«Sanzione Green pass? Si faccia ricorso»

Intervista all'avvocato Orlando Navarra


Certificazione verde


Una recente pronuncia da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europa in merito a un ricorso sul Green pass evidenzia l'esistenza di presupposti per il ricorso alla sanzione per mancanza della certificazione. Ne parla l'avvocato Orlando Navarra indicando una possibile discriminazione nei confronti di chi, non vaccinato contro il Covid-19, deve sottoporsi ogni due giorni a tampone, ma non riesce a farlo per via della disorganizzazione del sistema.

Avvocato, il titolare di un’attività l’ha contattata dopo aver ricevuto una multa perché non aveva il Green pass…
Esattamente, un esercente con un tampone prenotato ha subito un controllo da parte dei Nas ed è stato sanzionato con una sanzione di 280 euro, se pagata entro i cinque giorni. È ovvio che diventa difficile impostare un ricorso su una legge in vigore e a seguito di un controllo in cui è stato trovato senza Green pass mentre lavorava, ma gli ho suggerito e suggerisco a tutti di fare ricorso. Perché chiunque decide di pagare entro i cinque giorni o di non impugnare - e quindi accettare che il provvedimento diventi definitivo - sarà segnato: ha un precedente. Il meccanismo della norma prevede infatti che nel secondo accertamento, e di fronte a un precedente, la sanzione possa aumentare al doppio del massimo, ovvero 6000 euro, ai quali si aggiunge la chiusura del locale per trenta giorni. Per questo conviene impugnare puntando a non creare il precedente in attesa che la situazione migliori e che la normativa diventi più chiara.
Tengo a precisare che sono favorevole ai vaccini e sono vaccinato, ma da avvocato sono attento alla tutela dei diritti.
In Europa è stato previsto che chi non si vaccina non deve essere penalizzato e la legge è stata rispettata consentendo di avere il Green pass anche nel caso di tamponi. Il problema è che nessuno ha organizzato un servizio efficiente per garantire questa libertà di scelta. Noi stiamo andando oltre al discorso dei No Green pass, stiamo andando su un piano diverso: il cittadino deve avere la possibilità di prenotare un tampone ogni 48 ore e avere un servizio efficiente e valido. Tutti gli interessati dovrebbero richiedere all’USL, all’IRV e alle farmacie una prenotazione sul medio periodo di due mesi per esercitare un diritto, quello di poter lavorare. Se non possono garantire questo servizio il diritto di scelta non esiste e il cittadino si deve confrontare con farmacie ingolfate e un sistema pubblico non organizzato.

Di fronte a un’alternativa che non è effettiva nasce una discriminazione.
Esatto, nasce una discriminazione. Sarebbe da approfondire la possibilità di un ricorso alla Corte di giustizia su una discriminazione vera oppure comunque su altre forme di tutela. Ciò che è ovvio è che se chi non fa il vaccino è impossibilitato nel fare i tamponi - e l’impossibilità è documentata da un cartaceo - di fronte a una sanzione ha un argomento per fare ricorso.
Per garantire un’alternativa quest’ultima deve essere effettiva, altrimenti non è un’alternativa dal punto di vista giuridico.

La possibilità che le sanzioni siano impugnabili e quindi annullabili non crede metta a rischio l’impianto di tutto il decreto Green pass?
Beh certo, è ovvio che se, tra le migliaia di ricorsi in questo senso, uno ottenesse un risultato, gli altri potrebbero seguirlo a cascata. È chiaro che il sistema è congegnato in maniera tale che è necessario che il giudice accolga la tesi, che eventualmente il giudice accolga un’eccezione di costituzionalità che poi sia accolta dalla corte costituzionale. Il percorso è lungo, ma chi finora è andato di fronte alla Corte di giustizia ci è andato con il presupposto che il Green pass non fosse legale. Il nostro presupposto invece sottolinea la necessità che sia garantita in maniera effettiva la possibilità di lavorare con il tampone. Se non è garantita è in atto una costrizione.

 

 

Veronica Pederzolli

 

 

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