Il canto del cigno, abitudinario in vista delle elezioni, siano esse nazionali o riguardano il rinnovo degli enti locali, incanta solo chi non vuole vedere, nel sociale, la realtà dei fatti, palesemente discriminatori, e, spesso, anche conseguenza di scarsa preparazione professionale degli operatori, molto sensibili più alle convenienze di potere e alle lobby di cui sono circondati, che ai reali bisogni dei cittadini. Il tema, di conseguenza, dell’affido dei figli e dei tanti contributi economici elargiti al genitore collocatario senza troppe regole e controlli pubblici, non vengono presi in considerazione dai politici valdostani a cui compete l’obbligo di vigilare sull’amministrazione dei soldi pubblici dati, molto spesso, a totale discrezione dei tanti operatori del servizio sociale che sono più propensi (forse, ispirati dall’assessorato) a cantare le proprie illusorie virtù, piuttosto che a fornire risposte chiare ed oggettive e fattive ai numerosi problemi legati alla fine della convivenza dei genitori e all’affido dei figli, che in Vda, è bene ripeterlo, riguarda circa il 65% dei genitori con figli.
Come si può ignorare – volutamente - il negato primato di questa regione per i suicidi di padri espropriati dei propri diritti genitoriali e emarginati dal contesto sociale, il cui primo padre suicida italiano è stato il prof. Antonio Sonatore, il cui disperato gesto continua ad essere ritenuto, dai politici e dalla società ovattata locale, una vergogna per la vallata, mentre il 7 aprile, giorno di Pasqua, in cui si è dato fuoco davanti al tribunale di Aosta, perché privato della possibilità di frequentare la propria figlia, è il giorno internazionale per ricordare, in sua memoria, tutti i padri a cui era stata vietata la presenza dei figli e che si sono tolti la vita.
Le problematiche socio-politiche legate all’alta percentuale regionale dei genitori non più conviventi (oltre il 65%) con i loro figli sono state sempre negate dalla giunta uscente, in linea con le precedenti, come se la Valle d’Aosta fosse una regione autonoma - ma anche scialacquona dei soldi pubblici - che trasforma in oro tutto ciò che tocca. Il mito del re Mida, però, non può essere invocato nella mala gestione dei servizi sociali valdostani, i veri padroni del sociale, che trasformano in oro solo tutto ciò che si vuole far credere all’opinione pubblica, cioè ai possibili elettori, dimenticando che l’avidità e la ricchezza (non solo economica), se diventano un desiderio sfrenato di dominio, si trasformano in una maledizione.
Il canto del cigno per Carlo Marzi, Assessore alla Sanità, Salute e Politiche sociali della Regione Valle d'Aosta, non è l’epilogo di una pessima gestione del servizio sociale, non è un canto particolarmente bello e commovente, perché non riscatta un passato politico e amministrativo settario e scolorito anche dinnanzi a precise denunce dei cittadini non più conviventi. La credenza nel re Mida è considerata possibile solo dal roboante assessore, mentre il canto del cigno, prima di cessare una attività politica, non fa altro che confermare il bisogno di occultare i propri fallimenti.
Il passato operativo degli amministratori regionali uscenti non può essere ignorato se si vuole dare risposte vere e rispettose di ciascun genitore, sia esso convivente o meno, per creare un futuro ai nostri figli e nipoti e un futuro più umano anche per i genitori estromessi dalla vita dei figli. Tutto ciò si può fare, senza scomodare il dio Apollo e il re Mida, con l’esercizio effettivo del diritto di voto e con un serrato controllo pubblico sulle pretestuose menzogne del potere politico, che, spesso, potrebbe, purtroppo, celare interessi privati di chi amministra la cosa pubblica.
Il tema dei minori e dell’affido, quando termina la convivenza, deve essere al centro delle proposte delle singole formazioni politiche che si confronteranno a settembre su temi concreti, con soluzioni concrete, con la volontà, però, di portarle avanti, perché stiamo parlando del futuro della società valdostana e della credibilità dei politici, molto facili a promettere e oltremodo propensi a rapidamente dimenticare le promesse fatte in campagna elettorale.
Il problema minorile non può essere relegato a due quartieri del capoluogo (Cogne e Dora), perché è un problema serio che, in concreto, è sfuggito anche al signor Jean Pierre Guichardaz, assessore ai beni e attività culturali, sistema educativo e politiche per le relazioni internazionali e alla sig.ra Clotilde Forcellati, Assessore alle politiche sociali, abitative e alle pari opportunità del comune di Aosta, che, per anni, ha gestito la mediazione familiare. Ambedue hanno dimenticato le proprie radici ideologiche, provengono da un mondo politico comunista che ha dimenticato la propria vocazione a difendere i più deboli, costi quello che costi, per ridare dignità alla società regionale e per tutelare seriamente gli emarginati sociali, senza lasciarsi dominare dalle lobby, che, vistosamente, condizionano e strumentalizzano le disgrazie altrui, in nome di ideologie di genere e di potere.
