Controlli, abbattimenti e corsi di formazione per i cacciatori dopo i casi segnalati in Piemonte e Liguria
Più controlli negli allevamenti e negli alpeggi, una maggiore sorveglianza passiva, corsi di formazione per cacciatori e l'attivazione eventuale di "zone rosse": sono alcune delle misure stabilite dall'aggiornamento del Piano regionale contro la diffusione della peste suina africana sul territorio della Valle d'Aosta.
Il provvedimento è legato alla recrudescenza della malattia virale, contagiosa e spesso mortale, che colpisce suini e cinghiali (ma che non è trasmissibile all'uomo). La presenza della malattia era nota solo in Sardegna, ma dall'inizio dell'anno diversi casi sono stati segnalati in Liguria e Piemonte. Nell'area il Ministero della Salute ha attivato una "zona rossa".
In Valle d'Aosta nessun animale sottoposto ad analisi finora è risultato positivo alla peste suina africana. I controlli però saranno incrementati per poter individuare il prima possibile eventuali contagi. L'Usl dovrà effettuare una ricognizione di tutti gli allevamenti di suini e cinghiali, come chiesto dai ministeri della Salute e delle Politiche agricole, e tutte le carcasse di cinghiale nelle aree a maggiore densità di presenza dovranno essere controllate. Per i cacciatori il Centro di educazione faunistico regionale e l'Usl proporranno corsi di formazione igienico-sanitaria sulle misure da adottare per evitare la contaminazione ambientale e la diffusione del virus.
Parte del piano consiste inoltre nel depopolamento della specie cinghiale con l'obiettivo di «raggiungere possibilmente l'80% di prelievo della popolazione stimata» nell'area sud-orientale della Valle d'Aosta, che è quella con la maggior presenza di cinghiali.
Nel caso emergesse un animale positivo al virus, una "zona rossa" larga 6 chilometri sarà istituita nell'area di ritrovamento con limitazioni delle attività venatoria e di movimentazione dei prodotti a base di carne ottenuto da suini selvatici cacciati o macellati. Attorno alla "zona rossa" infetta sarà disposta una zona "buffer", cioè di sorveglianza, ampia 10 chilometri con restrizioni sui suini in allevamento, obblighi di macellazione, divieti di riproduzione e controlli virologici.
Elena Giovinazzo