’associazione.
Il tempo potrebbe riservarci ben altre sorprese di cui ciascuno se ne assumerà le proprie responsabilità.
Buone Feste ai bambini con genitori non più conviventi e a tutti coloro che lottano per una giustizia giusta per i bambini.
Ubaldo Valentini
pres. Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps),
tl. 347.6504095,



