Attraverso una vetrata: il mondo degli anziani isolati nelle Rsa

Il blocco delle visite esterne nelle strutture socio-sanitarie e assistenziali della Valle d'Aosta durerà fino al 3 dicembre

 

Attraverso una vetrata

Bloccate le visite in Rsa dal 15 novembre fino al 3 dicembre. Di fronte alla ripresa del contagio sul territorio il presidente della Regione Valle d’Aosta Erik Lavevaz firma l’ordinanza che sospende anche le uscite degli ospiti, se non per motivi sanitari. E così molte famiglie ricominciano a fare il conto alla rovescia per poter tornare a visitare i propri cari, in una situazione spesso molto dura e non compresa dagli anziani. Lavevaz però prevede, entro il 3 dicembre, «una risposta anticorpale efficace degli ospiti e degli operatori a seguito della somministrazione della terza dose vaccinale attualmente in corso», che consentirà la ripresa delle visite.

«Ho la mamma in Rsa da cinque anni ad Aymavilles», racconta il Giovanni, nome di fantasia per tutelare la privacy dell’ospite Rsa. «A causa delle restrizioni non possiamo vederla fino al 3 dicembre, come era già successo per tutto il periodo Covid. Non è semplice ma per noi è forse meno difficile: mia mamma non è autosufficiente fisicamente ma con la testa c’è e conosce la situazione. I problemi nascono per quelle persone che tutti i giorni hanno bisogno di un contatto e che improvvisamente non vedono più i familiari. Questi anziani vanno in degenerazione perché non capiscono la motivazione e credono di essere loro la causa delle mancate visite. Forse non si può dire che muoiano per questo ma di certo non è una situazione che li aiuta a star bene».

Una situazione confermata anche da Anna, nome di fantasia della mamma di Giovanni, che siamo riusciti a sentire per telefono. «Non possiamo incontrare i nostri familiari se non attraverso una vetrata: il familiare sta all’esterno e noi all’interno, comunichiamo attraverso il telefono. Ci parliamo ma è diverso, molto diverso. Sinceramente mi guardo attorno e riconosco di essere molto fortunata perché ho la mente lucida, ho memoria e posso conversare ma per le persone che mi circondano non è così. C’è una signora con una voce stupenda che canta e ricorda tutte le parole di queste canzoni, ma poi quando parla ricorda sempre le stesse cose della sua infanzia e giovinezza. Alcune riescono a capire la situazione ma la maggioranza no. Infatti quando si avvicinano al vetro continuano a invitare i propri familiari ad entrare con un “ma vieni dentro Giulia, vieni dentro Marcella”, senza capire che non possono farlo».

Una signora ottantaquattrenne davvero lucida, presente e informata, con cui chiacchierare è un grande piacere. È anche una grande ottimista che riesce a trovare il buono nella situazione più complessa ma, come racconta il figlio, è inevitabile che ci siano risvolti anche su di lei.

«Il grosso problema di mia mamma è che prima faceva almeno un po’ di attività fisica. Quando andavo a trovarla si muoveva con il girello e percorrevamo i corridoi. Da quando c’è stato il lockdown questa possibilità è sfumata perché lei riesce a camminare solo sul liscio e non sull’asfalto. Un anno senza attività fisica debilita e la degenerazione fisica è stata inevitabile».

Infine emerge da entrambi il problema del personale, acutizzato dallo stop dato anche al volontariato nelle Rsa che, come racconta Giovanni, era di grande aiuto nei momenti dei pasti e del rientro nelle camere. E così risponde Anna quando chiediamo cosa avrebbe fatto oggi: «Non abbiamo delle grandi attività, il personale è abbastanza ridotto purtroppo e anche l’animazione ne ha risentito. Ci sono tante incombenze nella casa, siamo in 35 e, nonostante la bravura e la professionalità del personale, c’è sempre da correre».

Conclude Anna con una riflessione che tocca il cuore: «La pandemia è stata una vera battaglia e glielo dico: io l’ho patita. Sono stati mesi di chiusura completa in camera, non abbiamo più visto nulla se non quello che dalla finestra avevamo di fronte. Per me è stata una bella cosa perché vedevo la collina di Saint Pierre, stupendo paese in cui avevo abitato ma di cui non conoscevo la collina e quella sua splendida coltivazione a vigneti. Ho potuto vedere i lavori della primavera e questo mi ha riempito molto, è stato un aiuto».

 

Veronica Pederzolli

 

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