La maggior parte di voi, come gran parte gli italiani, è in ferie e non ha più nemmeno la preoccupazione di passeggiare o scalare le montagne con la mountain bike, poiché il divieto del governo, con i noti vincoli sugli spostamenti, di due anni fa, da voi platealmente contestato, non esiste più. Situazione propizia per analizzare e riflettere sull’andamento della giustizia nel tribunale locale e per superare certe prassi, da parte di qualche magistrato, che, purtroppo, smentisce la scritta presente in tutte le aule e cioè la legge è uguale per tutti.
Quello che diciamo non è una novità, ma solo una dolorosa “commemorazione” di una giustizia che non c’è nelle separazioni e negli affidi e che, da decenni, stiamo denunciando senza peli sulla lingua.
I servizi sociali – principali responsabili della conflittualità genitoriale e dei diritti negati ai minori - non funzionano, perché a troppi fa comodo che non funzionino e non rispettino il loro ruolo, ben regolamentato dalla legge sulla funzione pubblica. I genitori non collocatari denunciano da anni questa situazione, ma le loro proteste non vengono ritenute degne di considerazione e qualche giudice arriva perfino a segnalare all’ordine degli avvocati il legale che osa criticare le relazioni dei servizi sociali, chiedendo provvedimenti disciplinari. Denunce che l’ordine degli avvocati rinvia al mittente, poiché l’azione del difensore che, a tutela del proprio assistito, critica i servizi sociali e chiede garanzie previste dalla legge sulle loro “indagini” rientra nel suo diritto di difesa.
Questi giudici, nonostante ciò, fanno buon viso a cattivo gioco e continuano a penalizzare il genitore che mette in discussione le relazioni e i “suggerimenti” (che non possono fare, come ci ricorda la Corte Edu, riferendosi ai tribunali piemontesi) che sistematicamente lo penalizzano perché di sesso maschile.
Cari giudici, così proprio non va!
Nelle sentenze di separazione, divorzio e affido vengono formulate condizioni vincolanti sull’assegno di mantenimento, sulla ripartizione delle spese straordinarie da concordarsi preventivamente, sul diritto di visita e permanenza dei figli con il genitore non collocatario, che, sovente, vengono disattese dal collocatario. Inevitabile il ricorso al giudice, soprattutto per spese straordinarie non concordate e non dovute e per il mancato rispetto del diritto di visita. Il solerte giudice, però, arriva a dar ragione a chi viola le decisioni del tribunale e dei colleghi, in nome di sentenze della Cassazione che si riferiscono a situazioni del tutto estranee al caso su cui devono deliberare.
Se devi concordare – non segnalare – con l’altro genitore il periodo delle vacanze estive entro una determinata data e non lo fai, il giudice ti dà ragione e, così, puoi scegliere il periodo che ti fa comodo, farlo e l’altro genitore non può richiamare il rispetto della sentenza, perché, tanto, i periodi non si accavallano e tu, se avevi disposto la gestione di quel periodo non spettante al genitore collocatario, devi “obbedire” al giudice, che, guarda caso, è lo stesso che aveva emesso la sentenza di affido e che ora smentisce se stesso.
I servizi sociali stabiliscono che un minore con problematiche esistenziali e con una madre “ballerina” nei suoi doveri genitoriali necessita di un amministratore di sostegno, pagato dalla regione, cioè dai cittadini tutti, nonostante l’opposizione del padre, che ha sempre seguito questo figlio e gli altri, proponendo che, eventualmente, doveva essere nominato lui. Il padre viene chiamato a sottoscrivere davanti al giudice la nomina del funzionario della regione da tempo stabilito e, solo la sera prima, venuto ha scoperto che quella sarebbe stata la quarta udienza (le prime tre sono state celebrate a sua insaputa). Inoltre, che avendo il diritto di opporsi alla decisione regione-giudice, nomina un proprio difensore per opporsi a questa nomina, chiedendo, però, un rinvio per permettere al legale di visionare il fascicolo e rivendicare la possibilità di presentare anche una propria memoria difensiva. Il giudice prosegue senza minimamente fare cenno alle ragioni del padre e non dispone il rinvio per una nuova udienza. Il padre, per far valere un suo diritto costituzionale, deve rivolgersi alla Corte d’Appello a proprie spese. Ciliegina sulla torta: il giudice ha fatto anche l’audizione del figlio disabile in assenza degli avvocati dei genitori, come al solito, e, soprattutto, non ha verbalizzato quanto dichiarato dal figlio, ma ne ha tenuto conto ai fini della decisione; anche in questo secondo caso bisogna dire nuovamente “come al solito!”
La nomina del padre come amministratore di sostegno, come abitualmente avviene, non avrebbe avuto alcun costo. La madre non voleva, perché a lei, allergica al lavoro, ma non ad internet, interessava la pensione del figlio, che, secondo i lungimiranti servizi sociali, doveva servire alla signora per mandare avanti l’intera famiglia.
Cari giudici, così proprio non va!
Un padre, una volta ricevuta tardivamente la comunicazione della data dell'udienza (solo due giorni prima del giorno stabilito), ha formulato una istanza di visibilità per studiare i documenti del procedimento il giorno prima dell’udienza. L’avvocato è riuscito ad avere l’accesso al fascicolo solo due ore prima dell’udienza. Il giudice ha valutato l’accesso come conoscenza del procedimento (rifiutandosi di dare il tempo di studiare gli atti al fine di consentire la difesa) ed ha proseguito oltre senza dargli il tempo di studiare i documenti e presentarsi in udienza, emettendo il relativo provvedimento di condanna (la controparte non è stata in grado di produrre la ricevuta di consegna della notifica, perché ancora non gli era tornata indietro), con giubilo della ex e del di lei legale. Ma questa è giustizia?
I protocolli per le spese straordinarie che il tribunale stipula con l’ordine degli avvocati del territorio è, come da tempo sosteniamo, un vero e proprio abuso, poiché il giudice deve determinare le spese straordinarie, caso per caso, e deve stabilire che devono essere, tutte, preventivamente autorizzate da ambedue i genitori. Un protocollo contraddittorio e dannoso, stilato da giudici e avvocati - che legislatori non sono – non può sostituire il giudice e imporre “ingiustizie” conclamate. Giudici e legali ci devono spiegare, inoltre, perché hanno escluso i genitori, unici detentori del diritto sui propri figli. I protocolli, tutti e nessuno escluso, penalizzano sempre il genitore non collocatario e rispondono palesemente alla logica di genere, imperante in troppi tribunali italiani.
Non parliamo delle discriminazioni verso il genitore non collocatario, perché è una prassi quotidiana a cui, rebus sic stantibus, è impossibile sfuggire. E, poi, sentenziano che esiste la conflittualità tra i genitori (ma non ne accertano né dimostrano le cause) e che, di conseguenza, occorrono provvedimenti quasi sempre contro il genitore che la conflittualità la subisce, ma che non la provoca. Ma questo, per giudici e servizi sociali, non conta.
Cari giudici, così proprio non va. Davvero!
Ubaldo Valentini, presidente Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps)
Contatti: tl. 347.6504095,