I jihadisti pensano anche di estendere il Califfato al Libano. Esercitazioni in corso
Cresce l'influenza dell'Isis nell'area mediterranea. Il movimento fondamentalista, sotto pressione in Iraq e Siria, sta espandendo le sue operazioni in altre zone che affacciano sul mar Mediterraneo. In Libano in primis, paese che si sta preparando a dichiarare parte dello Stato Islamico. Lo riporta il Daily Star, citando fonti della sicurezza secondo le quali è in corso la formazione di un comando di Daesh per il paese dei cedri, che sarà guidato da un capo carismatico ed esperto.
Finora non sono stati fatti nomi, ma si pensa che sarà uno dei leader jihadisti che hanno conquistato di Raqqa in Siria. Per sostenere l'avanzata in Libano, peraltro, la formazione nei giorni scorsi ha organizzato alcune esercitazioni sulle montagne di Qalamun. In particolare, i guerriglieri hanno simulato attacchi "mordi e fuggi" su diversi tipi di terreno e difesa delle postazioni. Inoltre, sono state testate tecniche di avvicinamento silenzioso a installazioni nemiche. Non è chiaro da dove, come e quando; ma ciò che appare sempre più probabile è che l'attacco avverrà. Presumibilmente, uno o più gruppi di fuoco terranno impegnate le Forze di sicurezza libanesi (Laf), mentre altri – con sostegno di qualche facilitatore locale – si infiltreranno all'interno dei confini per prendere alle spalle i militari o per lanciare offensive altrove disorientando il nemico.
Parallelamente all'invasione di terra, ci sono sempre più timori che l'Isis pensi di dare il via a iniziative anche in mare. Non tanto attacchi a forze militari internazionali, ma più che altro azioni di pirateria per finanziarsi. La conferma viene da un rapporto del ministero della Difesa italiano, citato dal quotidiano britannico Daily Express, secondo cui il Mediterraneo si potrebbe “somalizzare". Nel documento si fa riferimento al fatto che Daesh ha preso il controllo di porti e imbarcazioni in Libia. Ciò fa presagire "la possibilità che si possa ripetere lo scenario che ha visto protagonista la regione marittima tra la Somalia e Aden negli ultimi dieci anni". E ancora: "barche veloci potrebbero attaccare pescherecci, navi da crociera piccoli mercantili e imbarcazioni delle guardie costiere". L'obiettivo sarebbe "catturare prigionieri da esibire in tute arancioni" e chiedere riscatti per il loro rilascio o fare pressioni sui governi dell'area.
Rispetto alla pirateria in Somalia – sconfitta grazie all'intervento militare internazionale, tra cui quello italiano nell'ambito di Euronavfor -, è che azioni di questo tipo nel Mediterraneo siano più pericolose. Ciò per due ordini di motivi: il primo è – come riferisce l'ammiraglio Chris Parry – è che i “nuovi pirati” sono maggiormente armati rispetto ai loro “colleghi somali”. Hanno missili terra-aria, pericolosi per gli elicotteri, e altri tipi di ordigni che rendono intervenire maggiormente complesso. Anche per le stesse navi Inoltre, nel Mediterraneo il traffico marittimo è sicuramente diverso a quello lungo le coste africane (rappresenta oltre il 15 per cento di quello globale). Proteggere tutte le imbarcazioni è impossibile – anche grazie ai tagli ai bilanci delle Difese - e, di conseguenza, la possibilità che l'Isis/Isil riesca a sequestrare qualche natante è molto più elevata. A queste considerazioni se ne aggiunge un'altra psicologica: per le popolazioni della Regione, venire "attaccati in casa" rappresenterebbe uno scenario inquietante, ancor più se è stato lo stesso Daesh a preannunciare l'offensiva, e le pressioni sui governi aumenterebbero quasi esponenzialmente.
Qualcosa però si sta muovendo. Soprattutto grazie all'Egitto e al suo presidente Abdel Fattah al-Sisi, che in un discorso televisivo alla nazione ha annunciato la necessità di costituire una forza armata dei paesi arabi. "È cruciale - ha affermato – creare una forza armata araba unita per contrastare il terrorismo nella regione". A questo proposito, il capo di stato ha confermato che il suo paese si è già mosso con "un attacco su 13 bersagli molto precisi sul territorio libico", in risposta alla decapitazione dei 21 cristiani copti da parte dell'Isis. Nelle operazioni aeree sono stati uccisi tra i 40 e i 50 miliziani. A ciò si è aggiunta un'incursione via terra di un gruppo di forze speciali misto composto da unità 777 e 999, che ha condotto alcuni raid a Derna per neutralizzare postazioni dei jihadisti e raccogliere informazioni di prima mano sul territorio. Nelle manovre sono stati catturati 55 miliziani e molti altri hanno perso la vita.
Clara Rossi