Valle d'Aosta, la catastrofe della Sanità. Servono dimissioni e altre professionalità in campo

L'esempio di Psichiatria: su 15 medici previsti quelli operativi oggi sono solo quattro

 

Roberto Barmasse

Chi vi scrive, per una dolorosa sorte, si può considerare un inviato nell'inferno della sanità valdostana. Non ci sono parole per descrivere quello che quotidianamente vedo e sento. Un pronto soccorso che fa scappare anche chi entra per motivi sanitari molto seri pur di non attendere ore in un inferno che pare un film dell'orrore. Personale stremato che tenta di non soccombere. Interi reparti ospedalieri chiusi per mancanza di personale. Quelli che non possono chiudere, parliamo di Psichiatria, vanno avanti con nemmeno un terzo dei medici previsti dall'organico e senza che nemmeno il primario "alzi la voce" per chiedere ciò di cui il reparto ha disperato bisogno per operare in condizioni dignitose.

Conversando con pazienti, familiari, infermieri, medici e primari si percepisce il disagio, la stanchezza, l'insoddisfazione rivolta anche verso il governo regionale e chi, in esso, ha la responsabilità politica della sanità, l'assessore Roberto Barmasse. In questa situazione tutti sono "vittime": pazienti e lavoratori.

Ho provato più volte a intervistare l'assessore Barmasse. L'ultima, imbarazzata, risposta avuta dalla segreteria assessorile è: «L'assessore ha deciso di non rilasciare interviste».

Chi vi scrive dal gennaio 2021 è stato bandito, dopo venti anni, dalle conferenze stampa organizzate dalla Regione. La mia colpa? Fare domande che non piacciono. In un incontro con un assessore qualche giorno fa mi è stato quindi suggerito di non fare più "certe" domande. Ma come si può restare in silenzio di fronte a situazioni così gravi e alla scelta di un assessore che non vuole confrontarsi? Quando manca la capacità di ammettere le criticità dell'assessorato che segue, di avere un confronto con le persone, di andare in ospedale non solo per inaugurare statue. Allora, con la dignità e l'orgoglio che dovrebbe possedere un uomo, rimane un solo strumento: dimissioni.

 

 

Marco Camilli

 

 

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