Psicologo privato: poi chi lo paga?

La psicoterapia è un trattamento psicologico per superare difficoltà emotive, comportamentali o relazionali, con l’acquisizione della consapevolezza di sé, migliorando la qualità della vita e riducendo la sofferenza, spesso provocata dalla percezione di trovarsi in uno stato di inferiorità.

E’ un percorso strutturato tra terapeuta e paziente, che si adatta alle esigenze individuali e può portare a cambiamenti significativi nel modo in cui la persona affronterà le successive sfide della vita.

Il ricorso alla psicoterapia, anche se spesso è diventato una moda, aiuta le persone “psicologicamente” più fragili ad apportare profondi cambiamenti nel modo di gestire la propria esistenza e, assai frequentemente, lo stato di inferiorità scompare del tutto e il paziente trova la forza anche per emergere nel lavoro e nella società. Tutto ciò richiede preparazione professionale dello psicoterapeuta e collaborazione e fiducia da parte del paziente.

La società condiziona la persona, soprattutto se la sua personalità è ancora in una fase di strutturazione, e cerca di emarginare le persone più deboli e indecise nel programmare la propria esistenza, ma, al tempo stesso, mette a sua disposizione i mezzi necessari per apportare il cambiamento, la cui necessità è avvertita, ma non sempre, e porta ai risultati sperati, poiché viviamo in una epoca storica in cui lo stress, l’ansia e la depressione sono sempre più diffusi. La psicoterapia è una scienza complessa e strutturata sul rapporto personale tra psicoterapeuta e paziente e rappresenta un'opportunità per molte persone per stare meglio, conoscere sé stessi e crescere, che può richiedere molto tempo, regolato dalle varie fasi dell’intervento.

Ci sono molti giovani che necessitano dell’intervento dello psicoterapeuta e la sanità pubblica si è organizzata per dare risposte accessibili a tutti i cittadini, ma non sempre, però, si può contare su una razionale programmazione degli interventi per mancanza del personale specialistico e, talvolta, purtroppo, per una preparazione professionale dello psicoterapeuta non sempre ben curata. Da qui la miriade di professionisti privati che cercano di farsi spazio in questo variegato mondo delle depressioni, offrendo i loro interventi a costi non sempre contenuti e/o controllati. Numerosi genitori separati e i loro figli si trovano nella necessità di farsi aiutare per uscire da uno stato di sofferenza che porta all’emarginazione.
Tutto ciò è maggiormente riscontrabile in realtà locali molto piccole.

Il caso in Valle d’Aosta

Un figlio maggiorenne e nullafacente da anni è seguito da uno psicoterapeuta privato, poiché la madre e il figlio non si fidano del servizio pubblico, ritenuto, forse, poco efficace e scarsamente riservato. Il padre, solo quando è stato chiamato dalla ex-moglie, tramite il suo legale, a versare il 50% delle spese del professionista, è venuto a sapere che il figlio, oggi maggiorenne, ma sempre nullafacente, a causa dei temporanei limiti esistenziali, era seguito da uno psicologo a pagamento a sua insaputa e scelto dalla moglie. La frequentazione di sedute psicoterapeutiche richiede obbligatoriamente il consenso di ambedue i genitori, essendo il figlio, all’epoca dell’inizio del trattamento, ancora minorenne.

Considerati i costi dell’attività dello psicoterapeuta, avendo il padre un lavoro precario a part-time (con un reddito che è la metà di quello della moglie, dipendente pubblica) e dinnanzi alla richiesta perentoria del rimborso della spesa dello psicoterapeuta, anche per il futuro, si è rivolto al Tribunale per chiedere che il figlio fosse seguito dalla struttura pubblica, pagata da tutti i cittadini leali con il fisco. Il tribunale gli ha dato ragione ed ha imposto alla madre di far seguire il figlio e il secondogenito (che, dicono, avrebbe bisogno di essere seguito anche lui) dagli psicologi dell’Asl.

Il figlio, ben istruito dalla madre (non estranea a problemi psicologici, come riferiscono al padre gli stessi figli), continua a non volersi far seguire dalla struttura pubblica e vuole solo la presenza della psicoterapeuta privata. Lo ha detto alla psicologa incaricata di seguirlo, dopo mesi dalla decisione del Giudice, la quale ha convocato per i prossimi giorni i due genitori per parlare di questa delicata questione, essendo, oggi, maggiorenne, ma che continua a godere dell’assegno di mantenimento versato dal padre assieme alle spese straordinarie.

La madre non sente ragioni e sostiene che la scelta del medico la deve fare il figlio maggiorenne e il padre deve pagare il 50% dei costi del professionista. Dello stesso parere è la dottoressa dell’Asl, che ha subito convocato i genitori per dire loro che, se il figlio vuole lo psicoterapeuta privato, che ha già iniziato le sedute, non possono pretendere lo psicologo pubblico. Dinnanzi alla richiesta di chi lo paga, la psicologa dell’Asl, senza alcuna titubanza, ha risposto: i due genitori.

La vicenda pone il problema delle spese straordinarie e dell’assegno di mantenimento quando il figlio è maggiorenne e vuole scegliere il professionista che vuole, senza porsi il problema di chi lo pagherà. Il servizio sanitario pubblico tutela tutti i cittadini e, se uno lo rifiuta, il professionista privato non può essere pagato personalmente dal genitore che già versa mensilmente l’assegno di mantenimento, ma da quello che non fa nulla per convincere il figlio a far ricorso ad uno degli psicologi dell’Asl. Altrimenti, si useranno i soldi dell’assegno di mantenimento versati dal genitore obbligato a versarlo, in questo caso il padre.

E’ vero, inoltre, che il ragazzo è maggiorenne, ma, non avendo autonomia economica, entrambi i genitori hanno il diritto di prestare entrambi il rispettivo proprio consenso preventivo per sostenere le spese straordinarie, nessuna esclusa, come dovrebbe avvenire anche quando sono minorenni. La maggior età non autorizza il figlio a pretendere spese che il genitore economicamente più debole non può sostenere. E’ questione di rispetto della genitorialità. La psicologa dell’ASL non può dire che il figlio maggiorenne sceglie lo psicoterapeuta che vuole, anche privato, e che i genitori, poi, devono pagare la sua parcella, anche quando non hanno i soldi nemmeno per arrivare alla fine del mese.

Le scelte del figlio sono sponsorizzate dalla madre che, quando i figli erano minorenni, era collocataria e, forse, sarebbe più utile fornire a lei un tutore psicologico per neutralizzare le irrisolte problematiche esistenziali giovanili.

Saremmo grati ai lettori se ci invieranno commenti e proposte per risolvere il presente dilemma e tutelare i diritti anche del genitore, che, quando i figli erano minorenni, era non collocatario, ma che rimane tutt’ora obbligato al versamento del contributo economico.

 

Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps),
tl. 347.6504095, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., www.genitoriseparati.it.

 

 

-  STRUMENTI
app mobile

 

Privacy Policy

 

Cookie Policy

 

Termini e Condizioni

 

 

Società editrice: Italiashop.net di Camilli Marco
registrata al Tribunale di Aosta N° 01/05 del 21 Gennaio 2005
P.IVA 01000080075