Coronavirus e prostituzione: crollo della clientela

Centri massaggi a luci rosse deserti in tutta Italia

 

prostituzioneAOSTA. Era il lontano 1990 quando intervistai una giovane prostituta del litorale romano chiedendole del comportamento dei clienti nei confronti dell'Aids. All'epoca solo il nominare questa infezione generava paura, eppure la prostituta mi sorprese con la sua risposta: spiegò che nonostante il pericolo i clienti erano disposti a pagare anche il triplo per un rapporto senza protezioni. 

L'Aids non fece molto danno all'economia generale della prostituzione, forse perché il contagio avveniva in un atto privato, "nascosto". Eppure la positività in quel periodo era una sentenza di morte. Una morte non delle migliori, anzi.

A trentanni di distanza un'altra infezione meno "riservata" sta colpendo la nostra società, il nostro modo di vivere e di pensare: il Coronavirus. 

Ho intervistato tre operatrici del sesso che pubblicizzano on line le loro attività. Le loro risposte sono molto diverse da quelle ricevuta trent'anni fa.

«E' una tragedia», mi risponde quasi piangendo la prima. La seconda conferma la tendenza: «Non vedo un cliente da una settimana». La terza intervistata ribadisce il vuoto di clienti e aggiunge qualche considerazione in più: questo virus, dice, non solo fa paura, ma spegne l'entusiasmo delle persone, la voglia di giocare, di trasgredire e di osare. «Quello che non ha fatto l'Aids lo ha fatto in pochi giorni il Coronavirus», mi racconta.

Nei diffusi centri massaggi a "luci rosse" le cose vanno persino peggio: il deserto della clientela appesantisce il costo di gestione dei locali vuoti. 

In poche settimane sembra che tutto stia cambiando persino nella professione più antica del mondo.

 

 

Marco Camilli

 

 

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