Riceviamo e pubblichiamo
Gentile Consigliere Ferrero,
ho letto con interesse l'intervista da Lei rilasciata al quotidiano online AostaOggi il 26 novembre 2015, e desidero condividere con Lei alcune riflessioni che mi sembrano importanti.
All'attività politica, dai tempi di Atene, sono riconosciuti una dignità e uno status che la innalzano al vertice delle occupazioni umane. All'uomo politico spetta il compito di creare le condizioni, l'ordine e le regole perché la società prosperi, un compito che fa tremare le vene ai polsi. Per adempiere a tale compito, molti politici - come forse lei stesso, a suo tempo - sospendono (o lasciano definitivamente) carriere che in molti casi sarebbero ben più lucrative. Spesso lo fanno per una tensione ideale, perché credono nella possibilità di cambiare le cose in meglio.
Uno stipendio adeguato al ruolo di un uomo politico, tra le altre cose, dovrebbe fungere da deterrente contro le tentazioni della corruzione e del malaffare. Dico dovrebbe, perché le cronache antiche e recenti dimostrano che il sistema è largamente imperfetto.
Chi nega che l'attività politica debba essere remunerata adeguatamentre, come quella di qualunque professionista, in ultima analisi nega la stessa dignità dell'amministrazione della cosa pubblica politica, riducendola a nuga, a passatempo da dilettanti. Una politica in cui lo "stipendio", l'"indennità", la "pensione" vengono demonizzati apre la strada a una classe dirigente improvvisata, senza una formazione specifica, senza competenze, sia pur legittimata dal voto popolare e magari eletta per acclamazione premendo il tasto "mi piace" su YouTube.
L'amministratore delegato e il dirigente di un'azienda dal cui operato dipendono le sorti e il lavoro di migliaia di dipendenti hanno uno stipendio, una liquidazione e una pensione adeguati alle loro responsabilità. Se a queste responsabilità essi vengono meno, o si arricchiscono alle spalle dei lavoratori, devono pagare.
Il vero problema, caro Ferrero, non è azzerare i vitalizi alle "vedove di consiglieri morti da vent'anni" [sic]: il problema è correggere il sistema perché gli abusi di potere, la corruzione, e gli altri crimini connessi alle prerogative dei politici vengano stroncati sul nascere e puniti severamente.
Lei dice, con una leggerezza quasi irresponsabile, una cosa molto grave quando, commentando la lista di nomi pubblicata su "La Stampa", afferma in modo perentorio che "si parla della classe politica che ha distrutto la Valle d'Aosta".
Mi stupisce e mi rammarica vederLa fare di tutta l'erba un fascio, in modo piuttosto semplicistico (per usare un aggettivo morbido): lei, se quello è davvero il suo pensiero, giudica con la sicurezza sfrontata di chi non sarà mai giudicato. "Quelli sono i peggiori" è una frase che speravamo di non dover sentire più, finiti gli anni delle assemblee studentesche e chiuse le finestre assordanti e volgari dei Social Network. Non è bollando un elenco di persone che Lei in parte non conosce nemmeno come "i peggiori" che risolverà qualcosa. Si può bensì – e si deve – lavorare per evitare l'accumulo di cariche (e quindi di vitalizi). Si può - e si deve - lavorare perché il consigliere che ha fatto il proprio interesse, e non quello dei cittadini, perda il diritto al vitalizio. Si può - e si deve - intervenire ridimensionando il vitalizio e commisurandolo alla durata del servizio prestato. Ma affermare draconianamente che i vitalizi "sono benefici […] illegittimi, e che andrebbero tolti a tutti" fa offesa alla Sua intelligenza prima ancora che a quella di noi cittadini. E fa anche un po' sorridere, conoscendo quanta strada separa le parole dai fatti.
Dalla lettura dei quotidiani - non i deprecabili fogli di partito, ma il "Corriere della Sera" del primo dicembre 2014 a firma di Sergio Rizzo - risulta che il proposito tanto ostentato di restituire stipendi, benefits, vitalizi, è rimasto lettera morta anche per i parlamentari del suo virtuosissimo Movimento: per fare un esempio a livello nazionale, su 19 milioni 395.218 euro e 26 centesimi a loro spettanti dal 15 marzo al 31 dicembre 2013, pare che i 106 parlamentari con le stellette abbiano rinunciato a 305.581 euro e 29 centesimi. Il che, tradotto in percentuale, vorrebbe dire che i Cinque Stelle hanno lasciato nelle casse dello Stato (bontà loro) l'uno-virgola-cinque per cento di quello che è toccato loro in totale. 1,5%. Verità? Deformazione giornalistica? Sarò lieta di leggere una sua energica e sdegnata smentita. Nell'attesa, Le racconto una storia.
Nella lista dei "pensionati d'oro" comparsi ieri su La Stampa di Aosta c'è mio nonno, Giuseppe Maquignaz, ex consigliere e ex assessore, che ha dedicato quindici anni della sua vita (1963-1978) all'esercizio di un'arte - la politica, appunto - verso cui provava una forte diffidenza, ma che considerava uno strumento fondamentale per il progresso e il benessere collettivo. Collettivo, si badi, non individuale. Se davvero Maquignaz avesse voluto "ingrassarsi", come dice lei in modo sprezzante, non avrebbe cessato la sua attività nel settore edile nel pieno del boom economico (durante il quale a Valtournenche e Breuil-Cervinia sono sorte praticamente tutte le case che può vedere oggi) per mettere le sue competenze al servizio di noi Valdostani.
Se mio nonno avesse avuto a cuore solo i suoi affari, e non quelli di una Regione intera, avrebbe semplicemente continuato a svolgere la sua professione.
Le sarò grata se vorrà informarsi sull'operato dell'assessorato guidato da Giuseppe Maquignaz. Potrebbe scoprire che, come spesso accade, la verità è più ricca di sfumature di come se la immagina Lei, o di come la vuole raccontare ai Suoi elettori – il che, nel caso specifico, non fa molta differenza.
Mio nonno, da qualche settimana, è ricoverato in ospedale, e purtroppo (o per fortuna) non può leggere i giornali. Ma so che, ascoltando le sue dichiarazioni, proverebbe un moto pacato di sdegno.
Nicole Maquignaz