Confcommercio vede la ripresa e invoca meno tasse

Pil nel 2015 +1,1%, trainato da Expo - Si spera anche nel Giubileo

sangalli-carloAnche la Confcommercio riunita a Cernobbio per il meeting annuale certifica che l'Italia ha agganciato la ripresa. Ma come la Banca d'Italia anche l'associazione presieduta da Carlo Sangalli rinnova l'invito a interventi che possano aiutare il paese a crescere a partire da fisco e turismo. «Oggi finalmente - ha detto Sangalli - dopo tanti, troppi anni, di previsioni negative e di revisioni al ribasso, registriamo alcuni segnali di risveglio dell'economia. Infatti, la nostra stima di crescita dell'1,1% nel 2015, almeno dal punto di vista statistico, significa ripresa. E ci sono anche tutti i presupposti per una ripresa che non sia solo statistica. E alludo alla fiducia delle famiglie in forte crescita nei primi mesi di quest'anno, al sentiment delle imprese e al mercato del lavoro che stanno migliorando. E ad alcune favorevoli condizioni internazionali, dal costo del petrolio al cambio dell'euro, all'intervento della Bce che spingono in questa direzione».

PIL - Secondo l'Ufficio Studi di Confcommercio Il Pil dovrebbe crescere dell'1,1% quest'anno e dell'1,4% nel 2016, mentre la spesa delle famiglie residenti è vista in aumento dello 0,9% nel 2015 e dell'1% nel 2016 grazie al modesto recupero del reddito disponibile in termini reali generato dai primi segnali positivi sul fronte dell'occupazione. E' infatti prevista una crescita degli occupati di circa 83mila unità nel 2015 e di 96mila nel 2016. I prezzi dovrebbero rimanere stabili quest'anno e crescere dell'1,1% l'anno prossimo, mentre i consumi aumenterebbero dell'1,2% nel 2015 e dell'1% nel 2016.

EXPO - La manifestazione in programma tra maggio e ottobre prossimi dovrebbe produrre un impatto aggiuntivo sulla crescita "normale" del 2015. I circa 29 milioni di presenze turistiche aggiuntive previste comporteranno una maggiore spesa turistica degli stranieri per oltre 2,5 miliardi di euro con un impatto positivo pari allo 0,2% sul Pil e allo 0,3% sui consumi totali. Con l'Expo va azionata - è il monito che arriva da Cernobbio - anche la potente leva del Giubileo straordinario.

CONSUMI - Il reddito disponibile delle famiglie dovrebbe crescere sia nel 2015 che nel 2016: il miglioramento del potere d'acquisto pro capite dovrebbe assestarsi sui 300 euro circa. Nel biennio ci dovrebbe essere un saldo netto positivo del valore della ricchezza complessiva pari a 400 euro per abitante, per effetto della riduzione di 2.700 euro per la ricchezza immobiliare e a fronte dell'incremento di 3.100 euro di quella finanziaria. Tutto ciò favorirà una ripresa dei consumi di oltre il 2% cumulato, che continuerà a riguardare le telecomunicazioni, soprattutto l'elettronica di consumo e l'informatica domestica. Ma, per effetto dell'Expo, anche l'alimentazione fuori casa, gli alberghi, i trasporti e i viaggi. La novità sarà il rafforzamento della crescita nell'ambito della mobilità, ma il miglioramento del clima di fiducia dovrebbe riportare il segno più anche per consumi tradizionalmente declinanti come l'abbigliamento e le calzature (+0,3% medio annuo nel 2015- 2016). CRISI - La Confcommercio ricorda tra gli effetti più crudeli della crisi che tra la fine del 2007 e la fine del 2014, e in particolare tra il 2008 ed il 2013, sono andati distrutti più di 1 milione e 700mila posti di lavoro, mentre i volumi di spesa delle famiglie hanno registrato un calo record superiore all'8% e gli investimenti sono calati addirittura intorno al 28%. "Siamo, però, di fronte a un bivio – dice Sangalli - accontentarci di quello che passa il "convento", cioè lo scenario internazionale, mutevole e incerto, oppure valorizzare al massimo e subito le opportunità che si stanno presentando per indirizzare il Paese lungo un sentiero di crescita robusta. Una volta in Europa dicevano, polemicamente, che dovevamo fare i compiti a casa, alludendo al consolidamento fiscale. Ecco, 60 milioni di italiani li hanno fatti, volenti o nolenti, e ora aspettano il legittimo riconoscimento". Un riconoscimento – dice il numero uno della associazione dei consumatori - che può derivare soltanto da una riduzione della spesa pubblica improduttiva e da una politica fiscale distensiva che allenti la morsa delle tasse su famiglie e imprese". E ancora: "Se vogliamo davvero la crescita si deve scacciare lo spettro dell'attivazione delle clausole di salvaguardia, che porterebbero maggiori tasse per 70 miliardi nei prossimi 3 anni". La ricetta per ripartire è la seguente: destinare i risparmi sugli interessi sul debito a beneficio di tutti i contribuenti in regola attraverso la riduzione delle aliquote legali dell'Irpef. "E' questa la nostra proposta, perché ogni euro, ogni centesimo recuperato dalla lotta all'evasione e da una vera e profonda spending review, da oggi deve essere utilizzato per avviare finalmente un percorso certo e progressivo di riduzione della pressione fiscale che è e rimane il vero grande problema del Paese".

MENO TASSE: Si PUO' - La discesa dello spread intorno ai 100 punti base può generare un risparmio sulla spesa per interessi tra i 2 e i 3 miliardi di euro. Addirittura, la Corte dei Conti ritiene che il risparmio potrebbe essere tra i 4 e i 6 miliardi quest'anno e tra i 10 i 14 nel 2016. E' dunque – dice sempre il report dell'Ufficio studi - possibile abbassare la pressione fiscale tagliando l'Irpef agendo sulle aliquote relative agli scaglioni di reddito: una riduzione generalizzata di un punto percentuale di tutte le aliquote determinerebbe infatti una riduzione di gettito Irpef di circa 7,7 miliardi. In ogni caso, i 6,3 miliardi di risparmi stimati dalla Corte dei Conti consentirebbero almeno la riduzione di un punto percentuale delle prime due aliquote (dal 23% al 22% e dal 27% al 26%). Se, invece, ci si attiene alla stima prudenziale della Corte, un risparmio di circa 4,3 miliardi di euro, si potrebbe limitare l'abbassamento alla sola prima aliquota, quella del 23%, che, scendendo di un punto, comporterebbe una perdita di gettito appena superiore a quell'ammontare, circa 4,6 miliardi di euro. Dalla Confcommercio parte anche l'ennesimo sos Sud. La ripresa può essere messa in discussione dal divario crescente tra Centro-Nord e Sud del Paese. Se il tasso di disoccupazione si è attestato al 13% nell'ultimo trimestre dello scorso anno, nel Mezzogiorno si è superato il 21% contro meno del 9% nel Nord. Nel triennio 2012-2014, inoltre, quasi la metà dei nuovi disoccupati è stata generata nel Sud del Paese. Ma non basta: se nel biennio 2015-2016, il Pil e i consumi pro capite nel Centro-Nord sono visti tornare sopra i livelli del 2013, per il Mezzogiorno sono previsti Pil stabile e consumi per abitante sotto i livelli del 1995 di quasi un punto e mezzo percentuale.

 

Clara Rossi

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