Maja vive ad Aosta da 14 anni. Quanto accade in Ucraina e prima ancora in Serbia è «una grande sofferenza»
Maja Ignjatov è una infermiera originaria di Novi Sad, città della Serbia del Nord coinvolta nel conflitto dei Balcani degli anni Novanta. È in Italia da sedici anni e da quattordici vive e lavora ad Aosta, come infermiera in rianimazione all'ospedale Parini. Quando caddero le prime bombe Nato sui Balcani, il suo primo figlio aveva meno di due anni. Ora la storia si ripete, con attori diversi, ma con lo stesso risultato.
Ucraina, Serbia, Crimea, Russia: un mondo, che noi chiamiamo dell'Est, diverso ma unito da un denominatore comune: tanto dolore. Hai vissuto il periodo della dissoluzione della Jugoslavia, la guerra. Ora sei in Italia da sedici anni. Raccontaci, visti dai tuoi occhi, cosa accadde nella guerra dell'ex Jugoslavia.
«All'epoca i nostri media parlavano di timori un bombardamento. Io ero spaventata a morte: ero una giovane mamma, una giovane lavoratrice e non avevo idea di come comportarmi in caso di attacco. Aveto tanta paura per me, per la mia famiglia e per un figlio che non aveva nemmeno 2 anni. Tenevo pronta una valigia. Tutti dicevano che non sarebbe accaduto, che eravamo in Europa, che non ci sarebbero stati bombardamenti. Era il 1999 e nessuno ci credeva. Alla fine però è successo. Sono passati venti anni, ma lo ricordo come fosse ieri».
Chi vi bombardò?
«La Nato bombardò il Nord della Serbia per i problemi nel Sud».
Ora, dopo parecchi anni, la Russia bombarda l'Ucraina. Russia che in questo scenario Est europeo è sempre presente. Ti chiedo: è una madre Russia o una matrigna Russia?
«Non lo so. Ho sempre cercato di capire, ma non ci sono mai riuscita. I giochi della guerra non fanno per me. Io vivo il presente, le mie paure. Non ho mai detto che uno aveva torto o ragione. Alla fine, quelli che avevano torto erano quelli che sono stati bombardati, quelli che sono morti, che sono rimasti senza casa, che sono dovuti scappare come ho fatto anch'io in quei momenti molto brutti».
Quei momenti li sogni ancora?
«Sì, assolutamente sì».
Come pensi stiano vivendo gli ucraini?
«Credo abbiano tanta paura soprattutto per la famiglia. In quei momenti si tenta di ragionare e di pensare, ma tutto si blocca».
Parliamo di questa "maledizione" che avvolge l'Est Europeo. I tuoi famigliari, i tuoi nonni, parlavano della storia di quella regione?
«Sì».
Quale spiegazione a questa "maledizione"?
«Quando ci sono interessi importanti, economici e politici, scoppiano sempre le guerre».
Quale è il problema? I politici o una assenza di "cultura di democrazia" del popolo vissuto sotto regimi totalitari?
«Manipolare la gente semplice è facile, non importa su quale livello. È per quello che sono avvenute le guerre sui Balcani e le altre. Alla fine le persone intelligenti scappano, perché non vogliono morire per gli interessi di qualcun altro».
In Italia sono presenti tante donne dall'Est. Gli uomini rimangono in patria?
«Di solito sono obbligati: c'è l'obbligo di leva, di riserva. Quando fu bombardata la Serbia noi non potemmo uscire perché le frontiere erano chiuse. Inoltre i maschi volevano giustamente difendere la propria casa, le proprie radici. È normale».
Il legame familiare viene così a disgregarsi.
«Spesso sì».
Come credi andrà a finire questa invasione in Ucraina?
«Spero che si fermerà, che non andrà avanti. Lo spero per la gente che soffre, che vive sotto le bombe, negli scantinati. Quella è la parte più brutta. Lo spero anche per i soldati che devono lasciare le famiglie e andare a combattere. E per cosa? Mi auguro che riescano a risolvere i problemi. È una grande sofferenza».
Come Serbia, prima del bombardamento Nato e adesso, Europa o Russia?
«La Serbia fino adesso è rimasta neutra. Il nostro attuale presidente ha dichiarato che tutti vogliono andare verso l'Europa, ma non contro la Russia. Questo è il loro parere. Io però, abitando qui da anni, non seguo la politica dell'Est».
La Russia riesce ancora a incutere terrore.
«Ma anche l'America riesce a terrorizzare. Sono due forze molto potenti e armate. Con loro non si scherza, diciamo così. Per quello spero che finisca tutto il prima possibile».
Un tuo sogno?
«Vivere in pace, in serenità. Quello credo sia il sogno di tutti».
Marco Camilli