Le motivazioni del rinvio in secondo grado: meri rapporti di forza diversi tra soggetti dello stesso ambiente di sottocultura criminale
Le condanne di secondo grado degli imputati del processo Geenna con rito ordinario sono basate su "fatti singoli" e su elementi "riconducibili solo ad atti, meramente preparatori, diretti alla formazione di una associazione per delinquere di stampo 'ndranghetistico". Lo scrivono i giudici della Corte di Cassazione motivando la decisione di annullare le quattro condanne di secondo grado per associazione mafiosa o concorso esterno e di rinviare in Appello il processo per Monica Carcea, Alessandro Giachino, Nicola Prettico e Antonio Raso.
Secondo i giudici della Corte suprema "le vicende di maggior risalto emerse nel processo" Geenna indicano l'esistenza di "meri rapporti di forza diversi tra soggetti gravitanti nello stesso ambiente di sottocultura criminale, non certo la capacità di promanare all'esterno la tipica forza d'intimidazione, che caratterizza un'organizzazione strutturata come la 'ndrangheta".
In particolare, le motivazioni della sentenza spiegano che dal processo non è emersa una "divisione di ruoli ben precisa" tra i presunti componenti della locale di Aosta (al contrario di quanto normalmente avviene nelle associazioni 'ndranghetiste) né è stato presentato "un episodio così significativo per ritenere sussistente il collegamento funzionale con la 'ndrina operante in Calabria".
I quattro imputati erano stati condannati in secondo grado a pene da un massimo di dieci a un minimo di sette anni. L'unica sentenza confermata dalla Cassazione è stata l'assoluzione di Marco Sorbara.
Marco Camilli