Bocciato dalla Consulta il ricorso dello Stato contro l'aumento dei compensi dei vertici Finaosta

La Corte Costituzionale dichiara 'non fondata' la questione di legittimità costituzionale

 

Sede Finaosta

La Corte costituzionale ha dichiarato "non fondata" la contestazione di illegittimità costituzionale della legge regionale approvata lo scorso anno dal Consiglio Valle sui limiti ai compensi degli organi societari di Finaosta Spa.

Cosa contestava il Consiglio dei ministri

Il Consiglio dei ministri aveva impugnato l'articolo sui compensi del presidente e del Cda della società finanziaria della Regione autonoma Valle d'Aosta. La disposizione contestata indica che i compensi "sono stabiliti dall’assemblea in misura non superiore al doppio di quella prevista per i componenti in carica alla data di approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2020".

Secondo lo Stato "il fatto di consentire all’assemblea di Finaosta spa di deliberare un incremento dei compensi degli organi della stessa in deroga al limite massimo dell'80 per cento dei costi complessivamente sostenuti nel 2013" contrastava con il Testo unico sulle società a partecipazione pubblica, violava il principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica che è di competenza statale e non rispettava il d.l. 95/2012 i cui contenuti sul contenimento dei costi delle società pubbliche non sono derogabili dal legislatore regionale.

La pronuncia della Consulta

La Corte Costituzionale ha dichiarato "non fondata la questione di legittimità costituzionale". 

"Le disposizioni statali interposte non si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome perché rientrano nell'ambito operativo delle richiamate clausole di salvaguardia", dice la Consulta. "Esse, inoltre, non afferiscono ad ambiti riconducibili alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (peraltro non evocati nel presente giudizio)". Dunque "all'esercizio della potestà normativa da parte della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste non è opponibile il rispetto di quanto previsto dalle disposizioni statali introduttive del tetto di spesa" evocate nel ricorso.

"A ciò si aggiunga - si legge nella pronuncia della Consulta - che la disposizione impugnata, per il fatto di autorizzare l’assemblea di Finaosta spa a innalzare fino al doppio i compensi previsti per i membri del consiglio di amministrazione alla data di approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2020, risulta funzionalmente e materialmente connessa con la competenza legislativa primaria della Regione" e "risulta in ogni caso inidonea a incidere sull’obiettivo di coordinamento della finanza pubblica perseguito dal legislatore statale".

La Consulta inoltre rileva "l'esiguità del costo derivante dall’applicazione della disposizione impugnata (i compensi dei membri del consiglio di amministrazione passerebbero dagli attuali euro 4.464 a un importo non superiore a euro 8.928 annui e quelli del presidente dagli attuali euro 25.200 a un importo non superiore a euro 50.400 annui)" e "la riferibilità dello stesso esclusivamente al bilancio di Finaosta spa, stante la clausola di invarianza finanziaria", dunque senza conseguenze sugli equilibri di bilancio.

 

 

Clara Rossi

 

 

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