Amministratore di sostegno per i figli: un business sulla pelle dei più fragili

 

Corte di CassazioneLa Cassazione interviene sulla nomina dell'amministratore di sostegno e puntualizza che "l'amministrazione di sostegno non può essere un rimedio alternativo per la risoluzione di conflitti endofamiliari di natura patrimoniale, che possono essere risolti agendo secondo le specifiche azioni di tutela della proprietà" e che "va esclusa la nomina dell'amministratore di sostegno se il beneficiario può contare sulla protezione di una rete familiare. Il giudice, pertanto, è tenuto a indagare sulla possibilità di garantire una funzione vicaria (del beneficiario) nella gestione del patrimonio". (Cassazione civ. ordinanza n. 21887 del 11 luglio 2022). L'ordinanza, inserita tra le massime della Cassazione civile, fa giurisprudenza ed è stata emessa a seguito di un ricorso dell'avv. Francesco Miraglia che difendeva una professoressa ed artista alla quale la sorella aveva imposto un amministratore di sostegno.

Il Tribunale di Aosta, tramite il giudice tutelare, ha decretato la nomina di un amministratore di sostegno per un ragazzo maggiorenne (in grado di lavorare, una volta inserito nelle liste speciali regionali), così come chiesto dall'assessorato alla salute, sanità e politiche sociali, su sollecitazione dell'assistente sociale, le cui argomentazioni non giustificano la fretta con cui non si è permesso il contraddittorio, come chiedeva invece la difesa del padre.

I tre figli (uno minorenne, l'altro maggiorenne, ma con invalidità civile, l'altro ancora maggiorenne ed in cerca di una stabile occupazione), nonostante siano stati collocati presso la madre cui è stata assegnata la casa coniugale (edilizia popolare), telefonano continuamente al padre perché hanno fame e non hanno nulla da mangiare. La madre, come sua consuetudine, quando non chatta è fuori casa, lasciandoli soli. Il padre interviene in loro soccorso con gli alimenti e spesso, sempre su loro sollecitazione, deve provvedere ad acquistare continuamente la biancheria intima che, poi, stranamente sparisce o viene buttata via.

La madre, pur godendo di ottima salute, rifiuta da sempre il lavoro, trascorre il proprio tempo a chattare e si assenta da casa per molte ore. Per vivere utilizza la pensione del figlio e tutti i contributi pubblici e privati percepiti, arrivando perfino a “togliere” i pochi soldi che il figlio più grande percepisce come rimborso spese, come asserisce l'a.s.. Il padre, per evitare che la pensione del figlio venisse dissipata per fini diversi, ha attivato una carta di prepagata con iban del figlio, dove l'ente erogatore versa la pensione e così, detratte le spese personali, accumula una somma per il suo futuro. La madre, visto che non le veniva più accreditata la pensione sul suo c/c, è ricorsa all'assistente sociale, sempre disposta a condividere acriticamente le sue lagnanze, pur sapendo che non sono veritiere. Da qui la relazione dell'a.s., con la quale chiede la nomina di un amministratore di sostegno - quella dell'apparato regionale - e che la pensione venga data alla madre per mandare avanti la famiglia.

La solerte assistente dovrebbe sapere che la pensione sociale è per il figlio disabile e non per surrogare la distratta madre che vive di espedienti, su cui, invece, servirebbero accertamenti. Il padre, che ha sempre seguito i figli e provveduto ai loro bisogni (mentre la madre "inseguiva il cellulare"), è ritenuto dal servizio sociale e dalla Regione non idoneo ad amministrare la pensione del figlio per la conflittualità esistente tra i genitori (conflittualità alimentata esclusivamente della madre, che vuole gestire i soldi dei figli).

A seguito della segnalazione dell'a.s., concordata con la dirigenza dell'assessorato che rivolge istanza al giudice tutelare, viene aperto il procedimento, senza notificare nulla al padre contrario alla nomina dell'amministratore di sostegno.

I decreti di fissazione delle prime tre udienze non vengono notificate padre, ma la funzionaria regionale era sempre presente. Quando al padre è stato detto che doveva andare dal giudice tutelare a firmare la nomina, lo stesso si è attivato con la nomina di un proprio legale. Quest'ultimo, la sera precedente la quarta udienza, non ha potuto avere accesso al fascicolo e per questo, tramite un suo sostituto, ha chiesto un rinvio dell'udienza e la possibilità di depositare una memoria difensiva. Il giudice ha rigettato le richieste e non ha permesso il contraddittorio, ha ascoltato il minore a porte chiuse e senza la presenza dei legali. In pochi secondi, senza farne il verbale e incurante dell'opposizione paterna, ha affermato che il figlio era d'accordo con la nomina dell'amministratore di sostegno.

La Cassazione, come sopra esposto, pone paletti ben precisi: la nomina dell'amministratore di sostegno non può esserci se fatta per conflitti economici endofamiliari e se esiste una protezione della rete familiare, sulle cui disponibilità il giudice deve fare accertamenti. Ma ad Aosta certe cose non contano.

Forse, e lo diciamo con amarezza, questa giustizia non è più tollerabile e non si può continuare a sprecare i soldi di tutti, poiché nominare il padre amministratore di sostegno non sarebbe costato nulla alla comunità. Sarebbe giusto sapere, visto che il giudice non l'ha fatto, quanto costa alla collettività questo incarico e a quanto ammonta lo stipendio mensile dell'amministratore di sostegno (che segue anche altri casi) al libro paga della Regione, compresi gli extra ovviamente. La sintonia tra i servizi sociali, la Regione e il tribunale lascia perplessi tanti genitori separati, perché i ruoli sono sempre separati e diversi.

Chiedere trasparenza è un diritto e rispondere è un dovere civico.

 

Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps), contatti: tl. 347.6504095, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., genitoriseparati.it.

 

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