Patto sui compensi tra avvocato e cliente: lo devono sempre rispettare anche i giudici

 


GiustiziaLa Suprema Corte di Cassazione è tornata nuovamente sull’eventuale patto che avvocato e cliente hanno stipulato e sottoscritto al momento del conferimento dell’incarico al professionista, per ribadire, con l’ordinanza n. 33053/2022 del 9.11.2022, la priorità dell’accordo sottoscritto tra le parti rispetto alle tariffe ed agli usi, così come sancito dall’art. 2233 c.c. Solo se l’accordo non è stato sottoscritto dalle parti, il giudice, nel liquidare il compenso del legale, può fare ricorso ai parametri stabiliti con decreto ministeriale e – ma solo in questo caso - può sindacare sul quantum in base all'importanza della attività svolta dal professionista e al decoro della professione.

Esistono le tariffe professionali, approvate con decreto ministeriale (il recente tariffario nazionale risale al settembre 2022), il cliente “contratta” con l’avvocato le tariffe al fine di evitare spiacevoli sorprese al momento della presentazione dei compensi richiesti. Il patto deve prevedere specificatamente i costi delle singole azioni che il procedimento potrebbe richiedere e verrà conteggiato, in base al tariffario dettagliato concordato, solo il lavoro svolto. Oltre alle amare sorprese, si evitano diatribe che vedono sempre soccombente il cliente e si opera nella massima trasparenza, poiché il legale deve, di volta in volta, elencare il lavoro svolto e far riferimento alle cifre pattuite nel patto sottoscritto. Il cliente, in qualsiasi momento, conosce con chiarezza quanto il legale ancora deve avere.

Purtroppo solo raramente c’è un patto sottoscritto e, di conseguenza vincolante per l’avvocato e il cliente, poiché tantissimi professionisti, di fatto, si rifiutano di presentare il tariffario relativo al procedimento e rassicurano il cliente dicendogli che, ad esempio, sono esperti di diritto di famiglia e minorile e che praticano solo le tariffe minime, che conteggiano solo alcuni interventi e che il disorientato cliente potrà pagare comodamente (a rate) la somma che il professionista richiederà, non ora, ma dopo la sentenza.

Alcuni legali, con disinvoltura e con accattivante sorriso, si affrettano ad aggiungere che, senza contratti sottoscritti, il cliente può evitare di pagare l’Iva al 22% e la cassa di previdenza degli avvocati – pari al 4% della somma dell’onorario e del rimborso spese forfettario (pari, a sua volta, al 15% dell’onorario) – riducendo di un quarto il conto finale, cioè oltre il 26% dell’importo totale ivato che, come si preoccupa di sottolineare l’avvocato, non va in tasca a lui e che il cliente, comunque, non può scaricare nella dichiarazione dei redditi. A questa somma, il legale fa intendere che potrebbe togliere circa un altro quarto del suo compenso (per il venir meno degli oneri fiscali).

Ironia della sorte (o, meglio, conseguenza della superficialità e del pressapochismo del cliente), alla fine del processo arriva la notula talvolta con iperboliche cifre che il malcapitato cliente non riesce a pagare, ma che, però, dovrà onorare (pagare), poiché le sue eventuali contestazioni al foro di appartenenza del legale difficilmente modificano in modo sostanziale la somma richiesta.

Chi ha necessità dell’assistenza legale per procedimenti di affido, separazione e divorzio deve pretendere un contratto con il legale che intende scegliere e, in mancanza di un dettagliato patto sottoscritto (da ambedue), non deve dare l’incarico a quel professionista, poiché gli accordi orali, o le comunicazioni tramite email o messaggi telefonici, in caso di contenzioso, non hanno alcun valore. Anche se si fa riferimento alle tariffe nazionali, occorre stabile quale tipologia di tariffe viene applicata (minima, media, massima). I sorrisi amichevoli del legale non sempre vanno a buon fine, poiché, come dicevano i nostri vecchi, l’avvocato vince sempre, sei tu che molto spesso perdi. L’avvocato, indipendentemente dall’esito della causa, il suo compenso lo vuole sempre.

Il patto avvocato-cliente funziona e le somme pattuite possono essere inferiori alle tariffe nazionali, rispetto alle quali molti legali prevedono una cifra molto contenuta, in caso negativo dell’esito della causa, mentre ne prevedono una quota maggiorata in caso di esito positivo. Una formula che aiuta molto i separati, sempre a corto di soldi. La vittoria fa, poi, risparmiare loro molto sul compenso del legale (se questi riesce a recuperare l’onorario dovuto dalla controparte) e sulle spese di mantenimento, a vario titolo previste o richieste dal genitore più forte, che è quasi sempre la madre.

In Valle d’Aosta, i patti sottoscritti legali-clienti sono molto rari e il genitore (quasi sempre il padre) che non lo pretende si espone a richieste esose e non sempre plausibili. L’ingenuità non esiste e ciascuno dovrà poi accettare le cifre che il professionista gli chiede. Chiunque non ha un accordo tariffario sottoscritto può immediatamente richiederlo al proprio avvocato per l’attività legale ancora da svolgere. Farlo vuol dire proteggere i propri figli, la cui esistenza è spesso travagliata dalla mancanza di risorse economiche da parte del genitore non collocatario.

 

Ubaldo Valentini
Presidente dell’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps) -
Contatti: tel. 347.6504095, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., genitoriseparati.it

 

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