Quel pasticciaccio brutto della Fiera di Sant'Orso online

L'amore per la tradizione trasformi una triste storia di ignoranza e sperpero di denaro pubblico in un'occasione di collaborazione

 

Marco CamilliAOSTA. La Fiera di Sant'Orso è la manifestazione principe dell'ingegno valdostano. Negli anni l'amministrazione regionale ha dimostrato, collaborando con gli stessi artigiani, di saper organizzare questo grande evento al meglio.

Questo appuntamento ha rafforzato ogni anno di più la passione e l'amore degli estimatori dell'artigianato tradizionale valdostano.

Tutto bene per la Foire in presenza quindi, mentre per l'on line la situazione è diversa.

Facciamo un passo indietro. Negli anni '90 Internet emette i suoi primi vagiti e nel 1999 in Italia e anche in Valle d'Aosta è un mondo ancora sconosciuto. Proprio nel 1999 presentai all'amministrazione regionale dell'epoca il mio progetto di portare la Fiera sul web. Dopo una lunga spiegazione la riposta fu: "Bel progetto, quando esce in edicola?". A quel punto decisi di muovermi da solo registrando il sito www.fieradisantorso.it

Negli anni questo portale è cresciuto fino a diventare il sito di riferimento della Foire - non esistendone uno ufficiale fino a poche settimane fa - e trasformandosi nella rivista digitale dell'artigianato valdostano che per oltre dieci anni ha raccontato con dirette streaming le diverse edizioni dell'evento e che dal 2016 ospita la Vetrina degli Artigiani.

Per alcune edizioni la Regione ha collaborato con il portale acquistando spazi pubblicitari, partecipando alla realizzazione dei live streaming o promuovendo le app ufficiali della Fiera. Poi sono cambiati gli assessori e sono arrivate nuove idee. Anzitutto la registrazione all'Ufficio Marchio e Brevetti del marchio, con tanto di consulenza pagata dalla Regione e dichiarazioni enfatiche ai media dell'assessore dell'epoca sul fatto che "finalmente impediremo a persone non autorizzate di utilizzare il nome della Fiera di Sant'Orso nella rete". Il marchio poi è stato registrato per pelletteria, cappelli e manifestazioni culturali, ma per Internet nulla da fare perché il nome collegato era già registrato da molti anni e - su questo la normativa è chiara, e non serve avvalersi di una consulenza specializzata - la Regione non poteva rivendicarlo.

Poco dopo avviene il cambio di strategia, condiviso da due maggioranze dai colori politici diversi: dare un nuovo nome alla Fiera di Sant'Orso. La transizione dura relativamente poco e per accelerarla l'Amministrazione regionale affida ad alcuni professionisti il compito di ideare un nuovo marchio, definirne il nome, inventarne la grafica. E così la Regione esibisce il nuovo marchio La Saint Ours. Siamo nel 2018.

Apriamo una parentesi. Dopo la registrazione del nuovo marchio, per il quale sono state investite importanti risorse pubbliche, incredibilmente nessuno a Palazzo regionale pensò di registrare il sito web di riferimento. Passarono alcune settimane prima che qualcuno lo registrasse. E non fu nemmeno la Regione, bensì uno dei professionisti cui era stata affidata l'ideazione de La Saint Ours. Ricordando lo stupore dell'allora assessore e della funzionaria regionale quando lo feci notare nel corso di una conferenza stampa, gli uffici competenti ne erano del tutto ignari. Ci volle ancora qualche giorno prima che l'Amministrazione regionale ottenesse (non è noto con quali modalità) la proprietà del sito. Rimasto poi un contenitore vuoto.

Arriviamo al 2020, anno della pandemia. A novembre, quando era ormai chiaro che la Fiera in presenza non poteva essere organizzata, ho inviato alla Regione una proposta di collaborazione gratuita per l'edizione del 2021 attraverso il sito Fieradisantorso.it. La risposta è stata negativa perché l'assessorato aveva deciso di dare vita ad un contenitore tutto nuovo da portare al top della visibilità in pochi mesi, stanziando una importante somma per la realizzazione del portale e per l'acquisto di annunci pubblicitari sui motori di ricerca. Ho così proseguito per la mia strada. Nell'ambito dello sviluppo del progetto editoriale di rivista digitale dell'artigianato ho registrato saintours.it lasciandolo privo di contenuti con un rimando al portale Fieradisantorso.it.

Saintours.it è finito al centro di una contestazione da parte della Regione. Senza preventive comunicazioni, lo scorso 25 gennaio la Giunta regionale ha incaricato tre avvocati di uno studio legale di rivolgersi al Tribunale delle Imprese di Torino per chiedere con urgenza di inibire l'uso del nome a dominio e ottenerne il trasferimento a proprio favore. Il Tribunale ha bloccato l'uso del sito con un provvedimento cautelare il giorno 29 gennaio e, a seguito della discussione nel merito, ha sostanzialmente respinto le richieste della Regione. "Devono invece essere rigettate le ulteriori istanze cautelari della Regione Autonoma Valle d’Aosta - scrive il giudice -. Quanto al trasferimento provvisorio ex art. 133 Cpi, va rilevato che la ricorrente (la Regione, ndr), già titolare del nome a dominio lasaintours.it, non ha specificato i motivi per cui, in via d'urgenza, si renderebbe necessaria anche l'utilizzazione di quello saintours.it".

Il portale dovrà comunque rimanere disattivo per 90 giorni. Non commento e accetto.

Una speranza: che l'amore verso le tradizione della nostra regione riescano a creare il giusto equilibrio tra chi dal 1999 ha portato in rete la Fiera di Sant'Orso e chi è stato e sarà nel futuro un maestro nel realizzare la Fiera nelle vie della bellissima città di Aosta.


Marco Camilli


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