Vademecum affido figli minori

 

I tribunali, durante l’affido dei minori e nei ricorsi per la modifica del provvedimento di affido, troppo spesso (quasi sempre), penalizzano i diritti genitoriali del padre per ancestrali pregiudizi culturali nei suoi confronti e per non dispiacere alle forti lobby di genere oppure – ipotesi da non sottovalutare - per “velocizzare” il procedimento e non leggere, così, troppe carte. Lobby sostenute acriticamente da troppe forze politiche, che difficilmente riescono a distinguere i reati di genere dalle ideologie fondate su quest’ultimi per ottenere tutto e il contrario di tutto.

Occorre chiarezza sia da parte del tribunale sia dalle forze politiche che dai legali, i quali, troppo spesso, sono di supporto alla logica istituzionale discriminatoria del padre. Sul palese e frequente oltraggio alla paternità non interviene nemmeno l’ordine locale degli avvocati e nemmeno si organizzano convegni e dibattiti per far emergere la distorta applicazione del diritto minorile e del diritto di famiglia nel locale tribunale. Questo silenzio non aiuta i genitori, emarginati dai figli e lasciati soli da tutti, ad aprire un pubblico dibattito sull’operato delle istituzioni a cui compete la tutela dei minori (leggasi tribunali e servizi sociali) per riportare equità di trattamento tra i due genitori, senza preferenze e nel rispetto dei minori che hanno il diritto della reale bigenitorialità.

La discriminazione del padre si interrompe (o meglio si riduce) solo quando i genitori non più conviventi avranno il coraggio di pretendere – sia dai loro avvocati che dai giudici - il rispetto dei diritti genitoriali, chiedendo un affido equo e paritetico.
I legali, invece di pretendere le pari opportunità genitoriali del/la proprio/a assistito/a, troppo spesso cercano di scoraggiare il genitore assistito a pretendere le sue giuste richieste, perché, a suo dire, il tribunale non concede quello che il padre ha diritto di ottenere dell’affido. Insistere, dice il “premuroso” legale al cliente, indispone il giudice. Cioè, non conta il diritto civile e la giurisprudenza, ma l’umore del giudice! Per fortuna non tutti i giudici si comportano così. Non mancano anche informazioni del legale inesatte, forse volutamente, ma, talvolta, anche per “ignoranza” del diritto e della vasta dottrina e giurisprudenza.
La maggior parte degli avvocati non vogliono contrapporsi al giudice e finiscono per condizionare il cliente a non chiedere ciò che, invece, è un suo diritto. D’altronde, il genitore non è un esperto di legge ed è facilmente influenzabile dal legale a cui si affida – talvolta inopportunamente - che, poi, paga anche saporitamente e anche in nero per tutta o gran parte della somma richiesta. Non mancano però eccezioni.

Al genitore non resta che informarsi sui suoi diritti e pretendere, come legge prevede, il preventivo scritto sugli onorari che verranno praticati e pretesi e, cosa importante, pretendere la fattura della prestazione pagata, anche se il legale, per convincerlo a pagarlo in nero, gli prospetta il risparmio dell’iva, senza dirgli, però, che sulla somma a nero lui risparmia dal 35% in su sull’Irpef, cioè oltre un terzo della somma versata. Molti legali, invece, hanno i regimi fiscali agevolati ed hanno diritto a non applicare l’iva. Così, il legale guadagna anche le tasse non versate.

Indipendentemente dall’entrata in vigore della principale tra le nuove procedure civili negli affidi, nelle separazioni e divorzi, a partire dal 1° marzo, restano fermi i diritti del genitore, che qui riportiamo.

Affido condiviso paritario

L’affido condiviso paritario non è una benevola elargizione del giudice, ma un diritto inalienabile, previsto dal 2006, con la legge n. 54. Molti tribunali italiani non concedono più la collocazione prevalente dei figli presso un solo genitore (quasi sempre la madre), ma dispongono la loro collocazione paritaria presso ambedue i genitori. La casa familiare/coniugale, trascorrendo i minori lo stesso tempo con ciascun genitore, resterà nella disponibilità dei legittimi proprietari (cioè, non verrà assegnata a nessuno). Non è più previsto l’assegno di mantenimento per i figli, poiché ciascun genitore provvederà a loro direttamente quando sono con lui.

