Mi faccio i fatti miei

40 anni di attentati, omicidi, intimidazioni. Non si può più dire: non lo sapevo

 

tre scimmieAOSTA. Giorni fa, al TG2, è passata la notizia dello scioglimento del Comune di Saint-Pierre per infiltrazione mafiosa. 

Un inviato ha intervistato alcuni cittadini e tra questi un signore che alla domanda su cosa pensava dello scioglimento del comune per infiltrazione mafiosa rispondeva: «io mi faccio i fatti miei e mi sono sempre fatto i fatti miei».

Bravo! Un bellissimo atteggiamento che alla "onorata società" (così gli associati chiamano l‘ndrangheta) farà sicuramente piacere. Nel loro ambiente si chiama "omertà", mantenere il silenzio, girarsi dall'altra parte, mantenere lo sguardo basso per non guardare. Quelli che si fanno i fatti propri si consolano con: “occhio non vede cuore non duole”. Se per caso hai visto, sentito o capito, fatti, gli affari tuoi non sono cose che ti riguardano. Ci vuole coraggio a guardare in alto, ci vuole coraggio a drizzare la schiena e guardare in faccia il nemico, si bisogna avere coraggio. E' più facile abbassar lo sguardo, mugugnare e consolarsi dicendo: «tanto non sarò io a salvare l'Italia».

La presenza della ‘ndrangheta in Valle d'Aosta è datata. Durante l'indagine “Lenzuolo” quattro simpatici signori erano sull'auto di Santo Pansera, per i Carabinieri e la magistratura, il “capo locale” della ‘ndrangheta in Aosta, per altri un ottimo suonatore di organetto e onesto lavoratore nel suo autolavaggio, dove: «tutti andavano a lavare le auto». I quattro amici iniziano a ricordare i bei vecchi tempi ed elencano i “capi società” e i “mastri jurnata” che si erano succeduti negli anni. (Il locale è la rappresentanza della 'ndrangheta in un determinato territorio. Secondo il codice ‘ndranghetistico per insediare un locale nella porzione di territorio devono essere presenti almeno 49 ‘ndranghetisti. “Capo società” è il capo del locale “Mastro jurnata” è il grado che indica colui il quale fa da raccordo tra il capo società e gli altri associati e gestisce i “picciotti”). La loro storia inizia nel 1950. Purtroppo, quando si stavano avvicinando pericolosamente a ricordi più recenti, il prudente Pansera bloccava gli amici con la frase: «…fermi, non so come sono combinato qua dentro» o, per dirla in modo diverso: «attenzione qualcuno potrebbe ascoltarci». Peccato sarebbe stato interessante il resto del racconto.

Intanto la “malapianta” ha affondato le sue radici, è cresciuta, ha compreso quale poteva essere la sua vocazione in Valle d'Aosta. Non sono certo mancati gli episodi di sangue, fatti gravi lontani tra loro nel tempo che non hanno suscitato allarme sociale.

Ricordiamo solo alcuni:

Anni 70-80
Nelle notti dell'08, 09 e 10 agosto 1977, in Aosta: esplosi ordigni esplosivi contro, alcuni negozi: la bottiglieria di proprietà di Maddalena Apolloni in via Lostan, il negozio di abbigliamento all'insegna Canonico e Vacchina in via Gramsci e il distributore di carburanti Esso viale Partigiani;
- 3 settembre 1979: attentato mortale ad Armando Pasquali, 41 anni, di Sarre, titolare di un negozio di jeans in via Aubert ad Aosta. Mentre con la sua Mercedes 240 D si sta recando a Como per riconsegnare della merce, sull'autostrada all'altezza di Montjovet la sua auto salta in aria a causa di una bomba. Circa tre mesi prima Pasquali era sopravvissuto all'incendio della sua Fiat 125 e gli inquirenti avevano ipotizzato un attentato. Lui invece aveva attribuito l'accaduto all'incendio di una bombola di anti-appannante presente nell'abitacolo dell'auto;
- 30 aprile 1980: all'anfiteatro romano di Aosta viene trovato il cadavere di Domenico Raso, assassinato a colpi di coltello;
- 31 gennaio 1981: Francesco Manti viene ucciso all'interno del bar Enal di Aosta;
- 09 dicembre 1981: Carmelo Oliverio, un pregiudicato di origine calabrese, qualificandosi agente di polizia, irrompe, nell'abitazione dei coniugi Grillo (ventitreenne) e Gaj (ventenne) e li ferisce gravemente a colpi di pistola. Nel loro rapporto i Carabinieri della Compagnia di Aosta così riferivano: «Si ritiene che all'origine del grave fatto delittuoso vi siano vecchi rancori personali in quanto Oliverio Carmelo – tuttora latitante – presumeva che Grillo Francesco fosse confidente delle Forze dell'Ordine»;
- 10 ottobre 1982: esplode un ordigno all'ingresso del Bar-Ristorante-Discoteca “La Chaumiere”, il cui proprietario, nei giorni precedenti, aveva ricevuto più telefonate di natura estorsiva;
- 13 dicembre 1982: ad Aosta esplode l'autovettura dell'allora Pretore di Aosta Giovanni Selis che, miracolosamente, rimane praticamente illeso;
- 10 ottobre 1985: in Aosta viene incendiata la pala meccanica di un'impresa, che aveva avuto in appalto lavori presso il locale cimitero comunale.

