La controversa sentenza del tribunale di Torino
Il Tribunale di Torino (sez. III pen., sent. n. 2356 del 24 luglio 2025) ha assolto un imputato dalla accusa di maltrattamenti in famiglia, condannandolo solo per il reato di lesioni. La decisione ha sollevato unanime condanna per l’assoluzione dell’uomo denunciato, ritenendo i maltrattamenti in famiglia, in presenza di conflittualità tra conviventi in fase di cessazione della convivenza e affido dei figli, come una ordinaria follia tra coniugi, come le cronache giudiziarie quotidianamente riportano.
I giudici hanno ritenuto che le frasi ingiuriose, che erano state pronunciate dal marito nei confronti della moglie, che erano alla base dei maltrattamenti, erano state pronunciate «nel loro specifico contesto dall’amarezza per la dissoluzione della comunità domestica, che sarebbe umanamente comprensibile». Anche il pugno inferto dal denunciato nei confronti della ex-moglie va interpretato «nel contesto e ricondotto alla logica delle relazioni umane», cioè in rapporto all’atteggiamento della donna che aveva introdotto in casa un nuovo compagno, incurante della convivenza con i figli, di cui «l’imputato si sentiva vittima di un torto, sentimento molto umano e comprensibile per chiunque».
La sentenza del Tribunale di Torino ha sollevato una indignazione da parte di chi evidenziava, invece, che l’uomo aveva sferrato un pugno alla ex-moglie e, per questo gesto, doveva essere condannato, indipendentemente dal contesto provocatorio messo in atto dalla denunciante con i suoi comportamenti.
La sentenza, di fatto, pone in primo piano sia l’abitualità delle denunce dei maltrattamenti in famiglia, a causa anche dei comportamenti della ex-moglie/compagna, sia la necessità di analizzare anche le ragioni che sono alla base di queste aggressioni familiari. Severità per la violenza (l’uomo è stato condannato a pagare per il danno fisico procurato alla ex), ma anche necessità di inquadrare il presunto reato nello specifico contesto familiare, poiché il rapporto causa– effetto non può essere sottovalutato per presupposti ideologici, cioè di genere.
La necessità di una profonda riflessione sulle cause dei maltrattamenti in famiglia
Stracciarsi le vesti sui maltrattamenti in famiglia non serve a nessuno, se non si cerca di ricreare la cultura del rispetto dei sentimenti e della convivenza di coppia (famiglia).
Occorre, di fatto, analizzare profondamente le cause che inducono ai maltrattamenti in famiglia, in pericoloso incremento, per rimuoverle prima che il maltrattamento avvenga. Un dato, di fatto, è certo: l’aggressività all’interno delle mura domestiche, anche in presenza dei figli, va affrontata non con inutili piagnistei di circostanza, quando il fatto è accaduto, ma ricreando un rispetto della persona, al di là dei risvolti economici che spesso sono alla base delle aggressioni. Occorre rimuovere le cause del disagio esistenziale, che porta a questi comportamenti in famiglia, coinvolgendo quasi sempre anche i minori, riflettendo sul fatto che i sentimenti non possono essere uno strumento per far guerra al partner, riducendolo in miseria e rinnegando frettolosamente un progetto di vita quasi sempre costruito assieme, all’inizio della relazione e, sovente, rinnegato con estrema facilità, anche all’insaputa del partner, messo dinnanzi ai fatti compiuti, quando le situazioni affettive avevano preso un’altra piega.
Occorre pure che il dialogo tra i due genitori conviventi venga sempre mantenuto per chiarire dubbi affettivi e difficoltà, rinunciando alla facile pretesa del fatto che le responsabilità siano sempre del partner e/o del genitore di sesso maschile.
Ruolo negativo delle associazioni femministe e dei centri antiviolenza
La conflittualità di coppia sovente è alimentata da atteggiamenti presuntuosi e, spesso, anche discriminatori dalla compagna/moglie, bombardata dalle campagne di genere (pubblicitarie, più che culturali), che ritengono, sempre e comunque, la donna sempre vittima dei maltrattamenti del partner. Però, non è così, come le statistiche (poco amate dai giudici, dai politici e dagli operatori sociali) smentiscono, rilevando che la violenza sull’uomo da parte della partner è molto più elevata di quella subita dalla donna ed è una violenza non solo verbale, ma anche fisica.
Quando la convivenza finisce e ci sono dei figli, la conflittualità assume dimensioni assurde e fortemente discriminatorie del partner grazie ad una cultura domestica, provocata e alimentata da organizzazioni di genere che mettono in primo piano i vantaggi, soprattutto economici, che le dichiarate aggressioni da parte del convivente possono produrre, alimentando un vittimismo non sempre corrispondente al vero.
Anche l’uomo subisce maltrattamenti e violenze fisiche da parte del partner
La donna non è sempre vittima dei maltrattamenti in famiglia, come i soliti centri antiviolenza, economicamente e senza alcun controllo foraggiati da ben camuffati finanziamenti pubblici, asseriscono, ignorando completamente le responsabilità della partner e/o dell’altro genitore. La violenza fisica è sempre condannabile, sia quando la vittima è la donna che l’uomo, ma non si possono ignorare le cause che sono alla base della violenza, provocatoria dei maltrattamenti, che, nella disperazione, possono sfociare in gesti incontrollabili ed assolutamente ripugnanti.
