Essere genitori dei propri figli quando finisce la convivenza

Non è facile garantire ai figli la presenza costruttiva dei genitori dopo la fine della loro convivenza. Il conseguenziale affidamento dei minori è quasi sempre traumatico per un insieme di concause che potrebbero essere rimosse con facilità dai genitori se i figli fossero al centro degli interessi affettivi di chi li ha chiamati alla vita, senza il loro consenso, e se le diatribe degli adulti, quasi sempre economiche e di infedeltà, venissero affrontate nel rispetto dei diritti sanciti dal codice. Le stesse istituzioni chiamate a tutelare i minori (servizi sociali e tribunali) devono abbandonare retaggi culturali del passato e devono essere liberi dagli attuali condizionamenti di genere e ideologici che sono alla base delle conclamate discriminazioni di un genitore, con conseguenze deleterie sui minori stessi, che vengono privati, con molta leggerezza (superficialità giuridica ed umana), di una figura genitoriale.

La giustizia ingiusta, che rinnega i diritti dei cittadini, è legalizzata dalla volontà “dei potenti” (giudici, servizi sociali, genitore collocatario) che dimenticano quale sia la ragione del loro esistere e il superiore bene dei minori. La società, con i suoi colpevoli silenzi, è responsabile del disagio giovanile, fonte di tante devianze sociali e di tanta preoccupazione per il suo futuro, poiché saranno proprio i maltrattati minori di oggi ad amministrarla. I minori e i giovani, poiché non votano, non trovano spazio e significativa rilevanza nelle preoccupazioni dei politici.

E’ opportuno che le agenzie educative ripensino il proprio impegno per contenere un diffuso abuso giudiziario che tenta di escludere il padre dalla gestione dei figli, aggravando, però, la sua posizione con un fardello economico, chiamato assegno di mantenimento per i figli e spese straordinarie, poiché, quasi sempre (94% dei casi), di fatto, viene obbligato a pagare la madre come baby-sitter, mentre lei, non solo non versa un becco di quattrino per il mantenimento dei figli, come, invece, sarebbe doveroso prevedere nei provvedimenti in ossequio al diritto civile, all’art. 30 della Costituzione e alle Convenzioni internazionali sui minori, alcune delle quali fatte proprie (inutilmente) anche dal governo italiano.

C’è necessità, a seguito della cessata convivenza dei genitori, di riaffermare, con urgenza e determinazione, il ruolo della bigenitorialità nell’affido dei minori, senza l’abituale penalizzazione della figura paterna, in ossequio a una errata concezione delle Pari opportunità genitoriali, che vorrebbe il padre sempre marginale nel concepimento dei figli (fra non molto non sarà più nemmeno fondamentale) e nella loro crescita ed educazione, tanto che viene umiliato, perseguitato e condannato penalmente, anche con il carcere, se non riesce ad assolvere con regolarità al versamento del mantenimento e/o delle spese straordinarie alla madre dei suoi figli. Non tutti i giudici, per fortuna, nelle loro sentenze di affido sono così discriminatori e, al contrario, riconoscono al padre il ruolo di genitore, scegliendolo, talvolta, a genitore collocatario o affidatario esclusivo. Ancora sono una minoranza coloro che applicano l’affido condiviso paritario, come prevedeva la legga 54/2006, e che mettono sullo stesso piano ambedue i genitori, determinando oneri ed onori per ambedue nel supremo interesse del minore.

Gli altri giudici hanno una visione tutta propria della bigenitorialità e non riescono a sganciarsi da una cultura matriarcale della famiglia che fa perno, nell’educazione dei figli, esclusivamente sulla figura materna, mentre al padre viene lasciato l’onere del loro mantenimento, ma non quello educativo e formativo. Prevedere la sua presenza sporadica con i figli non vuol dire garantire la bigenitorialità, che è, invece, cogenitorialità in senso pieno e presenza paritetica con i figli, avendo il coraggio di imporre, ad ambedue i genitori, regole comportamentali con i figli e di intervenire con provvedimenti drastici ed immediati nei confronti del genitore che non rispetta i principi inalienabili della cogenitorialità e della bigenitorialità.

L’affido paritario mette al primo posto i minori ed impone ai genitori il dovere di non stravolgere la loro esistenza con la fine della convivenza, cercando di garantire loro continuità con il mondo che frequentano. Saranno i genitori a rinunciare ai progetti personali che li porterebbero lontani dall’altro genitore. I sacrifici li devono fare gli adulti, ma non le piccolissime creature che si trovano, troppo spesso, al centro di inaudite guerre psicologiche e giudiziarie, talvolta ad arte incrementate.

Il numero dei minori in affido è in continuo aumento e la confusione esistente sui ruoli genitoriali non può essere più tollerata, poiché dannosa al loro equilibrio psico-fisico e dannosa al genitore di fatto si ritrova estromesso dalla loro vita, poiché il mantenimento economico (che è un dovere per ambedue i genitori) non sostituisce il diritto-dovere alla crescita ed educazione dei figli. C’è da chiedersi perché il padre, ridotto in miseria e spesso senza casa degna per accogliere i figli, che finiscono con il non voler più andare con loro, se denunciato dalla madre per mancato o ritardato versamento dell’assegno di mantenimento e delle spese straordinarie (determinate, spesso, in base ad un protocollo non vincolante e contraddittorio con la legge vigente per alcune spese che sono ordinarie, coperte dall’assegno di mantenimento, ma vengono ritenute spese straordinarie), viene condannato senza minimamente tener conto del suo stato reddituale, mentre quasi mai si condanna la madre, inadempiente verso le disposizioni del tribunale, che non permette ai figli di stare con il padre. Siamo, nell’applicazione della legge, in presenza di due pesi e di due misure.

Con la fine della convivenza, non vengono meno i doveri e i diritti di ambedue i genitori verso i propri figli e nessuna istituzione può legittimare, anche se non dichiarato, la presenza del genitore e/o genitori sostituitivi. Nessun genitore può essere costretto a rinunciare al proprio specifico ruolo genitoriale, come vorrebbe una dilagante cultura di genere, che cerca di camuffare per patriarcato il diffuso comportamento matriarcale. Nessuno è genitore a tempo o solo per assolvere al ruolo di semplice bancomat. Le istituzioni chiamate in causa non possono agire come se le pari opportunità genitoriali fossero una semplice enunciazione non vincolante, per tutti.

Ridiamo dignità al genitore non convivente con i figli e lottiamo contro tutte quelle discriminazioni che, quasi quotidianamente, purtroppo, si applicano nei tribunali e nel “regno dorato” dei servizi sociali, che, di fatto, gestiscono i minori senza la dovuta competenza scientifica e la consolidata esperienza personale nel difficile mondo minorile.

Il tribunale, nel deliberare sull’affido dei minori, deve tutelare i diritti dei figli, prima di tutto, e di ambedue i genitori, senza cedimenti o favoritismi.
Solo così la legge potrà essere uguale per tutti.



Avv. Francesco Valentini (Tel. 347.1155230, email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)
Per Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps)
Contatti: tel. 347.6504095, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., genitoriseparati.it

 

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