Costi della politica, depositate le motivazioni delle 24 assoluzioni

 

141 pagine per spiegare la sentenza che ha coinvolto politici e funzionari di partito

TribunaleAOSTA. Sono raccolte in 141 pagine le motivazioni della sentenza di assoluzione pronunciata dal giudice del tribunale di Aosta Maurizio D'Abrusco per i 24 imputati nel processo sui cosiddetti costi della politica.

Peculato, finanziamento illecito di partiti e indebita percezione di contributi pubblici erano le accuse contestate a vario titolo dalla Procura di Aosta sulle spese effettuate nella passata legislatura da tutti i gruppi del Consiglio Valle. "Il fatto non sussiste" e "il fatto non costituisce reato" le formule utilizzate dal giudice.

Per l'accusa di peculato, D'Abrusco ha valutato la mancanza di giustificazioni delle spese oggetto della contestazione e la relativa legge che non prevede obblighi di presentare o conservare la documentazione. "In assenza di un obbligo di rendicontazione vero e proprio", scrive il giudice, e "in mancanza di elementi fattuali, nel senso della leicità o illeicità della spesa, non può risolversi in danno dell'imputato, ai fini della affermazione penale della responsailità per il reato".

Uno degli episodi più particolari emersi dalle carte della Procura era il biglietto aereo pagato dall'ex Pdl Massimo Lattanzi alla moglie. In questo caso il giudice ha ritenuto di "escludere una reale volontà di appropriazione di denaro pubblico" considerata "l'esiguità della spesa" (232 euro poi restituiti) "unitamente al contesto" ed alle "ragioni di viaggio". Si è trattato di una "grave e odiosa negligenza", scrive sempre il giu dice, che ad ogni modo "non vale ad integrare il dolo di peculato".

Altra questione era il finanziamento ai giornali di partito. "Nessuna norma penale vieta e sanziona il finanziamento dei giornali di partito", afferma D'Abrusco. Quanto allo spazio riservato ai gruppi sui giornali, uno degli aspetti su cui si era soffermata la Procura, le motivazioni della sentenza spiegano che "è inammissibile, in quanto pericolosamente antidemocratico oltre che incostituzionale, che si pretenda di attribuire una qualche valenza penalisticamente rilevante alle opinabili valutazioni della quantità di spazio, della qualità e della natura di contenuti riservati ai gruppi".

Infine sui rimborsi previdenziali dei consiglieri del PD accusati di peculato, secondo il giudice "i consiglieri maturavano nei confronti del partito un credito al rimborso degli oneri fiscali e previdenziali" in quanto "versavano al partito, in virtù di previsione statutaria, buona parte dell'indennità di carica, cosicché il partito si obbligava a versare i costi di natura assicurativa, previdenziale e fiscale sostenuti dai consiglieri durante il mandato". Anche in questo caso quindi non c'è stato reato.

 

redazione

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