Anni 90
- 04 giugno 1990: ad Issogne viene ucciso a colpi di arma da fuoco Giuseppe Mirabelli. L'omicidio è legato ad una faida iniziata verso la metà degli anni '70 nel comune di Petilia Policastro tra due gruppi criminali, quello della famiglia Mirabelli e quello della famiglia Garofalo;
- 13 giugno 1991 a Pont Saint Martin viene trucidato a colpi d'arma da fuoco Gaetano Neri. L'uomo nel 1988 era stato colpito da provvedimento di divieto di soggiorno in Calabria e altre regioni e si era stabilito in Valle d'Aosta dove abitavano alcuni suoi parenti. Il delitto era inquadrato nella violentissima faida, all'epoca in corso in Taurianova (RC), tra la cosche Avignone-Zagari-Viola e Asciutto-Neri-Grimaldi;
- 26 novembre 1991 in Clermont Ferrand (Francia), uccisa a colpi d'arma da fuoco Francoise Ferreyroles. L'ex marito della signora Ferreyroles era un noto dentista di Aosta che si era scocciato di versare somme di denaro alla moglie la quale, ogni tanto, si era lasciata andare a delle minacce. Il dottore, tramite un suo cliente se non affiliato vicino alla ‘ndrangheta, assoldava Santo Asciutto, Antonio Sorrento e Roberto Reitano della cosca Asciutto-Neri-Grimaldi, la stessa della faida di Gaetano Neri. I Carabinieri nel loro rapporto facevano presente che: «L'episodio, pur occorso in territorio estero, rileva poiché l'ex marito dell'uccisa risiedeva in Aosta, ove aveva avuto modo di contattare ed ingaggiare i personaggi indicati, a riprova che anche in questo centro le cosche calabresi avevano – ed hanno – una loro operatività.»
- Dal 5 al 29 marzo 1992, la ricerca e mancata cattura di Luigi Facchineri. La famiglia di ‘ndrangheta Facchineri, detti “Biscia” è una cosca della ‘ndrangheta coinvolta in una ventennale faida contro le cosce dei Raso-Gullace-Albanese. A seguito della guerra, accadeva una sorta di diaspora dei Facchineri nell'intero territorio nazionale, tra cui la Valle d'Aosta dove si insediavano alcuni esponenti e fiancheggiatori. Uno dei Facchineri, era inserito nell'elenco dei 30 più pericolosi latitanti nazionali, Luigi Facchineri ricercato tra l'altro per traffico di stupefacenti. In quel periodo La Squadra Mobile della Questura di Aosta insieme al Nucleo Operativo dei Carabinieri, seguendo gli spostamenti e le conversazioni telefoniche della fidanzata di Luigi Facchineri, in Valle d'Aosta per un periodo di vacanza da alcuni parenti, individuavano il covo del latitante in un casale a Capraia Michelangelo, vicino ad Arezzo. Purtroppo Luigi sfuggiva alla cattura e invece era catturato il cugino, Domenico Facchineri, anch'esso ricercato. Luigi era poi catturato in Costa Azzurra nel 1996. Terminata la sua pena, Luigi è residente in Aosta;
- 23 febbraio 1993, al termine di una lunga indagine della Squadra Mobile della Questura di Aosta per traffico e spaccio di cocaina in Valle d'Aosta, insieme ai Carabinieri di Aosta arresta Nirta Giuseppe, quello che sarà poi ucciso in Spagna, Rosario Strati e Giorgio Furfaro. Un mese dopo, Nirta era colpito da altri mandati di cattura tra cui quella del Tribunale di Milano perché appartenente all'organizzazione mafiosa “Stidda”; 
- Febbraio 1993, la Squadra Mobile della Questura di Aosta documentava la presenza in Aosta nel capo dell'omonima cosca Natale Jamonte, che aveva incontrato in un suo ristorante in Calabria esponenti politici Valdostani. Jamonte, in Aosta, era in compagnia di Salvatore Martino che era poi arrestato, dalla Squadra Mobile della Questura di Aosta su ordine del Tribunale di Reggio Calabria, nell'agosto 1994 per associazione per delinquere di stampo mafioso. In quelle indagini era stato documentato che nel febbraio 1994 Martino in Aosta era in compagnia del latitante Carmelo Jamonte, figlio di Natale;
- 22 maggio 1996: nella notte ignoti incendiavano sette autocarri nella sede della G.&C. di La Pegna Vincenzo. Il 3 giugno successivo La Pegna riceve una lettera minatoria in cui era scritto «rinuncia ora se vuoi vivere»;
- 28 aprile 2001: verso le 01,00 un simpatico ignoto incendia lo zerbino della casa di un imprenditore. Subito dopo, la figlia dell'imprenditore riceve una telefonata anonima, nella quale un signore con accento calabrese dice: «di a papà che la prossima volta papà salta nel fuoco». Probabilmente il movente era da ricercare in una gara d'appalto;
- 16 luglio 2005: va in fiamme a una pizzeria di Pontey, dove si trova anche una pista di go-kart. Il fuoco determina l'esplosione delle tubature del gas, per cui l'edificio è interamente sventrato. I proprietari sono i fratelli Fusaro, già titolari di un'impresa edile poi fallita, il cui nome compariva già nell'indagine La Pegna;