E’ opportuno, però, nel provvedimento di affido dei minori, prevedere un utilizzo congiunto dell’assegno unico per le spese costose ordinarie oppure, dettagliatamente individuate di comune accordo con i genitori, inserirle tra quelle straordinarie, da ripartire rigorosamente al 50%.

Non ha senso parlare di compensazioni nel mantenimento in favore di quello economicamente più debole, poiché tutti sappiamo che molte dichiarazioni dei redditi sono infedeli e che esiste un vasto giro di lavoro non dichiarato, soprattutto da parte di molte madri.

E’ doveroso sottolineare che il mantenimento dei figli è un dovere per ambedue i genitori, previsto dall’art. 30 della Costituzione e dal codice civile, e ciascun genitore deve attivarsi per lavorare e mantenere, pro quota, i figli, fatta eccezione per chi ha difficoltà psico-fisiche e, in questo caso, può intervenire il contributo dell’altro genitore. Il lavoro, in Italia, non manca, come tutti sappiamo.

Con amarezza dobbiamo constatare che, nei ricorsi presentati al tribunale, il legale non chiede il motivato affido paritario dei minori e, dinnanzi al giudice, non sostiene con fermezza il rispetto del diritto genitoriale, anche quando il giudice non vuole sentirne parlare, per prevenzione culturale o per improvvida fretta nel chiudere il procedimento.

Affido condiviso con collocazione del figlio presso un genitore

In tutti i casi in cui non è possibile l’affido paritario, per documentate ed insuperabili difficoltà, resta la tradizionale forma dell’affido congiunto. Ma con equità tra i due genitori e, precisamente:

