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Decreto sicurezza, la Valle d'Aosta non farà ricorso alla Corte Costituzionale

AOSTA. Il governo regionale della Valle d'Aosta non impugnerà il "decreto sicurezza" al contrario di quanto fatto da altre regioni dinanzi alla Corte Costituzionale.

«I nostri uffici hanno valutato tutti i contenuti del decreto prendendo contatti con le altre Regioni» e il risultato degli approfondimenti è che «un ricorso alla Corte costituzionale presenta molte criticità, non essendo esente da dubbi sia per l'ammissibilità sia per la fondatezza», ha spiegato il presidente della Regione, Antonio Fosson, nel dibattito in consiglio regionale su una mozione (respinta a larga maggioranza) presentata da RC e ADU.

«Non siamo sordi verso la solidarietà e nessuno ci vieta di portarci in casa un bambino immigrato», ha dichiarato Fosson definendo comunque quello della Valle d'Aosta «un modello inclusivo, che quando accoglie un immigrato non è per metterlo in un angolo ma per dargli tutta la dignità a cui ha diritto. L'immigrazione però deve essere regolata». In più, ha detto il presidente della Regione, «nemmeno un sindaco è venuto a chiedercelo (di fare ricorso, ndr)».

«Le persone rischiano di sparire in un limbo burocratico», ha replicato Chiara Minelli (RC) chiedendo «umanità» nelle scelte politiche e isituzionali. «Alcuni costituzionalisti dicono che le misure del decreto presentano delle aberrazioni giuridiche. Mi chiedo se davvero la nostra regione, che ha conosciuto le difficoltà dell'emigrazione e ha ancora un tessuto immigratorio e una realtà di accoglienza sana e produttiva, voglia sacrificare questa ricchezza».

«Vangelo e autonomia non vanno più di moda nemmeno in quest'aula, sono diventati collutori con cui sciacquarci le gengive», la replica di Daria Pulz (ADU). La consigliera ha accusato la giunta regionale di «nascondersi dietro ad argomenti tecnici. Preferite adeguarvi alla volontà di uno Stato che ci impone la discriminazione e che innalza steccati. Se nutrissimo per la mafia la stessa intolleranza degli stranieri, proveremmo meno imbarazzo in quest'aula».

 

 

C.R.

 

 

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