Casinò, cda: squilibri e crisi strutturale, concordato è unica alternativa al fallimento


Per le banche la casa da gioco è in crisi «da tempo». Sugli esodati scelte «incomprensibili»

Casinò

AOSTA. Una riunione convocata d'urgenza, il neo nominato Consiglio di amministrazione che lascia, l'ipotesi che diventa sempre più concreta del concordato preventivo. Sullo sfondo, le condanne della Corte dei conti a maxi risarcimenti per i finanziamenti concessi negli anni passati. Venerdì, nell'arco di poche ore, il dossier del Casinò di Saint-Vincent subisce una svolta decisiva dalla quale emergono dati e notizie che alzano un velo forse ancora parziale sui problemi economico-finanziari della casa da gioco valdostana.

Che la società fosse in difficoltà era cosa nota e la relazione preparata in due settimane dal Consiglio di amministrazione svela, impietosa, la drammatica situazione. Una situazione di crisi «strutturale», sottolinea la relazione, causata dallo «squilibrio tra il proprio fabbisogno finanziario e le fonti di finanziamento». Il Casinò cioè non è in grado di reggersi da solo economicamente perché le uscite superano le entrate.

Il documento consegnato in Regione elenca alcuni dati, a partire dai debiti maturati nel 2018: 4,4 milioni di euro nei confronti dei fornitori e 3,9 milioni di ritenute Irpef non versati. La casa da gioco deve anche versare 880.000 euro di Iva, 335.000 euro di contributi Inps, 100.000 euro a consulenti e persino 536.000 euro per Imu e Tasi.

Già al 30 giugno una serie di indici sulla capacità di adempiere alle obbligazioni e far fronte ai debiti e sul rapporto tra indebitamento e capitale confermavano la gravità della situazione. La Casinò Spa infatti non è riuscita ad ottenere nuovi finanziamenti bancari perché «giudicata in crisi già da tempo», riporta il Cda. Nemmeno è riuscita a pagare due rate di mutui Finaosta per quasi 1 milione di euro e secondo il Cda non sarà in grado di rimborsare i prossimi 20 milioni di euro a Finaosta. Sembra «molto improbabile che, in questa situazione, la società sia in grado di provvedere, il 23 dicembre 2019, al rimborso in un'unica soluzione della quota», è infatti scritto nella relazione.

Il documento sottolinea inoltre come i due piani per la riduzione del personale siano stati abbandonati, il secondo dei quali per mancanza di liquidità. Per il CdA «è abbastanza incomprensibile come come, in poco tempo, sia stato ritenuto perseguibile ottenere il raggiungimento dell'equilibrio economico e finanziario della società con l'esodo di 90 dipendenti invece di 250 pur in presenza di una palese e costante contrazione dei ricavi».

Nella relazione è spiegato che «vista la situazione attuale di insolvenza, l'unica alternativa possibile alla soluzione concordataria sarebbe il fallimento in proprio».

Ottenuto l'incarico il 9 ottobre dopo la revoca dell'incarico all'amministratore unico Di Matteo, i tre componenti del Cda hanno preferito rassegnare le dimissioni. Se la scelta sia stata presa a causa della situazione gravissima del Casinò o se sia stata studiata in precedenza è un aspetto su cui la Procura di Aosta intende far luce.

Marco Camilli

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