Domiciliari a Carcea, la Cassazione: non c'è rischio inquinamento prove

Corte di CassazioneAOSTA. Sono state depositate le motivazioni che hanno portato i giudici della Corte di Cassazione a concedere la scarcerazione a Monica Carcea, una delle persone indagate dalla Dda di Torino e dai carabinieri di Aosta nell'inchiesta Geenna sulle infiltrazioni della 'ndrangheta nelle istituzioni della Valle.

Carcea era assessore comunale a Saint-Pierre e si è dimessa dopo l'arresto avvenuto poco più di sei mesi fa. Proprio la cessazione della carica pubblica è uno dei fattori che ha convinto i giudici a concedere alla donna gli arresti domiciliari (così come disposto anche dal gip di Torino). La Suprema Corte ha poi tenuto conto dell'assenza di rischio di inquinamento delle prove visto che "gli investigatori avevano già acquisito le dichiarazioni dei funzionari comunali".

I giudici di Roma hanno inoltre smontato alcune delle conclusioni del tribunale del Riesame quando negò la scarcerazione di Carcea. Secondo il Riesame, Carcea aveva dimostrato "capacità di interlocuzione, anche spavalda" con "acclamate personalità di spicco della locale di 'ndrina operante in Valle d'Aosta" e durante gli interrogatori avrebbe mostrato la "persistente volontà di mantenere attivi i legali con gli ambienti criminali del luogo" con potenziale rischio di inquinamento delle prove. Secondo la Cassazione però quelle del Riesame sono "affermazioni sprovviste di aggancio a elementi e circostanze di fatto concrete, espressive della specifica capacità delinquenziale dell'indagata".

Inoltre nel dare l'ok ai domiciliari i giudici hanno valutato la "particolare posizione del concorrente esterno, per definizione non partecipe del sodalizio" criminale al centro delle indagini e del fatto che gli episodi oggetto di indagini risalgono a qualche anno fa (tutti prima del 2016).

 

 

 

 

 

Marco Camilli

 

 

 

 

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