Per ridurre i tempi di attesa dei processi, non per migliorare la Giustizia

Riceviamo e pubblichiamo

 

Con il clamore della solennità più celebrativa, il Presidente del Tribunale e il Procuratore capo della Valle di Aosta hanno annunciato, nella ricorrenza della festa della donna, e quindi delle madri,  l'8 marzo, l'entrata in vigore di un protocollo d'intesa tra Tribunale e Procura per coordinare le rispettive attività nelle separazioni e negli affidi, al fine di ridurre i tempi dei procedimenti nel contenzioso familiare.

"Il Tribunale - ha annunciato il Presidente dott. Gramola - in particolare chi si occupa di famiglia, venga a conoscenza dei provvedimenti emessi dal Gip su richiesta della Procura. ... abbiamo tutto l'interesse a sapere cosa è successo nel profilo penale … possiamo emettere provvedimenti che hanno fondamenti più solidi e precisi, con tutto quello che consegue in ordine alla qualità del pronunciamento".

Il P.M, titolare del Dipartimento d'indagini su Codice rosso, date le dimensioni e l'organizzazione dell'ufficio da lui diretto, propone di ridurre i tempi a tre mesi e, addirittura con udienze a 45 giorni, rispettando i termini necessari per le notifiche e per l'opportuna costituzione di tutte le parti del giudizio".

Non possiamo che congratularci con i buoni propositi della Magistratura di Aosta, ma non sappiamo se i propositi abbiano veramente svegliato l'interesse della Giustizia o se questa non nasconda gli effetti rimarcati dall' ispezione ministeriale avvenuta tra giugno e luglio 2018.

Conoscendo il passo e il tratto della Giustizia italiana pensiamo che la proposta del Protocollo sia invece scaturita dalla ispezione ministeriale che ha sottoposto ai raggi x l'attività del tribunale valdostano nel periodo 1° aprile 2013-31 marzo 2018. La relazione degli Ispettori, pubblicata sul web, conclusa tra giugno e luglio 2018 non appare "rosea". Di conseguenza appare presumibile che sia sorta la necessità di organizzarsi coerentemente con le esigenze di efficienza dei tempi al meglio dei risultati da certificare nella prossima visita ispettiva. E quale il settore da tenere sotto pressione? Per Tribunale e Procura risulta il contenzioso familiare, i figli, i padri violenti, le donne maltrattate, la famiglia. Qui si è appuntato l'impegno. Il solito Protocollo, divenuto ormai strumento di facile uso nelle pratiche giudiziarie, viene in soccorso delle manchevolezze, dei ritardi, il tappabuchi di occasione.

Tornano in mente i vecchi e cronici problemi della Giustizia valdostana la cui bilancia spesso, troppo spesso, non è immune da soluzioni di genere ed appare poco equa e rispettosa degli inalienabili diritti del cittadino. I diritti dei perseguitati, come sempre, entrano nella fucina di lavoro per essere sottoposti al ritmo alternato delle mazzate degli operatori che battono il ferro da temprare, appena estratto dalla forgia dei carboni accesi. In otto punti scritti Procura e Tribunale si accordano su metodo e azione per giungere ad una decisione rapida nelle questioni dei litigi familiari. Il Protocollo stipulato il I ottobre 2019, superato il periodo pandemico del 2020, vede la luce colorata 1'8 marzo 2021, giornata memorata con canti, suoni e fiore di mimosa. Con grande enfasi si annuncia l'accordo. Con tanti dubbi il cittadino interessato ne attende le conseguenze. La data dell'8 marzo non lascia dubbi! Il segnale di Tribunale e Procura preannuncia tempi peggiori per il genere maschile!
Il tema dell'unità, tanto caro, in questo momento di Covid, al Governo e alle Autorità internazionali, troverà la Giustizia pronta, adeguata e coerente per tenere insieme doveri dei genitori e diritti della famiglia secondo il dettato dei codici? Sarà capace la Giustizia Valdostana di penetrare nella sensibilità del momento e "sputtanare" le denunce false e strumentali per colpire l'altro genitore, più debole e meno favorito, al fine di impedirgli di esercitare il proprio diritto di genitore? Ai posteri l'ardua sentenza!

Il protocollo, secondo la giustizia Valdostana, sarà lo strumento per contribuire a risolvere in tempi brevi, e "per la buona pace familiare" un conflitto che nasce in pregresse situazioni di dissapori e incomprensioni, in cui le istituzioni e i servizi pubblici, tutte regolarmente pagate, non hanno saputo affrontarle e se sono intervenuti, lo hanno fatto con le peggiori modalità e condizioni. Quando la conclusione del giudizio, nel contenzioso della separazione, è favorevole ad uno dei contendenti, dobbiamo solo prendere atto che quella vertenza è costata una montagna di soldi, i figli hanno perduto il punto di riferimento sociale del genitore più accreditato e lo Stato ha fallito. Il famoso Protocollo apparirà nient'altro che lo strumento che ha salvaguardato la faccia di Tribunale e Procura dalle ispezioni ministeriali, ma non è valso a risolvere i drammatici aspetti della famiglia separata, dei figli rimasti soli, delle conseguenze dei suicidi, stranamente solo dei padri, e non ha risposto al più grande dei problemi, quello di fare gli interessi soprattutto dei minori. Il Protocollo ha salvato la faccia pubblica della Giustizia dalle critiche per i ritardi e incongruenze tra i giudicanti.

Il Protocollo, per una giustizia più efficiente secondo le aspettative ministeriali, in una circoscrizione che conta poco più di 135 mila abitanti, appare oltremodo incomprensibile, tenendo conto di dati e situazioni che si contano sulle punte delle dita. Una riflessione è d'obbligo: o i padri sono tutti bugiardi, violenti e prevaricatori, oppure le madri sono sempre senza il peccato d'origine e si portano dentro il metodo collaudato della storica mela.

Maggior coordinamento nelle azioni tra Tribunale e Procura, questa la finalità! Vuol dire migliore e più combinata utilizzazione delle notizie di reato e di indagine ai fini del processo civile. Sempre che le attività abbiano seguito procedimenti esaustivi, non di colore o di protezione. Il principio di pari opportunità ha superato le differenze di genere, i colori delle panchine, in un'epoca in cui la cultura ha assunto un grado di validità e di garanzia istituzionale nel massimo rispetto della donna con Cartabia ministro della Giustizia, già Presidente della Corte costituzionale. Al ministro Cartabia chiediamo di approfondire l'argomento del Protocollo, troppo spesso utilizzato da Tribunali e Procure per riempire difetti di procedure che riguardano adempimenti, ritardi e malfunzionamenti organizzativi. La macchina della Giustizia non ha bisogno di Protocolli per funzionare, ma di una diversa, moderna e aggiornata cultura di "amministrazione", applicata al processo, senza differenze di colori. In uno Stato di diritto è il Diritto a segnare il corollario della Giustizia uguale per tutti, non i Protocolli.

 

avv. Gerardo Spira

 

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