Finalmente spetta anche ai giudici disciplinare dettagliatamente i percorsi di affido etero - familiare!


Con l'entrata in vigore della riforma del diritto di famiglia, la legge ordina espressamente ai giudici di disciplinare i percorsi delegati ai servizi incaricati, anche in caso di affidi etero – familiari, ed a sanzionarli in caso di loro negligenze! Per quanto riguarda il processo civile, in generale, cambiano i tempi in cui vanno depositati gli atti, l'udienza per la comparizione delle parti sarà celebrata dopo il deposito delle richieste di ammissione delle prove, con la possibilità, quindi, che il processo veda anche la celebrazione di un'unica udienza.

La separazione, il divorzio ed i procedimenti per l'affido e/o mantenimento di figli di genitori non sposati nonché quelli per la sospensione e/o decadenza della responsabilità genitoriale avranno lo stesso iter.

Il giudice istruttore, alla prima udienza, emetterà i provvedimenti provvisori ed immediati, con la possibilità di disporre misure cautelari.

Le udienze che non richiedono la partecipazione di soggetti diversi dal giudice, gli ausiliari, le parti ed i rispettivi difensori potranno essere celebrate mediante collegamento da remoto o mediante la trattazione scritta, con un'ulteriore spinta alla digitalizzazione sia nel tribunale per i minorenni che il Giudice di Pace.

Il prossimo primo marzo entrerà in vigore un'altra parte della riforma del processo civile, che, tra i vari aspetti, per quello che oggi qui ci interessa, riguarda il diritto minorile e, soprattutto, la disciplina dei percorsi delegati ai servizi incaricati in caso di affidi etero – familiari.

Cambiano anche i percorsi delegati (gestiti dai servizi incaricati), la disciplina delle case famiglia, ed i doveri del giudice che quando una parte riferirà di essere rifiutata dal figli, sarà costretto ad assumere informazioni sul dichiarato rifiuto, a svolgere accertamenti e pendere i conseguenti provvedimenti.
Finalmente, il legislatore ha capito che il giudice, quando dispone i citati percorsi, deve anche disciplinare i tempi, i modi, i luoghi e gli obiettivi degli stessi.

In quest'articolo ci occuperemo dei minori collocati nelle case famiglia e/o, comunque, affidati con una soluzione etero – familiare. L'intervento del P.n.r.r. oggi affrontato riguarda la modifica degli artt. 4 e 5bis della l. 04/05/1983, n. 184 (“Diritto del minore ad una famiglia”).

Il comma 4 dell'art. 4 recita: “Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dell'affidamento che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d'origine”. Il giudice, ora deve stabilire la durata (probabile) dell'affido, che deve essere strettamente collegata ai tempi, modi, luoghi ed obiettivi del percorso di monitoraggio delegato dal giudice stesso ai servizi incaricati (sociali, dipartimento di psicologia e/o di psichiatria) e disciplinato in maniera estremamente dettagliata.

“Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, su richiesta del pubblico ministero e nel contraddittorio delle parti, qualora la sospensione dell'affidamento rechi grave pregiudizio al minore”: le parti e, quindi, i genitori e, eventualmente, l'amministratore di sostegno nonché, in alcuni casi, l'avvocato del minore, possono esercitare, davanti al giudice ed in contraddittorio, il diritto di difesa, esponendo le proprie ragioni e chiedendo di tutelare i diritti dei minori, prima, e quelli propri, poi.

A tal fine, prima del decorso del termine di durata dell'affidamento il servizio sociale segnala al pubblico ministero l'opportunità di richiederne la proroga”: i servizi continuano ad avere la competenza di riferire eventuali criticità, ma non di decidere o suggerire soluzioni in sostituzione dei magistrati.

Il comma 7 dello stesso articolo aggiunge: “Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche nel caso di minori inseriti presso una comunità di tipo familiare o un istituto di assistenza pubblico o privato, ma decorsi dodici mesi il giudice verifica nel contraddittorio delle parti l'andamento del programma di assistenza, l'evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza e l'opportunità della prosecuzione dell'inserimento”. Da ciò si comprende chiaramente che il legislatore ha imposto al giudice di dettare la disciplina (dettagliata) anche alle c.d. “case – famiglia” e di verificare, in udienza ed in contraddittorio, come viene gestita l'organizzazione del percorso e le strutture di collocamento dei minori.

