Il consiglio regionale della Valle d’Aosta ha dato incarico alla V Commissione consiliare di valutare, con il supporto delle strutture regionali competenti, "l’applicabilità e la sostenibilità sul territorio regionale del progetto “La Casa dei Papà” o di altre iniziative finalizzate al sostegno dei padri separati nelle difficoltà abitative". La mozione era firmata dalla Lega VdA e da Renaissance, emendata, poi, su proposta dell'assessore alle Politiche sociali. “La Casa dei Papà” è un progetto già attivo in alcuni comuni per venire incontro ai papà separati in difficoltà abitativa ed economiche, con il quale si offrono alloggi in locazione temporanea gratuiti in loro favore, essendo separati legalmente, destinandogli interventi specifici temporanei di sostegno e di accompagnamento verso una nuova autonomia.
Il consigliere Andrea Manfrin, da sempre molto sensibile verso le problematiche dei genitori non più conviventi e dei loro figli, ha illustrato l’iniziativa per dare un risposta concreta al forte disagio dei tantissimi papà valdostani separati che non convivono più con i figli e che sono costretti a mantenerli con un assegno spesso insostenibile rispetto al loro reddito e a sostenere il 50% delle spese straordinarie regolamentate da un protocollo, redatto (in modo unilaterale e, spesso, anche contraddittorio con il diritto minorile e il diritto familiare) da giudici e avvocati valdostani, che ha semplicemente un valore indicativo, ma non impositivo, come, invece, si vorrebbe far credere, perché le spese straordinarie devono essere individuate, caso per caso, dal giudice e devono rispettare le reale condizioni economiche dei genitori. Le spese straordinarie, tutte e nessuna esclusa, devono essere preventivamente autorizzate, in modo tracciabile, da ambedue i genitori.
Il problema della casa per i papà non più conviventi esiste e, spesso, condiziona negativamente anche i rapporti del padre con i figli, perché il papà estromesso dai figli non ha nemmeno la possibilità di ospitarli in una casa decente, dovendo lui stesso elemosinare un posto letto, anche quando è proprietario o paga lui il mutuo della casa assegnata alla moglie. Crescendo, i figli trovano difficoltà a stare col padre nei tempi previsti dal tribunale, perché non possono usufruire di un ambiente accettabile dove poter ospitare anche i loro amici. Una umiliazione ulteriore per il padre che già è penalizzato dal fatto che viene estromesso dai propri figli, che, di fatto, lentamente viene allontanato da loro.
Il problema della casa è legato a quello della impossibilità paterna di potersi pagare la locazione di una casa e di poter sostenere tutte le spese connesse all’abitazione. Con l’affido congiunto paritario, tanti problemi verrebbero risolti, poiché al padre non verrebbe più tolta la casa “sua” o che sta pagando lui con l’assegnazione ai figli, poiché, con questa forma di affido, trascorrono pari tempo con ciascun genitore nella abitazione che ciascun genitore deve reperire e, il padre, non pagando più nemmeno l’assegno di mantenimento, potrà meglio sostenere un affitto quando non è proprietario dell’abitazione. L’affido congiunto paritario con difficoltà viene concesso dal tribunale valdostano (quasi mai, per l’esattezza) per la ritrosia delle madri, che, indubbiamente, si vedono ridotte le proprie risorse economiche con un più oculato accesso alla incontrollata gestione regionale dei finanziamenti e contributi alle madri con i figli presso di loro collocati (48% in Valle d’Aosta). La disposizione di una casa decente per ciascun genitore è indispensabile se si vuole garantire ai figli due abitazioni degne di questo nome, che permetta loro di non dover preferire l’uno o l’altro genitore in base alla casa che può offrire loro quando sono con lui.
La Casa dei Papà non può essere una furbizia politica per racimolare consensi elettorali, ma il punto di partenza di una vera e propria politica dei genitori non più conviventi con figli, che va da una trasparente gestione dei finanziamenti e sovvenzioni pubbliche e private (quando enti privati ridistribuiscono soldi pubblici), che, indipendentemente da chi li distribuisce, devono essere documentati in un Registro unico regionale per evitare le tante odierne ingiustizie che privilegiano molte madri, a scapito di chi, invece, avrebbe veramente necessità del contributo pubblico, e porre fine, inoltre, ad una gestione clientelare e subdola dei soldi pubblici.
Altra urgenza è la revisione dei parametri economici per accedere alle graduatorie per l’edilizia popolare, riservando, come hanno già fatto molti enti locali, dal 30 al 40% delle abitazioni ai genitori non più conviventi, indipendentemente da essere o meno collocatari dei figli, perché i genitori sono due ed ambedue devono essere messi nella condizione di poter offrire una degna accoglienza quando sono con loro. Inoltre, devono essere escluse, dal reddito dichiarato del genitore non collocatario, le somme che lo stesso versa per il mantenimento dei figli. Altra iniziativa che l’ente locale dovrebbe predisporre è quella della verifica continuata ed approfondita delle dichiarazioni dei redditi, poiché, spesso, l’alta evasione fiscale, oltre a produrre un danno all’erario dello Stato, danneggia il genitore che l’evasione non può fare, perché lavoratore dipendente e, così, il malcapitato genitore non collocatario si vede condannato a pagare assegni di mantenimento insostenibili, a non usufruire del patrocinio a spese dello Stato e, talvolta, perfino a sostenere per il 70/75% le spese straordinarie. Non potendo pagare, viene anche perseguito penalmente per mancato mantenimento dei figli e, purtroppo, non può nemmeno difendersi, perché non può permettersi un avvocato in difesa sua e dei propri figli.
La Casa del Papà può essere una buona iniziativa, purché non si crei un ghetto, dove frettolosamente si alternano i papà con i loro figli. Per aiutarli a riacquistare una propria autonomia economica ed abitativa si potrebbe studiare un progetto di sostegno economico, rigorosamente monitorato, al papà che resterà ad abitare nella zona dove vivono i propri figli e fino a poco tempo prima vi abitava anche lui. Il sostegno economico dovrà, inevitabilmente, essere affiancato dall’aiuto a ritrovare una occupazione a tempo indeterminato e full time per non vivere sulle spalle degli altri. Fatto, questo, umiliante, anche quando si è obbligati a ricorrere alla carità pubblica. Al privato che offre appartamenti in locazione a prezzi contenuti, potrebbero essere riconosciute agevolazioni sulle tasse comunali e tante altre opportunità potrebbero essere individuate se si vorranno veramente risolvere le difficoltà economiche del separato dai figli.
L’aiuto ai papà separati si può sempre trovare, senza, però, sradicarlo dal contesto abitativo precedente alla fine della convivenza e dove abitano i figli, altrimenti si può finire per relegare lui e i figli in un ghetto, umiliante e offensivo.
Speriamo che i promotori della mozione esercitino un controllo all’interno della V commissione consiliare per evitare sia il ghetto che la carenza delle altre opportunità, indispensabili per l’autonomia economica ed abitativa del padre non più convivente.
Meraviglia molto che sulla mozione si sia astenuto il Pd o, meglio, la consigliera regionale del Pd, fresca di nomina, ex assessore comunale ai servizi sociali di Aosta nonché, in passato, al libro paga della Regione, nella gestione del disagio delle coppie. I tempi cambiano ed anche il Pd si è dimenticato facilmente del tempo che fu e delle sue lontane origini.
Ubaldo Valentini, pres. Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps)
tl. 347.6504095,




