«In clinica psichiatrica c'è il glicine fiorito» alla Giornata Mondiale della Salute Mentale

Barbara Giangravè alla Giornata Mondiale della Salute Mentale di Palermo

Giovedì scorso, il 10 ottobre, dopo l’intensa lettura – da parte di Rinaldo Clementi e Marcello Rimi di due testi dello scrittore russo Anton Čechov – la sottoscritta avrebbe dovuto moderare un dibattito tra il giornalista Domenico Iannacone e l’attrice Enrica Guidi.

Tutto sarebbe dovuto avvenire all’Università degli Studi di Palermo, nell’ambito della Giornata Mondiale della Salute Mentale, la cui edizione 2024 – per l’Italia – è stata ospitata proprio dal capoluogo di regione siciliano.

Il motivo per cui, finora, ho usato il condizionale è dovuto al fatto che a causa o, sarebbe meglio dire, grazie a Enrica Guidi, il programma della giornata è stato letteralmente stravolto.

Così, da moderatrice, sono diventata “argomento” dell’incontro che si è svolto all’Ateneo palermitano per avere scritto “In clinica psichiatrica c’è il glicine fiorito” e, soprattutto, perché il mio secondo libro non racconta di cose accadute ad altri, ma a me stessa.

Insomma, si è trattato di una sorta di presentazione fuori programma durante la quale, con mia somma gioia, il pubblico ha partecipato attivamente, intervenendo nella discussione.

Mi sono resa conto, così, di quanto ci sia bisogno di parlare di certi temi; di farlo in contesti pubblici; di confrontarsi sullo “stato dell’arte” relativo alle cure riservate a chi soffre di malattie mentali; di stigmatizzare non più la malattia ma lo scarso, o pressoché nullo, interesse da parte del sistema sanitario nazionale. Anzi, da parte della politica.

In più di un’occasione, all’interno di questa rubrica, mi è capitato di scrivere che i malati mentali non sono una priorità della politica perché, in fondo, non sono voti su cui poter contare nel corso di una elezione. Che si tratti di elezioni nazionali, regionali o amministrative poco importa. Chi soffre di disturbi mentali non è un individuo affidabile e in quanto tale va trattato: non trattandolo.

Ironia della sorte ha voluto che, il giorno in cui sono partita per Palermo, abbia ricevuto una e-mail che comincia così: “Buongiorno Sig.ra Giangravè. Ho letto di Lei su un articolo relativo alla settimana della salute mentale di Palermo (io scrivo da Aosta e anche qui, a breve, si svolgeranno alcune giornate simili) e, siccome è un argomento che mi sta molto a cuore, oso scriverLe. (…). A luglio di quest’anno è uscito un libro che ho scritto, un libro che è stato per me una sorta di «terapia», un modo per buttare fuori dolori lunghi quasi cinquant'anni, che hanno limitato e condizionato la mia vita. Ed è stato un modo per cercare di aiutare altri che, nella mia condizione, possono uscire da certi labirinti prima e con meno danni”.

L’autrice della sopra citata mail è anche l’autrice di un altro libro sul tema della salute mentale e del quale discuteremo la settimana prossima, quando questo giornale pubblicherà l’intervista che sto preparando.

Credo di avere realizzato solo adesso, realmente, quanto ci sia bisogno di affrontare questo argomento. Da più punti di vista. In più occasioni. Invitando quanta più gente possibile a partecipare.

Il confronto con chi ha vissuto e vive ancora la guerra contro la malattia mentale è una battaglia vinta nella lotta per rendere accessibili a tutti le cure necessarie per vivere una vita “normale”.

Vi aspetto, quindi, mercoledì prossimo per farvi conoscere meglio la scrittrice valdostana Monica Gorret, autrice di “L’assordante rumore di una foglia che cade”. Stay tuned…

 

Barbara Giangravè
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