Violenza di genere: per il 16% degli italiani nasce da una provocazione della donna

Violenza di genere: per il 16% degli italiani nasce da una provocazione della donna

Nel Nord Ovest aumenta il numero di coloro che si schierano dalla parte delle vittime

Solo il 49% degli italiani pensa che le colpe della violenza di genere non siano in alcun modo imputabili alla donna, mentre quasi 1 italiano su 6 attribuisce proprio alla donna alcune responsabilità della violenza stessa. È questo il quadro che emerge dalla ricerca di Ipsos per WeWorld Onlus, Organizzazione non Governativa che da quasi vent’anni si occupa di difendere i diritti delle donne e dei bambini in Italia e nel mondo, presentata oggi a Milano in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Dall’indagine quantitativa svolta su un campione di 1000 italiani, uomini e donne  tra i 18-65 anni, emerge che il 35% è più restio nel considerare la donna vittima e fa appello alla prudenza di giudizio quando il problema investe la sfera familiare: si tratta per lo più di uomini e di persone che vivono nel Nord-Est.

Gli italiani che, invece, si schierano sempre dalla parte delle donne, sono principlamente donne, persone tra i 54-65 anni, quanti vivono in coppia o in altro nucleo e chi risiede nel Nord-Ovest. Infine coloro che tendono ad assolvere il maschio violento sono soprattutto uomini, in particolare giovani adulti (18-29 anni), quanti vivono soli e i residenti in Centro e Sud Italia: per questi la violenza è la naturale e istintiva reazione a una provocazione della donna.

Ancora nel 2017 la giustificazione di atti di violenza di genere ha radici profonde nell’opinione degli italiani: per il 16% degli intervistati se un uomo viene tradito è normale che diventi violento, per il 14% le donne non dovrebbero indossare abiti provocanti, per il 26% se una donna picchiata non lascia il marito, e verrà picchiata di nuovo, sarà anche per colpa sua e, infine, per il 14% può capitare che gli uomini diventino violenti per il "troppo amore". Gli italiani considerano più gravi le violenze fisiche e sessuali, relegando gli abusi verbali e le vessazioni economiche inflitte volontariamente, a espressione secondarie della violenza infatti il 19% ritiene accettabile fare battute a sfondo sessuale, il 17% ritiene accettabile fare avances fisiche esplicte. Secondo il 66% degli intervistati la paura delle conseguenze è la motivazione principale della resistenza alla denuncia da parte delle vittime, il 46% pensa invece che le donne non si rivolgano alle autorità per scarsa fiducia nelle Istituzioni.

La ricerca di Ipsos per WeWorld Onlus mette in luce quelle che sono, secondo il campione, le azioni preventive e a contrasto della violenza di genere. Gli italiani individuano tra le  soluzioni più efficaci per prevenire e contrastare la violenza l’educazione: per l’87%, infatti, si devono insegnare ai giovani le pari opportunità e i diritti, per l’85% serve intervenire nelle scuole con appositi programmi di sensibilizzazione. Il 77% degli intervistati, infine, sottolinea come sia necessaria una legge contro la discriminazione sessuale. La violenza sulle donne ha un lato oscuro per gli italiani: la violenza assistita si conclama quando, esercitata tra le mura domestiche, colpisce anche i bambini che spesso ne sono spettatori involontari. Secondo gli ultimi dati Istat (2015), il numero delle violenze domestiche in cui i figli risultano esposti è pari al 65,2% e nel 25% dei casi i bambini sono stati a loro volta vittime della violenza. Il fenomeno risulta sconosciuto al 49% degli intervistati Ipsos soprattutto nella fascia d’età 30-41 anni. Una scarsa conoscenza che non ne limita la gravità percepita: secondo l’84% degli italiani i bambini che assistono a fenomeni di violenza sono vittime tanto quanto la donna abusata e secondo l’83% possono sviluppare disturbi psicologici, emotivi o relazionali.

Per la violenza assistita intrafamiliare resiste lo stereotipo che lega l'abuso a contesti degradati o quantomeno di limitato livello socio-culturale (per il 25% degli italiani) e/o economico (per il 10%).  Stereotipo confutato dai dati ISTAT e OMS secondo i quali la violenza maschile contro le donne è trasversale ai livelli economici, sociali e culturali, anche se donne che vivono in contesti di basso livello socio-economico e poveri di opportunità formative hanno meno strumenti per orientarsi e avviare percorsi di fuoriuscita da relazioni violente. «Ancora oggi, nel 2017, fotografiamo un Paese profondamente diviso nell'opinione su ciò che si configura come violenza di genere e ignaro del grave fenomeno della sua declinazione assistita intrafamiliare» osserva Nando Pagnoncelli, Presidente Ipsos. JUn cambiamento radicale di mentalità è ancora piuttosto lontano, ma per fortuna ci sembra che possiamo contare sulle agenzie educative primarie per incidere sulle nuove generazioni a riparazione delle attuali carenze».

Per prevenire e contrastare la violenza un ruolo fondamentale, secondo gli intervistati, è affidato alle Organizzazioni e ai centri dedicati all’assistenza (per il 67%). Per aiutare le donne a intrapendere un percorso di autonomia ed empowerment, WeWorld Onlus ha sperimentato con successo il Programma Spazio Donna: 5 centri nei quartieri a rischio di Napoli (Scampia e San Lorenzo), Roma (San Basilio) e Palermo (Borgo Vecchio e San Filippo Neri) che hanno coinvolto, finora, oltre 830 donne in attività  di empowerment femminile.

Clara Rossi

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