- 11 marzo 2007: va a fuoco il deposito di tronchi presso la segheria di Walter Dal Canton, in regione Champagne a Villeneuve. L'incendio è gigantesco e per spegnerlo i vigili del fuoco lottano tutto il giorno, mobilitando anche due elicotteri della Protezione civile che rovesciano acqua e schiumogeni dal cielo. Il pericolo è grande perché la segheria in fiamme confina con il deposito carburanti della Villeneuve Petroli, la cui palazzina degli uffici è lambita dal fuoco: in caso di esplosione delle cisterne interrate di gasolio, le conseguenze potrebbero essere disastrose. Sgomberate le 15 famiglie della vicina frazione Trepont, strada statale interrotta, alla fine di un giorno di angoscia e mobilitazione i danni si quantificano in circa 250.000 euro. Poiché incendiare una catasta di tronchi enormi, non è impresa tecnicamente facile, anche in questo caso s'ipotizza una mano criminalmente esperta;
- 09 luglio 2008: tentata estorsione al commerciante ambulante di frutta e verdura. Il commerciante, è minacciato da un ragazzo che gli contesta di aver occupato il posto assegnato ad altri da un'organizzazione criminale calabrese. Il poveretto si rivolge a Tropiano Giuseppe, il quale invia Vincenzo Raso che ascolta le parti e risolve la questione. Vincenzo Raso, detto “Zuccaro” sarà poi arrestato dalla D.D.A. di Reggio Calabria, nel 2019 perché indiziato di appartenere al locale della ‘ndrangheta di San Giorgio Morgeto.
- 11 giugno 2009. Personale del R.O.S. di Torino, arresta Domenico e Giuseppe Nirta di Quart, i loro nipoti Franco Aldo, Roberto Alex Di Donato. I clienti principali, per il Nord Italia, in particolare per la zona di Milano, la famiglia Mammoliti detta “Fischiante” di San Luca (RC) e l'interlocutore principale era l'ex latitante Rocco Mammoliti poi arrestato in Olanda anni dopo.
Nel dicembre 2010 l'Autorità Giudiziaria del Principato del Liechtenstein procedeva per riciclaggio a carico di un fratello dei Di Donato.
- 2 ottobre 2010, davanti alla porta degli uffici dell'Edilsud di Charvensod, dei fratelli Tropiano, un uomo rimasto sconosciuto posa una tanica di benzina con il tappo aperto e sopra un accendino. Durante l'indagine, battezzata “Tempus Venit” coordinata dalla D.D.A. di Torino, gli inquirenti accertano che alla Edilsud era giunte lettere estorsive da parte di un esponente della cosca “Facchineri” stabilitasi a Marzabotto, tramite una loro conoscenza di Aosta, Roberto Raffa. Le richieste erano taciute dal Tropiano che invece si rivolgeva ai fratelli Raso: Michele, Vincenzo e Salvatore che agivano quali intermediari. In sostanza Facchineri di Marzabotto, pretendeva il 3% di un appalto milionario della Edilsud. Medesima richiesta era fatta ad altro imprenditore e nella lettera era specificato di non rivolgersi ai Raso. La vicenda aveva un aspetto drammatico. A San Giorgio Morgeto nel settembre 2011 era trucidato a colpi di pallettoni Salvatore Raso, di 45 anni. Poco dopo qualcuno sparava alle serrande di una casa dei Tropiano e per poco non era ferita o peggio uccisa una parente presente nella casa. Giuseppe Facchineri, detto “ ‘O professore” Roberto Raffa e altri erano arrestati per tentata estorsione aggravata del metodo mafioso, Michele Raso arrestato per concorso in tentata estorsione possesso illegale di una pistola. Giuseppe Tropiano, imputato per favoreggiamento. In primo grado erano tutti condannati mentre nel processo di appello i Tropiano e i Raso erano assolti per non avere commesso il fatto. Nella sentenza i Giudici affermavano che i Tropiano si erano rivolti ai Raso non perché loro “guardiani” ma perché loro amici e questi si erano attivati per fare loro un favore. Tutto questo era avvenuto perché è usanza in Calabria. Le sentenze si accettano ma si possono anche non condividere. Ultimamente, Giuseppe Tropiano intervistato da La Stampa sottolineava che lui non aveva denunciato nessuno ma gli estorsori erano stati individuati dagli inquirenti. Come dire, io non ho mantenuto il silenzio, mi sono fatto i fatti miei ho denunciato lo stretto necessario, sono stati gli sbirri a fare casino. Di parere diverso è la DDA di Reggio Calabria che nella custodia cautelare in carcere afferma che i Raso erano i guardiani dei Tropiano.
- 3 giugno 2012: al quartiere Dora di Aosta va in fiamme l'autovettura di Girolamo Fazari, detto Mommo, danneggiando anche un'autovettura parcheggiata vicina. L'inchiesta, chiamata Hybris (prevaricazione in greco), faceva luce su un tentativo di estorsione di due baldi giovani di Aosta e St. Marcel, Mammoliti Domenico e Taccone Ferdinando, i quali pretendevano di avere un posto di lavoro nella ditta dove lavorava il Fazari. Fazari, per tenersi buoni i giovani, procurava loro il carburante rubato dalla ditta. Oltre a questo emergevano altri comportamenti tipicamente mafiosi, quali il ferimento, per un pelo non mortale, in danno di un giovane colpevole di avere avuto dubbi sul fatto che gli autori non avevano il coraggio di “scannare”. Grazie all'attività diplomatica delle famiglie Pesce di Rosarno e Facchineri di Cittanova, che avevano interessi mafiosi nella Regione Valle d'Aosta, era raggiunto un accordo. L'attività era documentata con due incontri avvenuti in una pizzeria di San Ferdinando e in una masseria dei Facchineri.
- Novembre 2014, inizia l'indagine Geenna, per cui presso il Tribunale di Torino è in corso il rito abbreviato e il prossimo 11 marzo, al Tribunale di Aosta.

