I versamenti di denaro eseguiti da un convivente a favore dell’altro costituiscono l’esecuzione di un dovere morale e sociale, con conseguente impossibilità di chiederne la restituzione (Cassazione civile, sez. 3a, ord. n. 11337/2025 del 30.04.2025).
Tante persone durante la convivenza hanno provveduto, oltre al mantenimento dei figli e della persona convivente, spesso disoccupata, a pagare l’intera rata mensile del rateo del mutuo per la casa di proprietà della stessa, provvedendo alla ristrutturazione e all'arredamento dell'appartamento, pagando totalmente le utenze, sostenendo spese sanitarie della persona convivente e dei suoi figli, acquistando l'autovettura intestata alla o al convivente, pagato perfino costosi viaggi di svago.
Terminata la magica atmosfera della convivenza, che può durare anche molti anni, arriva la fine dell’amore e si fa un doveroso bilancio economico della convivenza, soprattutto quando controparte non contribuiva alla gestione della famiglia. Ci si accorge, quando si conservano ancora i documenti fiscali, che, nel corso della convivenza, le somme messe a disposizione della nuova famiglia sono consistenti. Frequentemente, gli investimenti vengono fatti su beni mobili e immobili intestati alla controparte e, essendo non andata a buon fine la convivenza, dovendo affrontare la costituzione di una possibile nuova famiglia, viene spontaneo pensare ad una restituzione delle somme elargite unilateralmente durante la convivenza. Qualcuno ha riottenuto tutto quello che aveva pagato, non strettamente necessario per la convivenza, mentre alcuni tribunali hanno imposto la restituzione di somme irrisorie rispetto a quelle elargite alla nuova compagna. Altri, invece, non hanno concesso nessuna restituzione delle somme versate dal convivente su strutture di proprietà della compagna.
La Cassazione, azionata per un giudizio, è entrata nel delicato tema che, con molta leggerezza, finita la convivenza, diventa un vero e proprio problema perché chi ha elargito le somme sull’onda dell’amore si ritrova senza soldi e magari non dispone nemmeno delle somme minime necessarie per iniziare una nuova convivenza. Le ingenuità che sovente sono alla base delle convivenze leggere non aiutano la pretesa della restituzione delle somme messe a disposizione durante la convivenza.
Un uomo di Brescia si rivolge alla Cassazione perché chiedeva all’ex compagna, finita la convivenza more uxorio, il rimborso delle spese straordinarie, da lui sostenute durante la convivenza trascorsa a casa della compagna, poiché era l’unico a percepire uno stipendio, aveva provveduto da solo alle spese quotidiane, alle bollette, al carburante e al pagamento delle rate del mutuo per la casa intestata alla compagna. Il tribunale di Brescia accoglie la richiesta del convivente e condanna la ex compagna a restituire il 50% delle rate del mutuo da lui pagato, mentre la Corte d’Appello dà ragione alla signora.
La Cassazione emette l’ordinanza con la quale sentenzia: “Orbene - con specifico riferimento ai doveri morali e sociali, che trovano la loro fonte nella formazione sociale costituita dalla convivenza more uxorio - i versamenti di denaro eseguiti da un convivente a favore dell'altro durante la convivenza costituiscono adempimento di un'obbligazione naturale e cioè l'esecuzione di un dovere morale e sociale, con conseguente impossibilità di chiederne la restituzione. Tali dazioni vanno generalmente intese come adempimenti che la coscienza sociale ritiene doverosi nell'ambito di un consolidato rapporto affettivo, che non può non implicare forme di collaborazione e, per quanto qui maggiormente interessa, di assistenza morale e materiale”.
La Cassazione afferma, in linea con la Corte di merito, che il richiedente con il versamento degli € 8 mila annui, pari ad € 666,00 al mese, per la casa della ex compagna, dove anche lui ha abitato durante la convivenza, corrisponde “a quanto notoriamente sarebbe stato speso a titolo di canone di locazione per una unità immobiliare, fosse proporzionato e, come tale, da ricondursi ad una forma di collaborazione e di assistenza morale e materiale, che si reputa doverosa nell'ambito di un consolidato rapporto affettivo”.
Il problema esiste, è certo, ma se si vuole che i finanziamenti della convivenza non siano "soldi a fondo perduto", senza la possibilità di restituzione da parte del convivente che ne ha beneficiato, occorre che le somme versate siano documentate e che siano documentate come prestiti personali e, pertanto, ripetibili, cioè da restituire da parte del beneficiario. Occorre che le somme versate escludano l’adempimento di un’obbligazione naturale e l’esecuzione di un dovere morale e sociale, con la conseguente impossibilità di chiederne la restituzione.
Alla base di tutto, se si vogliono salvaguardare i propri soldi, occorre, che quando si mette mano al proprio portafoglio, se ne abbia la piena consapevolezza e si attivino tutte le preventive tutele che la legge prevede, consultandosi con il legale e/o le associazioni di settore. La fretta non aiuta l’amore e, tanto meno, tutela la salvaguardia dei propri risparmi.
Avv. Francesco Valentini, tel. 347.1155230, mail: