Monitoraggio sulla stabilità di bivacchi e rifugi alpini del CAI

Cinquantotto strutture saranno sottoposte a valutazione: la riduzione del permafrost potrebbe metterne a rischio la sicurezza

Rifugio Boccalatte (foto CAI)

Nasce da una collaborazione tra Club Alpino Italiano e Consiglio Nazionale delle Ricerche il progetto "Resalp - Resilienza Strutture Alpine" che prevede un attento controllo delle condizioni di stabilità di bivacchi e rifugi oltre i 2.800 metri di quota.

Il progetto si fonda sul presupposto che i cambiamenti climatici stanno modificando le Alpi incidendo sulla stabilità dei versanti, mettendo potenzialmente a rischio la sicurezza di queste strutture collocate ad alte quote.

Lo screening sulle condizioni di stabilità geo-idrologiche coinvolgerà diciotto rifugi e quaranta bivacchi. Ogni struttura sarà valutata per «identificare eventuali evidenze di problemi di stabilità degli edifici o delle opere ad essi connessi che possano essere legati a fenomeni di instabilità», spiega il CAI. Dei rilevamenti si occuperà un team di professionisti esperti, geologi e guide alpine per le attività che riguardano le costruzioni di alta quota più difficili da raggiungere. Le analisi saranno compiute utilizzando un modello messo a punto dall'Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del CNR.

«Particolare attenzione - informa ancora il Club Alpino Italiano - verrà riservata a quei processi riconducibili agli effetti del cambiamento climatico sulla stabilità del permafrost: il progetto “RESALP” nasce, infatti, dalla volontà del CAI di mappare il territorio nel quale sono ubicate strutture la cui stabilità potrebbe essere a rischio a causa della riduzione del permafrost (il suolo perennemente ghiacciato) provocata dall'aumento delle temperature».

«Oltre alla valenza operativa, questo screening avrà anche un importante ritorno in termini metodologici e scientifici, in quanto permetterà la raccolta di dati mai acquisiti prima - fornendo così conoscenze utili alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico- e potrà essere utilizzato come modello di riferimento per attività analoghe in altri settori delle Alpi o in aree potenzialmente interessate da processi di degradazione del permafrost», evidenzia il CAI.



Elena Giovinazzo

 

 

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