Pesaro e Bolzano le città "bike friendly". Aosta ai vertici per il bike sharing
ROMA. Quella buona dozzina. Potremmo chiamarla così la squadra di città italiane bike friendly. Almeno il 15% della popolazione di Cremona, Rimini, Pisa, Padova, Novara e Forlì utilizza quotidianamente la bici per i propri spostamenti. Poi ci sono ancora Ravenna, Reggio Emilia, Treviso e Ferrara con percentuali di abitanti che preferiscono il manubrio al volante che oscilanno tra il 22% e il 27%. Per arrivare infine al top di Pesaro e Bolzano, dove circa un abitante su tre pedala per raggiungere il luogo di lavoro o di studio. Sono queste le città più a misura di bici secondo quanto emerge dall'A Bi Ci - 1° Rapporto sull'economia della bici in Italia e sulla ciclabilità nelle città - realizzato da Legambiente in collaborazione con VeloLove e GRAB+ - e presentato a Roma nel corso del Bike Summit 2017.
L'accessibilità di una città - intesa come facilità per tutta la popolazione di muoversi - non riguarda infatti solo la praticabilità e la sicurezza pedonale e ciclabile delle strade, ma anche la riappropriazione dello spazio pubblico da parte dei cittadini. Le strade sono spazi a più usi da condividere equamente tra tutti gli utenti. Il resto delle città italiane, nel complesso, non ha però seguito la strada imboccata da Pesaro e Bolzano. Si, è vero, sono state inaugurate tante nuove ciclabili, ma evidentemente sono state realizzate male, senza criterio, senza quella dovuta attenzione che dovrebbe far sì che ogni nuovo percorso per le due ruote sia capace di far crescere il numero di frequent biker.
Lo studio di Legambiente sottolinea la necessità di realizzare percorsi ciclabili sicuri e di qualità, con una forte coerenza fisica e visiva. I tracciati per le bici devono essere fatti con criterio (i punti di origine e di destinazione non devono essere casuali ma coincidenti con forti attrattori di mobilità come università, quartieri ad alta densità abitativa, stazioni ferroviarie e della metropolitane), il fondo stradale delle piste deve essere privo di difetti e irregolarità con caratteristiche tecniche che lo rendano scorrevole, gradevole e percorribile tutto l'anno (anche in caso di forti piogge). Nel disegnare nuovi itinerari si deve dare priorità a quelli che favoriscono l'intermodalità con i servizi di trasporto su ferro e altri mezzi del Tpl che consentono di salire a bordo con la bici. Alla luce di quanto appena detto, è chiaro che l'affermazione “più ciclabili non significa più ciclabilità“ non vuole essere il de profundis della ciclabile. Vuole indicare che le infrastrutture per la ciclabilità devono essere fatte con criterio e con qualità e comunque - come segnalato - all'interno di una pianificazione che guardi globalmente al sistema città piuttosto che alle sue singole componenti.
Per quanto riguarda la produzione di bici, l'Italia si conferma essere il maggior produttore, con una quota di mercato prossima al 18%. La vendita delle biciclette nel mercato nazionale unita all'export ha generato nel 2015 un giro d'affari di 488.000.000 €, a cui bisogna aggiungere quello del mercato di parti e accessori, che ha generato nello stesso anno vendite per 483.540.000 €. Il cicloturismo produce, invece, 2 miliardi di euro l'anno, mentre il bike sharing si conferma una realtà piuttosto diffusa su tutto il territorio: Milano, Brescia, Bergamo, Aosta, Pisa e Lodi superano una disponibilità media di 2 biciclette ogni 1.000 abitanti, mentre a Perugia, Palermo e Napoli sono meno di un decimo (0,2). Nell'ultimo quinquennio in Italia è cresciuto poi il mercato delle bici a pedalata assistita, anche se il trend è più contenuto rispetto a quello di altri Paesi Ue. Andare a scuola e in giro in bicicletta sin da piccoli produce benefici sia sanitari che sociali, migliora il benessere, le funzioni celebrali, diminuisce lo stress, con risultati positivi per tutta la famiglia. L'uso della bicicletta produce un risparmio sanitario pari a € 1.054.059.446 l'anno.
Clara Rossi