I deboli non si tutelano con improvvisati operatori socio-economici, ma con politiche di assistenza, che vanno ben oltre la singola sussistenza economica. Parliamo dei diritti alla bigenitorialità e alla cogenitorialità, che richiedono provvedimenti seri, che vanno dalla equa ripartizione dei finanziamenti pubblici, secondo programmi vincolanti e strutturati per eliminare la discrezionalità degli operatori e degli amministratori, attraverso un vincolante regolamento specifico, nonché con la creazione di un registro regionale dei contributi e benefici elargiti sia dalla regione che dagli altri enti locali valdostani. Così facendo si eviterebbe che qualche genitore prenda migliaia e migliaia di euro nel corso dell’anno, mentre, per gli altri, non si attivano nemmeno le briciole per sopravvivere.
I finanziamenti e/o contributi pubblici o privati, come la Caritas, spesso foraggiata dalle casse pubbliche, non possono e non devono creare disparità tra i cittadini con trattamenti economici incontrollati. Da qui la necessità di una seria indagine tributaria sulle miriadi di persone che lavorano in nero per avere da parte dell’altro genitore un assegno di mantenimento dei figli più alto e per poter beneficiare del patrocinio a spese dello Stato. Quando le cose non sono chiare, diventa obbligatoria la richiesta di specifici controlli da parte del giudice, almeno fino a quando l’Ispettorato del lavoro, la Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate e la Corte dei Conti si convincano che il mancato controllo del lavoro non dichiarato annulla la stessa equità fiscale tra i genitori e copre (meglio sarebbe dire che ci si rende complici) una pericolosa evasione fiscale. Perché non si indaga a sufficienza sui facili patrocini a spese dello Stato e su tutte le variegate risorse economiche pubbliche gestite da operatori sociali, non sempre all’altezza del ruolo professionale ricoperto? Al mondo politico-amministrativo spetta il dovere del controllo e della punizione per chi dichiara il falso o copre il falso altrui.
Parliamo, necessariamente e ancora, della gestione dell’edilizia popolare, le cui graduatorie sono determinate in base a certificazioni non veritiere e contrastanti con il tenore di vita effettivo degli aspiranti. Occorre far chiarezza, anche se ciò potrebbe comportare una contrazione delle preferenze dei troppi consiglieri regionali, anche per ridare credibilità nella politica ai cittadini e ai tantissimi giovani, che, sfiduciati, disertano le urne e credono, così facendo, di non prestare il fianco ai politicanti. Non dimentichiamo che, in Valle d’Aosta, circa ogni tremila abitanti c’è un consigliere regionale, mentre in Lombardia ce n’è uno ogni 125.000, cioè uno per gli abitanti della Vda che, invece ne ha 35!
Vanno rivisti i regolamenti di accesso alla graduatoria per l’edilizia popolare, prevedendo che dai redditi del genitore non collocatario vengano detratte le somme che lo stesso versa (effettivamente) alla controparte per l’assegno di mantenimento e per il rimborso delle spese straordinarie, spesso imposte in nome del Protocollo d’intesa (non vincolante per legge, ma, molto spesso, contraddittorio e contrastante con la legge stessa) tra il locale tribunale e l’ordine degli avvocati, con la inspiegabile esclusione dei genitori. Alcuni enti locali, proprio per venire incontro agli abusi istituzionali, riservano una elevata percentuale di abitazione ai genitori separati, siano essi collocatari o meno dei figli, compresi, quindi, i padri, quasi mai collocatari prevalenti dei minori, che devono poter ospitare i figli in una casa dignitosa, ma non nella macchina, al bar o presso i nonni o amici. Anche ciò costituisce degrado ed umiliazione per un genitore, di fatto, quasi sempre estromesso dalla vita dei propri figli.
Il diritto di un padre a difendersi e a difendere i propri figli è sacrosanto e, per evitare l’esclusione dal c.d. gratuito patrocinio o dalle graduatorie dell’edilizia popolare, perché il suo 730 prevede entrate di fatto non in suo possesso, che, talvolta, raggiungono anche oltre il 50% dei propri redditi, devono essere modificati i parametri economici di riferimento o prevedere un fondo per assistere chi, a causa di una ingiusta applicazione del solo reddito dichiarato, non ha possibilità di difendersi e difendere i propri figli.
Le regioni dovrebbero prevedere, in questa ottica, un patrocinio a spese dell’ente locale per permettere la difesa a tutti coloro che, per questioni economiche, non hanno soldi per pagarsi un avvocato a difesa dei loro diritti negati. La strutturazione dell’accesso al patrocinio a spese dello Stato va assolutamente riformata, perché, così come si applica oggi, è volutamente una offesa alla legalità e alla dignità umana, perché ingiustamente esclude l’accesso al beneficio del c.d. patrocinio gratuito statale alla stragrande maggioranza di persone che, al contrario, ne avrebbero diritto. La politica sa bene di questa ingiustizia, ma non ha interessi a cambiare le cose, perché teme la vendetta di genere e la lievitazione dei costi e, quindi, un aumento generalizzato dei tributi che i contribuenti dovranno sostenere.
La somma annuale che i bilanci regionali dovrebbero prevedere per il patrocinio a spese della Regione verrà determinata di anno in anno dal consiglio regionale, in base alle richieste documentate e verificate in merito all’attendibilità.
Anche queste sono discriminazioni che rendono la giustizia ingiusta e che l’amministratore della cosa pubblica dovrebbe palesemente evitare.
Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps),
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