Non si può giocare sulle false denunce di maltrattamenti per estromettere un padre dai propri figli, ridurlo in miseria (vera e propria estorsione, quando riesce) e distruggere, senza la dovuta documentazione, la sua immagine dinnanzi ai figli e alla società. I servizi sociali abitualmente non aiutano a far emergere la verità per una sudditanza psicologica alle teorie di genere attualmente emergenti, per non contrastare la menzogna, come sarebbe loro dovere, e l’uomo, nella maggioranza dei casi, quando deve fare ricorso al pronto soccorso per le aggressioni della compagna/moglie, non denuncia quasi mai la fonte delle ferite che si fa medicare, ricorrendo alla generica accusa di esse caduto accidentalmente. I politici, pur conoscendo l’esistenza di questa destabilizzante situazione sociale, si disinteressano, per timore o per riverenza al gentil sesso e/o a chi lo protegge, e non suscitano né affrontano un pubblico dibattito su questa scottante materia.
La convivenza è un contratto tra una donna e un uomo per un progetto di famiglia a lunga scadenza
La convivenza significa crearsi una famiglia, accettandone i suoi diritti ed i suoi molti doveri, che non possono essere condizionati dall’emotività del momento e dalle ambizioni che potrebbero sorgere durante la convivenza. Ogni contratto ha le sue regole ed i suoi tempi, che vanno rispettati, e la durata può essere interrotta nel rispetto dei doveri genitoriali e dopo una seria riflessione preparatoria tra i due conviventi, nel rispetto delle loro esigenze personali e di quelle dei figli.
Le false dichiarazioni al giudice e le denunce completamente false, come sovente avviene, non aiutano a lasciarsi senza l’odioso rancore che è causa, nella ottusità delle posizioni, dei maltrattamenti tra ex-conviventi e, purtroppo, talvolta con il coinvolgimento dei figli, che il collocatario condiziona e mette contro l’altro genitore.
L’improvvisazione e la caparbietà non aiutano a raggiungere un equilibrato accordo, che può richiedere tempo per lasciarsi in modo dignitoso e rispettoso delle reciproche prerogative, derivanti dal contratto di convivenza familiare e dalla presenza dei figli, a cui non si può negare il diritto alla bigenitorialità.
Come superare il diffuso fenomeno dei maltrattamenti in famiglia
I maltrattamenti in famiglia, originati dai comportamenti di ambedue i conviventi e genitori, esistono e le reali cause che li provocano e li alimentano vanno seriamente affrontate e rimosse da parte di una società responsabile e attenta alla maggior consapevolezza sentimentale di ciascun componente della struttura sociale e familiare.
E’ indispensabile, per affrontare la controversa questione, cambiare il modo di pensare delle persone e, conseguentemente, il loro modo di comportarsi, ricorrendo, se necessario, però, anche alla coercizione, regolata dalla legge, per garantire i diritti di tutti coloro che formano un nucleo familiare attraverso un contratto, spesso non scritto, ma ugualmente vincolante, tra i due conviventi e loro famiglia generata.
Educare al rispetto e al dialogo familiare
I maltrattamenti in famiglia si risolvono con l’affermazione della cultura del rispetto e del dialogo familiare, che deve coinvolgere tutte le istituzioni pubbliche, le forze sociali e politiche e, soprattutto, le scuole di ogni ordine e grado, utilizzando gli spazi mal gestiti e riservati all’educazione civica. Il problema cardine per i giovani è quello della loro educazione all’affettività, alla sessualità ed al rispetto degli altri, poiché i cambiamenti sono più difficili con gli adulti con personalità già strutturata e, talvolta, anche deviata.
L’educazione all’affettività deve essere attuata, in primo luogo, nella famiglia di appartenenza, nella scuola e nella società in genere e deve essere pretesa da tutti, nessuno escluso, cioè da associazioni, movimenti d’opinione e di lotta sociale, politici e movimenti religiosi, attivando, congiuntamente, programmi di interventi non genericamente ripetitivi, ma integrativi. Tutto ciò, ovviamente, deve essere programmato con spirito collaborativo, ma non esclusivo e punitivo degli altri.
I cittadini, per salvaguardare la società futura, devono pretendere dagli amministratori politici un cambio di gestione delle risorse economiche pubbliche, controllandone fonti, fini, risultati conseguiti ed eventuale mala gestione per estromettere dai finanziamenti i soliti furbetti, che, di fatto, sono vere e proprie lobby sociali.
Apriamo un confronto a tutti i livelli, senza pregiudizi, per dare risposte concrete ed efficaci al devastante fenomeno dei maltrattamenti in famiglia, siano essi veri e/o strumentalmente inventati, come molto spesso avviene nelle separazioni e nell’affido dei figli, coinvolgendo in modo prioritario la famiglia, la scuola, le organizzazioni culturali e, in genere, tutte le attività socio-politiche, che, spesso solo a parole, dicono di creare una società responsabile e rispettosa dell’altro per creare un nuova cultura della famiglia e della società, per una diversa e dignitosa cultura dell’affettività.
Nuovo modo di gestire, nei tribunali, i maltrattamenti in famiglia
Solo così si potrà contenere la spietata violenza sulla donna e si potrà considerare, con il massimo rispetto e la massima oggettività, la violenza che, sovente, subisce anche l’uomo nel contesto familiare e genitoriale.
Il primo passo per meglio comprendere l’esplosione dei maltrattamenti in famiglia e le cause che stanno alla base di gesti assolutamente inaccettabili e, talvolta, ingigantiti e parzialmente condizionati dalla pressione mediatica, resta quello dell’inquadramento dei maltrattamenti nel contesto in cui sorgono, non per negare la responsabilità dell’uomo, ma per definire, nei fatti, la responsabilità oggettiva del denunciato e della vittima, affinché la eventuale condanna del reo sia rispettosa del codice e non solo la conseguenza delle emotività sociali del momento.
Credo che il Tribunale di Torino si sia mosso nell’ottica della verità giudiziaria, non lasciandosi condizionare dalla marea di censori del momento.
Avv. Francesco Valentini
Tel. 347.1155230,