Sicuramente in questo elenco cronologico sono state dimenticate delle vicende, alcune delle quali oscure e a volte rimaste senza colpevoli. In passato, forse, c'era una mancanza di conoscenza del fenomeno, ancora considerato un “problema calabrese”. Ora, con le grandi inchieste giudiziarie - Crimine, Infinito, Minotauro e addirittura anche in Svizzera - è stata svelata la presenza della criminalità organizzata nel operoso Nord. Svariati libri di studiosi, magistrati, hanno e fanno conoscere le varie sfaccettature del problema, comprese le pieghe in cui essa si nasconde.

Ora non è più possibile dire: “non lo sapevo”.

In questo momento non è corretto approfondire quello che emerso da Geenna perché c'è un processo in corso. Ora però è anche arrivato il tempo della società, non solo della politica, ma di tutta la società a dotarsi di anticorpi, di protezioni per salvarsi da questo male che non è incurabile. Sarà necessario tagliare e allontanare chi e cosa ha permesso di infettare la nostra società. Sarà necessaria grande capacità di autocritica, umiltà e per qualcuno avere il coraggio di dire “scusate me ne vado” e se non se ne va indicargli la porta, non fornirgli una poltrona non istituzionale. Se ciò non avverrà questa bellissima regione, ricca di bellezze naturali, storia, tradizioni, continuerà a essere malata.

Mi raccomando non "facciamoci i fatti nostri" perché il problema non è solo giudiziario.

 

 

Cesare Neroni

 

 

 

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