L'art. 5-bis, al comma 2, aggiunge: “Con il provvedimento con cui dispone la limitazione della responsabilità genitoriale e affida il minore al servizio sociale, il tribunale indica:

  1. il soggetto presso il quale il minore è collocato;
  2. gli atti che devono essere compiuti direttamente dal servizio sociale dell'ente locale, anche in collaborazione con il servizio sanitario, in base agli interventi previsti dall'articolo 4, comma 3;
  3. gli atti che possono essere compiuti dal soggetto collocatario del minore;
  4. gli atti che possono essere compiuti dai genitori;
  5. gli atti che possono essere compiuti dal curatore nominato ai sensi dell'articolo 333, secondo comma, del codice civile;
  6. i compiti affidati al servizio sociale ai sensi dell'articolo 5, comma 2;
  7. la durata dell'affidamento, non superiore a ventiquattro mesi;
  8. periodicità, non superiore a sei mesi, con la quale il servizio sociale riferisce all'autorità giudiziaria che procede ovvero, in mancanza, al giudice tutelare sull'andamento degli interventi, sui rapporti mantenuti dal minore con i genitori, sull'attuazione del progetto predisposto dal tribunale”.

Questo comma, come è evidente, detta, almeno in parte, la disciplina a cui devono sottostare il servizio incaricato e, quando utilizzata, la struttura di accoglimento.

Il comma 3 aggiunge: “Il servizio sociale, nello svolgimento dei compiti a lui affidati e nell'adozione delle scelte a lui demandate, tiene conto delle indicazioni dei genitori che non siano stati dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale e del minore nonché, ove vi siano, del curatore e del curatore speciale”. Questo comma tutela il diritto al contraddittorio nel procedimento amministrativo che dovrà essere azionato a seguito del percorso disposto dal giudice.

Il comma 4 è sufficientemente specifico e non ha bisogno di illustrazioni: “Entro quindici giorni dalla notifica del provvedimento, il servizio sociale comunica il nominativo del responsabile dell'affidamento al tribunale, ai genitori, agli esercenti la responsabilità genitoriale, al curatore se nominato e al soggetto collocatario”.

Il comma 5, invece, non apporta nulla di nuovo: “Se l'affidamento al servizio sociale è disposto con il provvedimento che definisce il giudizio, la decisione è comunicata al giudice tutelare del luogo di residenza abituale del minore, per la vigilanza sulla sua attuazione".

Il comma 6 stabilisce che “Il giudice competente per l'attuazione, su istanza del servizio sociale, adotta i provvedimenti opportuni nell'interesse del minore”: ancora una volta il legislatore ribadisce espressamente che il giudice deve controllare lo svolgimento del percorso e sanzionare, di conseguenza, eventuali negligenze, anche se, purtroppo, solo su richiesta del servizio incaricato, che potrebbe relazionare in maniera non veritiera quanto sta accadendo, al fine di prevenire eventuali sanzioni ai funzionari che gestiscono il citato percorso.

L'ultimo aspetto oggi considerato è quello disciplinato dall'art. 473-bis.6, che tutela il “Rifiuto del minore a incontrare il genitore”, che recita: “Quando il minore rifiuta di incontrare uno o entrambi i genitori, il giudice procede all'ascolto senza ritardo, assume sommarie informazioni sulle cause del rifiuto e può disporre l'abbreviazione dei termini processuali”. Il primo comma, pertanto, impone al giudice di fare accertamenti sul rifiuto, lasciandogli la discrezione di muoversi come meglio crede, proprio per tutelare al massimo i minori, prima, e quello del genitore rifiutato, poi.

Il secondo comma aggiunge: “Allo stesso modo il giudice procede quando sono allegate o segnalate condotte di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra il minore e l'altro genitore o la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. Questo secondo comma tutela, come il primo, sia i figli che i genitori, imponendo al magistrato competente di fare accertamenti anche quando sia in presenza della/e segnalazione/i e/o della/e istanza/e del genitore e/o del parente rifiutato, ampliando, quindi, l'insieme dei parenti tutelati.7

 

Avv. Francesco Valentini, Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps)

Contatti: 347.6504095 – mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., www.genitoriseparati.it

 

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