Coronavirus: in Valle d'Aosta dilaga silenzioso il virus della povertà

Intervista ad un ristoratore di Aosta: hanno aiutato il Casinò, ora possono dare una mano alle imprese valdostane


Rossopomodoro

AOSTA. La Valle d'Aosta è travolta dallo "tsunami" Coronavirus. Un' emergenza sanitaria mai vista e mai vissuta prima che ha cambiato il nostro vivere quotidiano in brevissimo tempo. I valdostani in più hanno anche dovuto fare i conti con una classe politica incapace di gestire l'ordinario e con il pensiero rivolto ad arresti, inchieste e collusioni con la malavita organizzata.

Ho contattato vari ristoratori, albergatori e gestori di bar. Tutti sono spaventati per un futuro che non dà certezze e che è affidato ad una precaria pattuglia di personaggi che, anche in momenti di normalità, hanno dimostrato spesso di essere inadeguati.

Per le aziende, ora che si avvicina la fase 2, il grande terrore si chiama liquidità. Riaprire senza avere le risorse economiche necessarie non è possibile.

Rosario Aprea gestisce il ristorante Rossopomodoro di Aosta, un franchising aperto ormai da diversi anni. Ci racconta l'ultimo mese vissuto da ristoratore.

Quando sono iniziate a cambiare le cose nel ristorante?
«Fino al 29 febbraio, un sabato sera, abbiamo lavorato normalmente. Già domenica 1° marzo, quando sono arrivate le notizie delle zone rosse in Lombardia, c'è stato un calo improvviso di coperti. Dal 2 marzo in poi è andata sempre peggio».

Di quanto è stato il calo?
«La domenica avevamo in media 150/200 coperti mentre quella domenica, 1° marzo, ne abbiamo fatti 70. Nei giorni dopo è andata sempre peggio. Abbiamo avuto 30 presenze quando in media ne avevamo 100/120 al giorno. Il 7 marzo, il primo sabato successivo, sono iniziati ad uscire i vari divieti, ma ormai i clienti non c'erano più».

Fino a quel momento i clienti cosa pensavano dei divieti?
«Nessuno capiva a cosa fosse dovuta tutta questa paura. Credo che la "mazzata" a livello sanitario lo abbiamo avuto il week end del 7-9 marzo con le piste da sci piene».

Poi è arrivato il decreto di chiusura del 9 marzo.
«Ci hanno detto che potevamo rimanere aperti solo mezza giornata e così abbiamo fatto».

Quanti clienti?
«Quel giorno sedici persone. Dal 12 marzo in poi abbiamo chiuso».

La tua attività è ferma ormai da più di un mese. Fate servizio d'asporto?
«Al momento no. Ho dei bambini piccoli e ho preferito tutelare la mia famiglia e rimanere a casa. Forse dopo il 4 maggio, quando si sarà calmata l'onda dei contagi, valuterò cosa fare».

Parliamo della parte più dolorosa, quella economica. Sei in affitto?
«Sì, siamo in affitto».

La mensilità di marzo è stata pagata?
«La proprietà del marchio con buonsenso ha congelato le fatturazione da marzo in poi, fino a quando non riapriremo».

Questa prolungata chiusura può danneggiare le attrezzature del ristorante?
«Probabilmente servirà un controllo e una manutenzione delle cucine e degli impianti prima di eventualmente riaprire».

E la situazione dei dipendenti?
«La mattina del 9 marzo ho pagato i fitti aziendali, ma non ce l'ho fatta a pagare tutti gli stipendi di febbraio non avendo una grossa riserva economica. Ora sto cercando di dare una mano a chi mi chiede qualcosa».

Quanto tempo ancora potrete resistere chiusi?
«Secondo me potremmo resistere fino giugno/luglio. Poi tutto crolla. Vorrei evidenziare che sono arrivati i 600 euro alle partite Iva, ma non hanno dato un centesimo di acconto ai ragazzi in cassa integrazione. Noi datori di lavoro non possiamo anticipare una prestazione non avvenuta. L'azienda non sempre riesce a farlo».

Su questo fronte c'è qualche notizia certa?
«Dall'Inps non si sa niente e il mio consulente mi ha avvertito che ci vorranno mesi. E io come faccio? Ho mandato una lettera a tutti i miei ragazzi spiegando la situazione e chiedendo un po' di pazienza. Per ora loro sono disposti anche ad aspettare perché sono anni che lavoriamo insieme. Però per la cassa integrazione quanto bisognerà aspettare?».

Alcune aziende hanno anticipato le somme.
«Forse sono aziende grosse».

E da parte della Regione?
«Con quello che hanno fatto per il Casinò tramite Finaosta, una mano possono darla anche alle imprese valdostane. Siamo ad un passo dal baratro. Anche perché la Valle d'Aosta si mantiene sul turismo e se si fermano ristoranti ed alberghi la festa è finita».

Quando arriverà la riapertura i ristoranti dovranno probabilmente far rispettare le regole del distanziamento sociale e quindi ridurre il numero di coperti. L'attività sarebbe ancora economicamente sostenibile?
«Il lavoro sarà ridotto al 20 per cento rispetto a quello che facevamo prima, sempre ammesso che poi la gente arrivi. Con il distanziamento in sala anziché fare 50 coperti a pranzo ne farò 10. Il sabato sera con 150/200 coperti in media c'erano otto persone al lavoro. Dovrei rivedere la forza lavoro. A tutti i miei otto dipendenti dovrei chiedere di fare part time e qualcuno dovrebbe rimanere a casa. Inoltre noi, come altri ristoranti, lavoriamo anche grazie ai transiti da Francia e Svizzera. Ma se sono chiuse le frontiere, non penso ci sia tanta possibilità di rimanere aperti».

Come sarà la ripresa dell'attività nella nostra regione?
«L'inizio sarà completamente tragico. I pochi che ripartiranno non penso che potranno rimanere aperti a lungo con le restrizioni. Un locale come il mio ha spese vive enormi che possono essere coperte solo garantendo un tot di coperti al giorno».

Quindi gli aiuti sono l'unica strada?
«Sì, ma aiuti a fondo perduto. Non possono in questo momento andare ad indebitarmi perché non ci sono speranze di tornare alla normalità entro due o tre anni. La vedo davvero difficile. Ci servirebbero due tipi di aiuto: un flusso finanziario a fondo perduto e un aiuto dallo Stato con 18-20 mesi di preammortamento per vedere come va. E' vero che bisogna salvaguardare prima di tutto la salute, ma di questo passo lo Stato se non ci darà una mano farà più danni del coronavirus».

I 600 euro alle partite Iva sono stati accreditati. Cosa ne farai?
«Nulla. Non bastano per pagare nemmeno un'utenza. Posso pagare il telefono e basta».

Rossopomodoro

 

 

Marco Camilli

 

 

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