  1. collocazione del minore, nell’ambito dell’affido condiviso, presso un genitore, ma con ampia permanenza, presso l’altro, se non esistono ragioni ostative;
  2. l’assegno di mantenimento per il figlio deve essere previsto anche a carico del genitore collocatario e calcolato in base ai redditi effettivamente percepiti, compresi quelli non dichiarati e, se segnalati da controparte, il giudice deve disporre subito gli accertamenti di propria competenza, anche delegandola alle istituzioni competenti, prima che venga determinata l’entità di base, che, si ripete, dovrà essere identica per ambedue i genitori (o ripartito in misura diversa, se un genitore ha un reddito effettivo, non semplicemente dichiarato, di gran lunga superiore a quello dell’altro), mentre eventuali differenziazioni saranno determinate in base al tempo in cui il figlio sta con ciascun genitore. L’assegno di mantenimento non può essere un mascherato mantenimento della madre né un sussidio alla madre baby-sitter.
    Nella determinazione dell’entità dell’assegno di mantenimento si deve tener conto dei nuovi contesti familiari (due famiglie, ma non più una) e non si può più guardare al tenore di vita goduto in precedenza dal minore (in costanza di convivenza con entrambi i genitori), cioè quando la famiglia era una. Il giudice, poi, deve rapportare l’assegno (da dividere tra i due genitori) al costo reale di un figlio nella società in cui è inserito, altrimenti si falsificano tutti i parametri di riferimento a scapito di un solo genitore.
    Il provvedimento di affido dovrebbe prevedere (proprio al fine di cercare di ridurre la potenziale conflittualità futura) che l’utilizzo dell’assegno di mantenimento deve essere dettagliatamente documentato al genitore obbligato.
  3. La casa coniugale o familiare non può essere assegnata gratuitamente al genitore a cui sono collocati i figli ed ignorare, poi, nei fatti la proprietà dell’abitazione, cioè se è di ambedue i genitori o di uno solo, se in locazione privata o se appartiene all’edilizia pubblica, se acquistata prima della convivenza o se di proprietà dei nonni o altri parenti, che l’hanno data, di fatto, alla coppia (magari, anche con un contratto di comodato d’uso gratuito), che, però, ora non vivrà più in maniera unita.
    Le utenze, come la manutenzione ordinaria, da subito, devono essere espressamente poste a carico dell’assegnatario nel provvedimento di affido dei minori e, quando la proprietà è del genitore non assegnatario, il genitore non può ospitare, di fatto, abitualmente il compagno/compagna o altre persone, poiché la casa è assegnata ai figli. Se l’affidataria/o non rispetta tale prescrizione (che deve essere riportato anche nel provvedimento), viene meno l’assegnazione stessa.
    Nell’assegno di mantenimento (di ambedue i genitori) deve essere previsto, come legge prevede, una riduzione pari alla quota di locazione (secondo il mercato locale) dell’abitazione di spettanza all’obbligato quando è proprietario esclusivo o parziale. La legge prevede tutto ciò, ma i giudici sono spesso distratti e il ruolo del legale è quello di pretenderne il rispetto (cioè, la relativa applicazione).
  4. I servizi sociali delegati dal tribunale per riferire – senza proporre soluzioni di affido, come, invece, abitualmente ed arbitrariamente fanno – al giudice la situazione familiare dei minori, devono avere un incarico, vincolato ai fini dell’indagine, a tempi, a modi, luoghi ed obiettivi da rispettare e supportato dalle relative videoregistrazioni degli incontri previsti con i minori, i loro genitori, la scuola ed i familiari.
    I servizi sociali dipendono dall’ente pubblico, che li paga (regione o altro ente locale), ma non dal tribunale e, di conseguenza, devono rispettare la legge sulla pubblica amministrazione (anche quando dipendono da una struttura privata, ma svolgono un servizio pubblico), ma non possono sostituire i giudici nelle loro specifiche ed inalienabili competenze giuridiche e scientifiche.
    Le loro relazioni possono essere messe in discussione dal genitore che si ritiene penalizzato (l’esercizio del diritto al contraddittorio serve anche a questo) e il legale che materialmente formula la contestazione non può essere ritenuto un ostacolo alla giustizia, come accade nei piccoli tribunali, come quello di Aosta, la cui esistenza non è sempre giustificabile, ed essere segnalato, poi, all’ordine degli avvocati di appartenenza (con conseguente trasmissione dei relativi atti e documenti di supporto alla segnalazione), che, a sua volta, trasmette il tutto al consiglio distrettuale di disciplina e quest’ultimo, infine, sistematicamente ribadisce il diritto inalienabile alla difesa dell’assistito (anche quando la segnalazione è stata fatta da un magistrato, con o senza input del servizio sociale e/o psicologico/psichiatrico a cui è stato delegato il percorso).
    La segnalazione, l’esposto e/o quant’altro vengono fatti perché si contesta la mancata oggettività dei fatti riportati nelle relazioni e non si comprende come il tribunale possa ignorare questa pericolosa inadempienza/negligenza del servizio (sociale, psicologico e/o psichiatrico) incaricato.
  5. Audizione del minore fatta direttamente dal giudice prima della determinazione dei tempi di permanenza con il genitore non collocatario per conoscere le sue aspettative di frequentazione del genitore con cui non vive più. Se, durante l’audizione, emerge una manipolazione e/o la conseguente alienazione del minore da parte del genitore collocatario nei confronti dell’altro, la cassazione ci ricorda che il giudice ha l’obbligo di fare gli accertamenti di propria competenza (eventualmente delegando, anche solo in parte, anche le altre istituzioni competenti) e, in caso di conferma anche delle denunce del genitore spesso rifiutato, prendere drastici provvedimenti, anche economici, nei confronti del genitore manipolatore.
    Naturalmente, l’avvocato ha il diritto di chiedere al giudice di poter essere presente durante l’audizione e di far fare delle domande al figlio e/o di approfondire determinate questioni.
  6. Le spese straordinarie, per prevenire possibili abusi da parte del genitore collocatario, devono essere tutte, nessuna esclusa, preventivamente autorizzate in modo tracciabile. In caso di vera emergenza, l’altro genitore deve essere contattato telefonicamente o, nella impossibilità di relazionarsi con lui, vengono effettuate dal genitore con cui si trova, ma solo in caso di pericolo di vita.

 

L’addebito della separazione è previsto dal codice civile e la giurisprudenza ne determina la casistica, ma solo raramente viene concesso per la debole opposizione del difensore e/o di chi ne può vantare l’applicazione.

Certo, per pretendere e ottenere tutto ciò, occorre la chiara volontà del genitore di porre al centro delle controversie familiari la tutela del minore e di cambiare le proprie abitudini per non sradicare il figlio dal contesto sociale e naturale, parentale e amicale dove è nato ed è sempre vissuto. La troppa distanza tra i due genitori non favorisce la bigenitorialità per i figli e la co-genitorialità tra i genitori.

 

Ubaldo Valentini  Presidente dell’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps) -
Contatti: tel. 347.6504095, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., www.genitoriseparati.it

 

 

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