Non è reato nei casi in cui la tecnica di procerazione sia finalizzata ad evitare la trasmissione al feto di gravi malattie
La pronuncia di oggi della Corte Costituzionale sulla L. 40/04 per la prima volta tocca l'art 13 del provveddimento che legifera sul "Divieto di sperimentazione sugli embrioni umani". Adeguato l'impianto della legge anche sotto il profilo penalistico alle proprie precedenti pronunce (sent 151/09 -3 embrioni e obbligo di contemporaneo impianto; sent 96/15 -accesso delle coppie fertili alla PMA e PGD). In particolare quest'ultima ha recentemente affermato il diritto delle coppie fertili portatrici di patologie genetiche trasmissibili alla prole, qualificabili per analogia secondo il criterio normativo di gravità previsto dalla legge 194/78 (aborto terapeutico in caso di gravi malformazioni del feto), di accedere alla Procreazione assistita preceduta dalla tecnica di diagnosi genetica di pre impianto (forma di diagnosi pre- natale diretta a verificare lo stato di salute degli embrioni prodotti e finalizzata alla selezione di quelli malati rispetto a quelli sani da trasferire). E' inoltre affermato il diritto della coppia di selezionare l'embrione sano da quello malato.
Quanto alla questione della eventuale possibilità di soppressione dell'embrione risultato malato, la Consulta ha precisato che il divieto previsto dalla legge risulta conforme al principio di ragionevolezza. Rientra nella discrezionalità del legislatore prevedere che, a tutela della dignità dell'embrione (ancorchè malato), non sussistendo alcun diritto antagonista da bilanciare (non la tutela della salute della donna, né esigenze autodeterminative della coppia), lo stesso deve essere crioconservato a tempo indeterminato.
Clara Rossi