Corsi sulla genitorialità non condivisa

Esiste, tra i genitori non più conviventi, una forte preoccupazione per non poter più esercitare il loro fondamentale diritto ad essere educatori dei propri figli, a causa della imposizione di un distorto loro affido, penalizzante milioni di padri, non tutelati giuridicamente dalla superficiale applicazione della relativa legge, sia con l’“invenzione” della collocazione prevalete dei minori ad un genitore (leggasi la madre, che significa anche non riconoscere il diritto alla bigenitorialità dei figli), sia per l’incomprensibile ritrosia dei giudici a concedere il condiviso in modalità paritaria, sia per l’influenza (o, meglio, prepotenza) dei servizi sociali, sempre più coinvolti dai magistrati a mansioni che non competono loro per la mancanza della necessaria competenza culturale e giuridica.

Si è padri ogni giorno, ma non solo di tanto in tanto, a discrezione (più che altro a discriminazione) di chi è chiamato a tutelare il superiore interesse del minore. Le preoccupazioni di tantissimi genitori, che non rinunciano al proprio ruolo, sono più che comprensibili alla luce delle crescenti devianze (o potenzialmente tali) giovanili e al loro ruolo marginale nella crescita dei figli.

Alcuni genitori, ritenendosi impotenti dinnanzi alle istituzioni a tutelare i reali interessi dei propri figli, finiscono per rinunciare alla genitorialità, anche perché sono stati ridotti alla miseria e non hanno risorse economiche per pagare un difensore, al contrario della controparte, che, invece, per l’inerzia di chi dovrebbe controllare, beneficia di un reddito non dichiarato e, quindi, può contare sul patrocinio a spese dello Stato, permettendosi, così, talvolta su suggerimento del proprio legale, di inventarsi pure violazioni penali inesistenti.

Vedendosi risicati i tempi di permanenza con i figli, nel genitore attento ai loro bisogni e preoccupato per la sua forzata assenza con loro, per le discriminazioni proibite (contra-legem), operate da coloro che amministrano in modo “sbrigativo” la legge minorile, nasce forte la preoccupazione di non poter incidere sulla crescita equilibrata e rispettosa dei valori sociali dei propri figli. E’ vero, ci sono anche genitori poco disposti a svolgere il proprio ruolo genitoriale, ma la giustizia non li richiama nè li educa, negando loro la possibilità di stare in modo significativo con la prole.

I santoni della psicologia infantile predicano che, nell’educazione dei figli separati da un genitore, non conta il tempo trascorso con loro, adducendo sovente anche l’esempio dei padri che non possono restare quotidianamente con i figli, perché lavorano fuori, lontano dalla città di residenza. Questa evenienza, però, non è la stessa circostanza, poiché lì c’è una emergenza e il rapporto di mancata presenza di un genitore nella vita ordinaria dei figli è ben motivata e compresa, crescendo, dai figli stessi. Con l’affido, di fatto monogenitoriale e punitivo verso un genitore, le cose cambiano, perché sono i minori stessi a constatare l’assurdità della privazione del padre (essendo la collocazione prevalente concessa quasi sempre alla madre, indipendentemente delle competenze genitoriali paterne), che finiscono per scegliere la strada piuttosto che le aule della scuola, per la mancanza, nella loro quotidianità, di una figura genitoriale di riferimento stabile e accettata, che possa guidare i propri figli nella formazione della loro personalità.

Il genitore, per incidere nella formazione dei figli, ha necessità di trascorre in modo significativo il tempo con loro per trasmettergli anche l’esempio dei suoi comportamenti, che, spesso, sono più importanti dei consigli, che potrebbero essere, per loro, non testimonianza, ma possibili parole al vento.

Il problema dei minori con genitori non più conviventi è reale ed urgente e, in attesa di una dovuta inversione nella gestione giudiziaria e sociale (affido) dei minori, occorre dare al genitore che trascorre pochissimo e incerto (per la violazione delle decisioni del tribunale da parte della collocataria) tempo con i propri figli, strumenti culturali idonei per poter ugualmente, anche se, ovviamente, in modo parziale, incidere nella loro crescita psico-fisica e culturale. Per farlo occorre predisporre corsi specifici, come fanno tantissimi enti locali, per i quali la tutela dei minori è una priorità per acquisire capacità psicologiche e pedagogiche, per essere un supporto stabile e credibile nella formazione a 360° dei minori che vivono l’anomala situazione familiare.

I Corsi finalizzati all’esercizio della genitorialità da parte dei genitori non più conviventi devono avere precise caratteristiche: competenza dei relatori, informazione sui diritti genitoriali, trasparenza e volontà di ridimensionare l’emarginazione di un genitore, il rispetto della legalità, che non può essere mistificata con considerazioni che nulla hanno di scientifico e che non sono rispettose della legge e della psicologia dell’età evolutiva, nonché costituire la base per un confronto tra istituzioni e genitori.

L’organizzazione dei Corsi, finanziati dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti locali, deve essere delegata ad un pool di organismi, che, da anni, operano nel settore minorile e nel mondo delle separazioni. Ciò rafforza la cultura della bigenitorialità e della cogenitorialità. A chi amministra le politiche sociali compete attivarsi per l’attuazione di questi indispensabili corsi, da estendersi anche a chi, talvolta, non vuole farsi carico dei doveri genitoriali.

 

A cura dell’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps),
tl. 347.6504095, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., www.genitoriseparati.it

 

 

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